Esteri

Dalla stampa: politica estera e Mediterraneo

segnalato dalla Redazione

Da la Repubblica di ieri 30 luglio, a firma Paolo Mastrolilli.
Strategie globali che non si possono ignorare, anche se dal punto di vista isolano sembrano remote. Ma ci siamo proprio in mezzo!

La guerra ibrida dei russi
A chi giovano gli sbarchi
di Paolo Mastrolilli

La chiamano “Strategia del caos” e l’Italia è al suo centro, dai nuovi migranti spinti a lasciare le coste libiche della Cirenaica, fino alle elezioni del 25 settembre, che potrebbero essere condizionate anche da questi arrivi.
È l’evoluzione della “Guerra ibrida” russa, diventata assai più ambiziosa dopo l’intervento in Siria, che unisce gli strumenti bellici tradizionali a quelli più asimmetrici per destabilizzare l’Occidente e l’ordine basato sulle regole condivise. Ormai è così evidente, che chi non la riconosce può solo esserne complice.

Il concetto di “guerra ibrida” ha molti padri, a cominciare da Sun Tzu, secondo cui il massimo dell’acume bellico è «sottomettere il nemico senza combattere».
In tempi più moderni, l’ex Marine Frank Hoffman l’aveva codificata per analizzare il caos in Iraq e Afghanistan, ma a farne un elemento strutturale della strategia russa era stato il generale Valery Gerasimov, con il suo ormai famosissimo articolo pubblicato nel febbraio del 2013 sul Military Industrial Kurier.
Si basava sull’idea che le potenze militari più avanzate dell’Occidente possono permettersi la guerra tradizionale, mentre quelle più limitate come Mosca devono affidarsi a soluzioni innovative e non lineari, dalla disinformazione alle tattiche digitali, dagli interventi ridotti alla corruzione delle società e dei politici avversari. Da allora in poi quella è diventata la “Dottrina Gerasimov”, capo delle forze armate di Putin, e l’anno dopo gli “omini verdi” manovrati dal Cremlino sono entrati in Crimea.

Gli studi accademici su questa strategia abbondano, e il Center for European Policy Analysis l’ha aggiornata sulla base dell’intervento in Siria, che davanti all’assenza di una forte risposta occidentale ha incoraggiato la Russia a diventare ancora più sfrontata nella sua realizzazione, allargandola all’idea del caos generalizzato. Tanto chi non è più una superpotenza dominante, come appunto Mosca, non ha nulla da perdere. E quindi tanto vale accelerare su tutti i fronti possibili.

L’Ucraina non va confusa come un’eccezione, perché anzi l’incapacità di Putin di rovesciare Zelensky, e ora lo stallo sostanziale dei suoi progressi nel Donbass, confermano che il Cremlino non ha la forza di sfidare la Nato in campo aperto. Perciò punta a destabilizzare Kiev per impedire la sua integrazione nell’Occidente, anche con tattiche come la “filtration operation” denunciata dall’ambasciatore americano all’Osce Mike Carpenter, in sostanza una pulizia etnica del paese a base di torture e deportazioni. Così si spiegano pure il disperato uso dell’energia e del cibo come armi, le scellerate minacce di impiegare l’arsenale atomico, e ovviamente i tentativi di incrinare l’unità degli avversari.

Qui entra in scena l’Italia, per natura considerata un “anello debole”, e quindi obiettivo perfetto della “strategia del caos”. L’anomalia Draghi ha creato enormi problemi, dalla fermezza con cui ha sostenuto l’Ucraina e l’unità europea, all’impegno per il “reverse flow” del gas, cioè fare del nostro paese l’hub energetico capace di portare in Europa le risorse del Sud, soppiantando quelle russe. Una minaccia mortale, per gli interessi di Putin e la strategia del ricatto.
Non a caso Mosca ha celebrato la sua caduta, confermando tutti i sospetti sul proprio coinvolgimento.
Ora, dopo il blocco del grano che serviva proprio ad alimentare flussi migratori destabilizzanti dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, viene anche l’accelerazione delle partenze dei profughi dalla Cirenaica, che guarda caso coincide con la regione dove operano i mercenari russi di Wagner in Libia, focolaio di un caos creato da altri, ma adesso sfruttato dal Cremlino a suo favore. Considerando l’enfasi che Salvini ha sempre messo su questo tema, e l’impatto emotivo che un’ondata di sbarchi alla vigilia del voto avrebbe a favore della sua campagna, non è difficile intuire chi si gioverebbe alle urne del nuovo fronte caos.

[Di Paolo Mastrolilli –  Da la Repubblica del 30 luglio 2022, pag. 26]

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