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Mi ero ripromesso di scrivere di Jacovitti (leggi qui, in commenti) e lo faccio senza mezzi termini: “Genio totale, produzione immensa, originalità grafica che ha sempre inclinato al surrealismo e lo qualifica tra i maestri del genere, non solo tra gli italiani, ma su scala mondiale”. Giudizio sperticato, ma è questo che ne penso.
Chiarisco anche il motivo del mio debito e le scuse del titolo!
Sono stato un estimatore precoce di Jac, dei suoi salami a fette e vermozzi a strisce col cappello, della sua firma a lisca di pesce (pare che da ragazzo fosse magrissimo e lo chiamassero appunto ‘lisca’).
Sono stato il fortunato proprietario, ai tempi della scuola (media?) di alcuni dei suoi famosi Diari Vitt (andati purtroppo perduti!) e un vorace lettore delle sue storie: una per tutte: Coccobill e il suo mitico cavallo Trottalemme…
Ricordi Franco Zecca, quando cantavamo:
– Coccobillaggini, stupidaggini, per uno come Coccobill (ho ancora il motivetto in testa. Posso addirittura cantarlo, a richiesta al telefono: 5 €!).
Coccobillevolissimevolmente! Un quadro così zeppo di personaggi è stato capace di farlo, a mia memoria, solo Mordillo (cliccare per ingrandire e seguire i singoli abbozzi di storie.
La didascalia in alto dice: – Siete riusciti a leggere di primo acchito il lunghissimo titolo che sovrasta questo paginone!? Okey! È il titolo di una breve disavventura del nostro Coccobill. Nove puntate in tutto. Un Coccobill che se la vedrà con i soliti cattivoni più alla svelta del solito, cioè precipitevolissimevolmente. Quindi dal prossimo numero, appuntamento a Peppe City nel Little West, intorno al 1867. Di quella turbolenta cittadina gustatevi questa sommaria panoramica. Qui a fianco vi mostro il Cocco a cavallo che giunge a Peppe City in un caldo mattino pomeridiano
Poi sono cresciuto…
E ho sostituito l’ottimo Coccobill con il più politicamente corretto Tex Willer, di Bonelli e Galeppini… Ancora prima erano arrivati i fumetti americani (sdoganati dal Il Monello e da l’Intrepido). Ricordo ancora i nomi di alcuni dei personaggi mitici: Miche Maunt, Libertì Chid, Roland Eagle… (da pronunciare rigorosamente come sono scritti) – e di Chiomadoro di Mayabar vogliamo parlare?
E buon ultimo, è arrivato Nembo Kid che ancora non si chiamava Superman.
Per non parlare di Topolino, settimanale a fumetti, in cui soprattutto Paperino e la banda di Paperopoli hanno avuto sulle nostre menti indifese lo stesso effetto che ha sui bambini la Coca Cola. Americanizzazione forzata sebbene non cosciente: si era così indifesi!
In effetti Jacovitti era, in tutto e per tutto, un anti-Disney
Credo che sia stato questa la causa, più che la politicizzazione – che pure ha avuto la sua parte, in quegli anni – a mettere in cattiva luce uno che si chiamava Benito Jacovitti, portava la bandiera della Democrazia Cristiana e ha disegnato per decenni per un giornalino che si chiamava Il Vittorioso.
…E poi nella mia testa Jacovitti fumava il sigaro e l’ho sempre assimilato a Federico Zeri (il critico d’arte).
Benito Jacovitti (già in età avanzata) fotografato da Joe Zattere (fonte Wikipedia)
Insomma…
Com’è stato, come non è stato… il pur geniale Jacovitti – così importante nella formazione del mio immaginario visivo adolescenziale – da un certo punto in poi della mia vita, l’ho messo da parte e non ci ho pensato più.
Ma poi…
Nel generale recupero delle cose lasciate indietro, iniziato con la maturità… insieme ai film di Totò, di Franchi e Ingrassia e perfino quelli di Sergio Leone – che per l’ambiente che frequentavo, dalla Casa dello Studente in poi e negli anni romani, erano più o meno all’indice –, anche Jacovitti è riemerso dall’oblio in cui l’avevo ingiustamente relegato… Ma non da ora: per esempio avevo utilizzato sue illustrazioni per gli articoli di Sang’ ‘i Retunne, ai tempi d’oro).
Sang’: Il comitato segreto
Sang’: Caccia grossa per cacciatori piccoli piccoli
Sang’: Posta a voce (dal Kamasultra)
Rileggendo qua e là le tappe della sua vita, i successi e le cadute dell’artista e del personaggio, la sorpresa è stata trovare che, senza esserne cosciente, il mio gradimento personale di Jacovitti ha rispecchiato abbastanza fedelmente l’umore prevalente degli italiani nei suoi confronti.
Questo risulta, dai giornali che lo pubblicavano e le collaborazioni che accettava (era fondamentalmente un solitario, perfezionista dell’immagine e fautore del fare tutto da sé), dalle scelte che ha fatto.
Partito benissimo, come illustratore di punta di giornalini edificanti (il Corriere dei Piccoli, all’inizio degli anni settanta diventa Corriere dei Ragazzi mentre una versione infantile del “Corriere dei Piccoli” tornava in edicola sdoppiando il settimanale.
Negli anni Sessanta e Settanta il suo “Diario Vitt” veniva comprato da decine di migliaia di ragazzi, i suoi salami e le sue lische di pesce sono già nell’immaginario italico, ma il Nostro, anarco-liberale, è dalla parte sbagliata della storia.
È contro la contestazione e il conformismo di sinistra, in una storia di Cocco Bill dei discoli sono messi in fuga dalla maestra che li insegue armata di lazo, mentre il pistolero ride a crepapelle commentando: “E che movimento! Un bel movimento studentesco!”.
All’improvviso viene considerato “fascista”.
Lascia il “Corriere dei Ragazzi” e approda su “Linus”, accolto dal direttore Oreste del Buono, suo coetaneo, dove però viene sempre più boicottato dalla redazione e spinto ad andarsene di nuovo.
“Io avevo fatto una critica contro gli estremismi di ogni colore, mentre loro volevano che lasciassi le frecciate contro i fascisti e che levassi quelle contro l’extrasinistra” racconta nel libro a lui dedicato. “Invece, le ho levate tutte e due!” – conclude.
Forse l’ha penalizzato proprio il nome Benito” – rileva su il Foglio Leonardo Gori che, oltre ad essere coautore del saggio su Jac, è romanziere e critico fumettistico.
– Non era affatto fascista, credetemi, ma certo non era allineato al conformismo culturale di sinistra, negli anni di fuoco dei Sessanta e Settanta. La storia – penosa – della sua defenestrazione da Linus racconta molte cose. Se fosse sceso a compromessi, probabilmente avrebbe colonizzato riviste e giornali, ancora più di quanto ha fatto in vita. [Stefano Priarone ne “Il Foglio” (2)].
Nel 1977 Jacovitti accetta di illustrare il Kamasutra, insieme a Marcello Marchesi (1912-1978), altra mente brillante del tempo (alla ribalta televisiva con “Il signore di mezza età”), sulla rivista per adulti Playmen: Kamasultra (4) – (attenzione, non Kamasutra! -, una storia a fumetti nella quale, con il suo caratteristico stile, inserisce espliciti temi sessuali seppur in modo accennato e caricaturale.
In un’intervista di fine anni settanta l’autore racconta le costrizioni della censura sul suo lavoro giovanile giunta fino a imporgli delle figure femminili asettiche, in perfetta antitesi con la sua tendenza a esagerarne gli attributi [da Wikipedia, in Bibl. (1)].
Secondo il giornalista Sauro Pennacchioli, che lamenta il declino degli ultimi anni dell’autore: – Jacovitti, trovatosi escluso dagli ambienti giusti negli anni Settanta, aveva finito per perdere la bussola e, alla fine, pure il talento [op. cit. in Bibl. (3)].
Sono d’accordo fino a un certo punto; al di là delle scelte ‘politiche’ l’originalità del tratto grafico, i particolari, il contesto e lo sviluppo delle sue storie si impongono. La genialità è svincolata da mode e da giudizi moralistici.
La parabola di Jacovitti mi pare del tutto coerente e emblematica di un personaggio di genio calato nel suo tempo (gioie e dolori): J. Il fumettista del secolo!
In rete si trovano diversi video dei personaggi di Jacovitti. Ne ho scelto un Cocco Bill, non lungo, con la particolarità di essere costituito da immagini ‘movimentate’ (non i classici ‘cartoni animati’, che pure ha fatto).
Bibliografia
(1) – Benito Jacovitti da Vikipedia –
https://it.wikipedia.org/wiki/Benito_Jacovitti
Benito Franco Giuseppe Jacovitti (Termoli, 1923 – Roma, 1997) è stato un fumettista italiano autore di celebri personaggi dei fumetti come Cocco Bill e Cip l’arcipoliziotto, di romanzi grafici come Kamasultra e del celebre Diario Vitt, edito dal 1949 e che fra gli anni sessanta e settanta arrivò a vendere decine di migliaia di copie.
Viene riconosciuto come uno dei più importanti autori di fumetti italiani del Novecento, caratterizzato da una vasta produzione dallo stile personale e particolareggiato con dettagli surreali – come i salami o i vermoni – che ne rappresentano uno degli aspetti identificativi più noti.
Jacovitti, non allineato al conformismo culturale degli anni settanta che, con l’infondata accusa di essere fascista, gli precluse qualche collaborazione con alcune testate, è entrato poi a pieno titolo nella storia del fumetto italiano, soprattutto grazie alla forma caricaturale dei suoi personaggi. La sua opera ha riscosso il plauso della critica e si è intrecciata spesso con la storia italiana.
(2) – Jacovitti, la sfortuna di chiamarsi Benito, di Stefano Priarone 10 apr 2017 –
https://www.ilfoglio.it/cultura/2017/04/10/news/jacovitti-la-sfortuna-di-chiamarsi-benito-129676/
(3) – Non si affetta così anche Jacovitti? di Sauro Pennacchioli 4 Gennaio 2018 – https://www.giornalepop.it/la-triste-fine-di-jacovitti/
(4) – Kamasultra è un libro a fumetti realizzato nel 1977 da Benito Jacovitti su testi di Marcello Marchesi. Parodia del Kamasutra delle cui “posizioni” Jacovitti proponeva delle surreali interpretazioni, il libro suscitò delle controversie, più che per il contenuto, per l’immagine che Jacovitti si portava dietro di autore per famiglie. Goffredo Fofi cita la pubblicazione del libro come un motivo di attrito con la casa editrice cattolica AVE, che portò all’interruzione della pubblicazione del celebre Diario Vitt. Nel 1993 Jacovitti ne propose un seguito, Kamasutra spaziale.
Nel 2002 il Kamasultra è stato ristampato dalla casa editrice Stampa alternativa/ Nuovi equilibri.
Nel 2013 le tavole del libro sono state ospitate dalla mostra Il Kamasutra a fumetti, da Jacovitti a Manara [Milo Manara – altro Autore che ‘inclina’ al tema erotico -: sul sito: leggi qui e qui).
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Appendice del 31 luglio 2022 (cfr. Commento di Fabio Lambertucci)
Poteva essere fascista un disegnatore che nel 1974 proponeva il personaggio di “Battista, l’ingenuo fascista”?
A tutti i suoi critici avrebbe sicuramente risposto così:
Franco Zecca
30 Luglio 2022 at 17:17
Ehi Sandro,
hai fatto una descrizione molto particolareggiata del nostro – e credo anche di altri -, modo di leggere i giornalini durante le nostre estati a Ponza. Che poi… quanto ci avrebbero segnato (dato un imprinting speciale) lo avremmo capito dopo… Molti anni dopo!
Ma hai omesso qualcosa:
Ricordi quando ci si sedeva davanti all’unico giornalaio sul Corso, la sera quando arrivava il postale, in attesa che Zi’ Vicenza spacchettasse i giornaletti… E poi le subentrò Enza, la nipote (e sorella di Michele Rispoli) cui invece spesso davamo una mano noi ad aprire i pacchi?
E Diabolik te lo sei scordato? Le sorelle Giussani erano le inventrici/autrici (dal 1962 in poi) di quel personaggio che arricchiva le nostre divagazioni estive… Spesso le sue frasi entravano nei nostri dialoghi: Maledetto Ginko, non mi avrai!
Leggilo nella nuvoletta..!
Ciao
Fabio Lambertucci
31 Luglio 2022 at 11:43
Sandro, hai ragione! L’accusa di fascismo a Jacovitti era non solo infondata ma anche stupida: poteva essere fascista un disegnatore che nel 1974 proponeva il personaggio di “Battista, l’ingenuo fascista?” (Foto 1 allegata). A tutti i suoi critici avrebbe sicuramente risposto così: foto 2 allegata.
Saluti.
Fabio Lambertucci
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Foto annesse all’articolo di base, a cura della redazione