Pesca

Il punto sulla pesca

segnalato dalla Redazione

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Riprendiamo da la Repubblica del 5 luglio 2022 due articoli molto interessanti e completi (pp. 40-41) di Manuela Mimosa Ravasio su una attività che come isolani ci interessa molto di vicino.

Le guide
La tutela del patrimonio ittico e delle risorse alimentari
Pescare meno pescare meglio e potenziare gli allevamenti
di Manuela Mimosa Ravasio

– Il consumo di pesce continua a fare registrare nuovi record. Così i prezzi salgono e i mari si impoveriscono. La soluzione per un settore importante per l’Italia? Un mix di pratiche e di strategie intelligenti
– Per mantenere l’equilibrio bisogna puntare anche sulla formazione “Con 8mila km di costa, il nostro paese è pieno di borghi marinari”

Lo ha ripetuto pochi giorni fa Manuel Barange, direttore della Divisione Pesca e Acquacoltura della Fao, in occasione della presentazione del nuovo rapporto Sofia (The State of World Fisheries and Aquaculture) a Lisbona durante la Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani: il consumo del pesce batte ogni anno un nuovo record (si prevedono 21,4 kg pro capite entro il 2030) ed è destinato ad aumentare. L’altra faccia della medaglia è che, mentre il prezzo del pesce è salito, da dicembre 2021 ad aprile 2022 del 25 per cento, la più parte delle risorse ittiche del Mar Mediterraneo è ancora sfruttata in modo non sostenibile, ovvero togliendo a specie note come alici, merluzzo, pesce spada, sgombro, sogliole, la capacità di rigenerarsi.

Numeri che legano a doppio filo l’attività di pesca con le questioni sociali, economiche, ambientali che riguardano il presente.
Non a caso Onu e Fao avevano dichiarato il 2022 Anno internazionale della pesca artigianale e dell’acquacoltura (Iyafa 2022), ché se c’è una possibilità di invertire la rotta, è proprio nel ruolo e nel contributo che danno pescatori e piscicoltori.

«Il pescatore oggi è soprattutto una risorsa»
, dice Paolo Tiozzo, presidente di Federcoopesca Confcooperative.
«Una risorsa e un presidio del sistema marino, visto che si accorge subito degli effetti dei cambiamenti climatici sulle acque, l’innalzamento delle temperature e del livello, il cambiamento delle specie ittiche, l’aumento dei detriti.
Non è un paradosso quindi affermare che il pescatore è il primo a sapere che è necessario conciliare la sua attività “predatoria” con la salvaguardia dell’ambiente e delle sue risorse. Le regole, dal fermo pesca al controllo dello sforzo di pesca, fino alla limitazione di cattura di alcune specie o alle taglie minime per la maglia delle reti e per i pesci stessi, ci sono, mentre con il disegno di legge SalvaMare approvato l’11 maggio 2022, abbiamo normato anche il recupero dei rifiuti che già avveniva spontaneamente.
Quello su cui si deve puntare ora è la formazione: un pescatore “istruito” può attivare in modo più efficace le pratiche utili a mantenere questo equilibrio. D’altra parte, l’Italia ha oltre 8mila km di costa, in ogni borgo marinaro c’è una comunità di pescatori che, con attività come il pescaturismo, una chance su cui si gioca buona parte della conversione della pesca nel nostro Paese, oggi promuove anche la cultura del mare».

Una cultura che nell’anno pre-Covid ha generato un valore di mercato mondiale di 400 miliardi di dollari. In Italia, il settore della pesca e dell’acquacoltura, con 334 mila tonnellate di pescato, nel 2020 ha pesato per 1,4 miliardi di euro di fatturato. Una classifica che ci vede quarti in Europa, ma se si guarda alla qualità della produzione, allora possiamo vantare eccellenze come il primato nella produzione di vongole veraci e caviale, mitili e valore unitario della produzione.
Siamo forse il Paese che meglio può rispondere alla strategia europea From Farm to Fork, che si pone l’obiettivo di rendere il sistema agroalimentare europeo in accordo con natura, sistemi alimentari e biodiversità. In tutto questo, un ruolo fondamentale, lo ricopre l’acquacoltura che, come ribadito in Sofia, può guidare la cosiddetta Blue Transformation.
«Anche se la domanda di pesce non aumentasse, con una popolazione che nel 2050 arriverà a quasi 10 miliardi di persone, l’acquacoltura, con alghe, crostacei e pesci, è la risposta più sostenibile per assolvere alle crescenti esigenze nutrizionali», dice Pier Antonio Salvador, presidente dell’Associazione dei Piscicoltori italiani. «Nel mondo l’acquacoltura ha già superato la pesca e in Italia, dove è bene ricordare che continuiamo a importare il 75 per cento del prodotto ittico che consumiamo, la possibilità di mangiare un pesce pescato è ormai dell’1,2 per cento.
La verità è che l’acquacoltura è l’unica alternativa per soddisfare la domanda e insieme ridurre lo sforzo di pesca. Si tratta di una produzione sostenibile a 360 gradi. Se infatti l’Europa ci dice che l’80 per cento delle imprese di acquacoltura è a conduzione familiare, termine che indica per di più un impiego importante delle donne, significa che l’impatto sociale è forte».
Ma le donne sono anche la maggioranza nella pesca su piccola scala e nella “raccolta” dei molluschi, in attività laterali come la riparazione delle reti, la vendita del pescato, la gestione amministrativa dell’azienda, il confezionamento o la lavorazione. Un ruolo spesso non riconosciuto, tanto che la recente risoluzione del Parlamento Europeo Fishers for the Future invita a promuovere un ricambio generazionale e la partecipazione femminile. Segni tangibili che si sta perseguendo una reale sostenibilità, ambientale e sociale.

Tradizioni sostenibili – Pesca tradizionale del pesce spada a bordo di una feluca, con arpione, a Torre Faro, nello Stretto di Messina. Oggi le specie ittiche del mar Mediterraneo più richieste dal mercato sono pescate in modo non sostenibile

Lungo le coste adriatiche
Fino a qualche anno fa si allevavano prevalentemente mitili, mentre oggi sono state introdotte anche ostriche e soprattutto vongole. Sopra, un’acquacoltura di molluschi nella Laguna di Venezia; sotto, vivai per la raccolta e l’allevamento delle cozze a Chioggia

Un caso esemplare per la trasformazione
Portiamo i pescatori nel futuro con la ricetta veneta: acquacoltura, scuola, sostenibilità
m.m.r.

La filiera contribuisce al raggiungimento di 11 dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030

Lagune, laghi, fiumi di montagna e ovviamente il mare. In Veneto la pesca è un valore identitario. Un valore radicato nel tessuto sociale, se nel settore primario della pesca e dell’acquacoltura si contano 3137 aziende attive, ovvero il 25 per cento di quelle italiane, con un’occupazione cresciuta negli ultimi 5 anni del 23 per cento. Un valore anche nei numeri, quelli del fatturato regionale che si attestano intorno ai 157,6 milioni di euro nel 2020, per 46mila 300 tonnellate di pescato, che poi equivalgono al 34 per cento della produzione del territorio marittimo e lagunare dell’Adriatico settentrionale, e all’11 per cento di quella italiana.

La particolarità veneta però sta nel contributo maggioritario dell’acquacoltura (57 per cento), il che rende questa regione particolarmente attrezzata per rispondere alle sfide future.
Va detto che gli ultimi dieci anni sono stati segnati da una generale contrazione del comparto: il numero delle imbarcazioni è calato, l’Unione Europea ha imposto una riduzione delle giornate in mare del 33 per cento per ricostituire gli stock ittici, crisi economica e necessità di rispondere con strategie adeguate alla domanda di sostenibilità ambientale hanno fatto il resto.
Anche per questo, Regione Veneto con The European House-Ambrosetti, insieme a Veneto Agricoltura e Agriteco, hanno realizzato un Libro Bianco della Pesca e dell’Acquacoltura che identifica le azioni concrete per trasformare un momento di crisi globale in opportunità.
Sette gli ambiti di intervento prioritari: dagli incentivi all’attività di ricerca e sviluppo, fino ai corsi di formazione ad hoc e aggiornamento per i lavoratori del settore, dalla progettazione di una sinergia tra pesca a turismo, alla valorizzazione del pesce in una sana alimentazione, fino alla promozione del riutilizzo di scarti produttivi per economia circolare come i gusci dei molluschi.
Si parte dalla costatazione dei propri primati (il Veneto è la prima regione nella produzione del caviale, la seconda di vongole veraci, sardine, trote e alici), ma soprattutto dalla consapevolezza che la filiera della pesca e dell’acquacoltura contribuisce al raggiungimento di 11 dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Per esempio, la molluschicoltura, solo in Veneto, consente un assorbimento di 8.334 tonnellate di CO2 nelle acque, pari alle emissioni annuali di circa 6 mila e 395 autovetture.
Ma è ancora intorno alla figura del pescatore, sul suo ruolo di presidio e innovatore, che si concentrano molte delle riflessioni. Quel pescatore che protegge gli ecosistemi acquatici controllando gli stock ittici, che monitora la qualità delle acque e raccoglie la plastica, di cui si stima che solo nel Mar Mediterraneo siano presenti oltre 250 miliardi di frammenti, e che valorizza territorio e prodotti locali con attività di ittiturismo. Quel pescatore che, come ribadisce l’assessore del Veneto ad Ambiente, Pesca e Territorio Cristiano Corazzari, dovrà diventare sempre più capace di usare le proprie competenze per una transizione sostenibile. La tecnologia, con i motori a idrogeno o le reti biodegradabili, aiuta, ma con il 50 per cento delle imbarcazioni attuali che continua a essere utilizzato per la pesca artigianale, sarà la formazione a fare la differenza.

In Veneto, d’altra parte, è nata la prima Scuola di Pesca della Federazione Regionale Coldiretti che mira a creare una figura con competenze trasversali e con l’obiettivo specifico di promuovere presenza dei giovani e pari opportunità nel settore, per consegnare uno dei mestieri più antichi al futuro.

Guide. Pesca.La Repubblica del 5 luglio 2022. pp 40-41


Nota della Redazione
Sul sito è presente questo articolo (presentazione del libro della foto sopra riportata): “Chi nel mare vive, il mare difende”, pubblicato l’11 novembre 2018, a firma Francesco De Luca, su questi temi.

 

1 Comment

1 Comment

  1. La Redazione

    11 Luglio 2022 at 07:15

    Sul sito è presente questo articolo: “Chi nel mare vive, il mare difende”, pubblicato l’11 novembre 2018, a firma Francesco De Luca, su questi temi.
    Il link (insieme all’immagine della copertina del libro) è riportato anche nell’articolo di base.

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