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Maria ‘i Sciammerica – così la chiamavano i paesani a Ponza – era una donna giovane, viva, con uno spiccato senso per gli affari. Apriva i locali al margine del porto, quando era in attività sembrava il comandante di una nave, i suoi ordini erano secchi e perentori. non ammetteva repliche.
I dipendenti le erano molto affezionati, la rispettavano e la seguivano ovunque. Suo figlio era intelligente e preparato ma non gli era concesso di dissentire da Maria che non sbagliava un colpo.
La baldanzosa commerciante ponzese ritirava tutto il pescato senza curarsi troppo della freschezza, era in grado di restituire alla vita anche i defunti. “Sono freschissimi – diceva ai clienti – fate attenzione, altrimenti vi scappano”.
Le sue barche facevano la spola tra Ponza e il continente e viceversa sempre cariche: all’andata trasportavano pesce fresco, al ritorno merce di ogni tipo che Maria rivendeva al dettaglio e all’ingrosso.
Era considerata onesta e seria in ogni sua attività, non conosceva imbrogli. Maria aveva poca confidenza con le carte scritte, non conosceva la parola fattura. Io ti fornisco la merce, tu mi dai i soldi, basta così.
Pagava le tasse in maniera forfettaria ricavandone l’ammontare attraverso un suo calcolo mentale. Maria aveva scoperto certi ingranaggi che se oliati la facevano andare d’accordo con il fisco e altre incombenze. Il lubrificante più efficace era costituito da aragoste, dentici e orate.
“Ma quale carta – diceva – la carta mi serve per avvolgere le sarde”.
Tutto il lavoro veniva elaborato nella sua mente, un prototipo del computer, il piccolo ufficio era composto da una scrivania con una Olivetti e qualche registro mai usato. Lei vendeva di tutto: dall’ago al palo di ferro, dal fazzoletto alla coperta.
Maria proponeva ai clienti birre fresche a metà prezzo ma con un inconveniente: le bottiglie le metteva al fresco insieme al pesce per cui quando bevevi, oltre al gusto della birra, eri costretto a sorbire il sapore e l’odore del pesce. Valeva la pena acquistarle?