Esteri

Le prospettive del conflitto

proposto da Sandro Russo

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Segnaliamo di tanto in tanto, sul tema della guerra in corso, qualche articolo riepilogativo e prospettico su una situazione che al momento mostra poche vie di uscita. Dalla prima pagina de la Repubblica di ieri, 22 giugno 2022

L’Europa e l’invasione dell’Ucraina
di Giampiero Massolo 

Ucraina: difficile superare la sensazione di una guerra senza prospettive. Sempre più staccata dalla sensibilità delle opinioni pubbliche e dunque complessa da sostenere per i governi. Eppure, allineare gli aspetti principali per cercare una chiave di lettura è doveroso. Perché quello che continua a consumarsi sotto i nostri occhi è un dramma umanitario e dei diritti sconvolgente nel cuore dell’Europa. Rischia di espandersi, colpendo i più poveri, tramutandosi in carestia e rivolte per il pane. Comporta una crisi energetica, degli approvvigionamenti, dei prezzi che già si allarga a macchia d’olio.
Non è vero che la diplomazia — segnatamente quella europea, anche su impulso italiano — sia inerte.
Lo sforzo in atto ha pochi precedenti: si concentra sul fattibile, stante l’indisponibilità dell’aggressore russo a fermarsi: lo sblocco dei porti per le forniture di grano, il tetto al prezzo del gas, l’accoglienza ai profughi, i buoni uffici. Accenni a meccanismi e formule forse utili, domani, per tentare un cessate il fuoco.

Su questo sfondo, interagiscono tre elementi, funzionali a delineare una prospettiva: le regole d’ingaggio dell’Occidente, le garanzie per l’Ucraina, i costi della guerra.

Le nostre regole, anzitutto. Il tema è quello della fornitura di armi all’aggredito che ci chiede aiuto. Lecito sul piano del diritto internazionale, doveroso su quello etico, utile sul piano geopolitico perché gli assetti futuri in Europa non siano alle condizioni dell’aggressore. Dopo non pochi ondeggiamenti — non ultimi quelli americani — l’obiettivo delle forniture sembra ormai condiviso tra gli alleati: far negoziare il presidente Zelensky dalla posizione più forte possibile.
Oggettivamente difficile smarcarsi, sul piano della logica e dell’opportunità. D’altra parte, le regole d’ingaggio occidentali non sono mutate rispetto a quelle iniziali: niente confronto diretto Nato/Russia, niente estensione del conflitto, niente guerra illimitata nel tempo. A queste condizioni, va riconosciuto, Mosca non vince la guerra, Kiev non la perde. Si cerca di gestire un conflitto semicongelato, cercando di indirizzarlo verso una soluzione diplomatica. Piaccia o non piaccia.

Le garanzie, poi. È uno snodo cruciale: senza, la guerra si cronicizza e, a conflitto aperto, nessun assetto europeo — per quanto basato su potenza e deterrenza — è possibile. Difficile, mentre lo spazio è alle armi, negoziarle concretamente.
Possibile tuttavia immaginare dei realistici parametri negoziali: non garanzie militari equivalenti all’articolo 5 della Nato senza che l’Ucraina ne faccia parte; ricostituzione di una forza armata ucraina significativa, pur nel quadro di uno status di neutralità; integrazione nello spazio europeo, che comprende anche la difesa comune; definizione degli impegni degli Stati garanti; individuazione di un meccanismo di “cointeressenza” della Russia ad un assetto stabilizzato, difficile da alterare senza cambiare le nostre regole d’ingaggio e senza costi sproporzionati per la Russia. Anzi, proprio le sanzioni e la loro dinamica nel tempo potranno essere un’importante leva negoziale.

I costi, infine. Anche la guerra russa in Ucraina non sfugge alla logica costi/benefici. Altrimenti, Mosca non avrebbe ridotto in misura tanto rilevante i suoi obiettivi e l’Occidente non calibrerebbe attentamente le sue sanzioni. Anche se la situazione sul terreno fa credere che entrambe le parti in conflitto ritengano di poter ancora guadagnare, l’analisi delle convenienze prima o poi è destinata a giocare un ruolo: in Russia, perché le sanzioni a medio termine incidono eccome (e il “dopoguerra” per Putin non potrà essere solo cinese); in Ucraina, perché nessuno vorrà ereditare un Paese raso al suolo; in Occidente, perché tenerci uniti senza perdere contatto con la gente si dimostra sempre più complesso.

Insomma, questo è ancora il momento della compattezza e dell’impegno militare. Ma pensare a come coniugare ingaggio, assetti europei e oneri è fin d’ora ineludibile. Lo dobbiamo al popolo ucraino e ai nostri cittadini.

[Giampiero Massolo-  la Repubblica del 22 giugno 2022]

 

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