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Attore rutilante. Funambolo della parola. Fisicamente straripante. Carismatico per antonomasia. Istrionico.
Vittorio Gassman ha spaziato con successo dal Teatro, il primo amore, dove ha lasciato indimenticabili interpretazioni di Otello, Edipo re, Affabulazione; al Cinema, disegnando personaggi indimenticabili, alla Televisione, dove, nel 1959, fu il primo attore nel pieno dell’ascesa divistica, ad ideare e condurre un programma, Il mattatore. Infine, in età matura, ha affidato alla Scrittura un ripensamento in chiave autobiografica della sua avventura artistica e umana.
Per celebrarne il centenario della nascita di Vittorio Gassman (Genova 1° settembre 1922 – Roma, 29 giugno 2000), Alessandro Nicosia, Diletta d’Andrea e Alessandro Gassman hanno allestito una Mostra (*) all’Auditorium di Roma, fino al 29 giugno. Poi toccherà altre città, italiane ed europee.
Ponzaracconta ha già in passato ospitato articoli ispirati o dedicati alla figura del Mattatore:
– “Il Naufrago”, di Pascoli, recitato da Gassman, di Gabriella Nardacci, del gennaio 2014;
– Vittorio Gassman a Ponza, di Silverio Lamonica, luglio 2015;
– La storia raccontata dai film (5). Il mito di Gassman, l’attore e l’uomo, di Gianni Sarro, aprile 2019;
– L’Italia raccontata dai film (6). Il sorpasso, di Gianni Sarro, aprile 2019.
L’occasione del centenario della nascita è però troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
Gassman in gioventù non pensa di fare l’attore. Le sue passioni sono il basket (gioca anche nella nazionale universitaria) e la letteratura. A recitare non ci pensa proprio. È la madre a spingerlo ad iscriversi all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica (all’epoca, siamo nel 1940, la sede era a piazza della Croce Rossa).
Nei due anni di Accademia i suoi compagni di corso sono Adolfo Celi, Luciano Salce, Carlo Mazzarella, Vittorio Caprioli, Nino Del Fabbro.
In più di un’occasione Gassman ricorda l’importanza della formazione accademica: – Io credo fortemente alla necessità, almeno in teatro, di un bagaglio tecnico.
Un aspetto, quello della tecnica recitativa usato come strumento di controllo sulle emozioni provate in scena, che Gassman spiega in «Intervista sul teatro» (1).
– Soffrire il pathos, e al tempo stesso incasellarlo per riutilizzarlo – serve cioè un autocontrollo che a volte è difficile da mantenere, come accade a Gassman nell’interpretare Otello nel quale rischia un’immedesimazione pressoché totale.
– Un viaggio molto doloroso – afferma Gassman, a cui egli si sottrae, almeno in parte, grazie al fatto che gli ultimi momenti della tragedia di William Shakespeare sono in versi e i versi esigono – Un’attenzione tecnica formale. Che è per me, qualcosa come un’ancora di salvezza, mi assicura un minimo d’autocontrollo, una difesa dal pericolo.
Proprio il capolavoro shakespeariano è uno dei più grandi successi di Gassman. Nell’immaginario collettivo rimane soprattutto l’allestimento di metà anni cinquanta al Teatro Valle di Roma. In quell’occasione al fianco di Gassman c’è Salvo Randone. I due attori si scambiano i ruoli del Moro e di Jago a serate alterne. Nonostante il memorabile successo, il Mattatore anni dopo, in un’esauriente intervista a Gianni Minà con lucidità affermerà: “Quando ho recitato l’Otello per la prima volta nel 1956, ero troppo giovane. Avevo trentaquattro anni. De Feo (2) scrisse che era un Otello molto interessante, ma che aveva delle rimembranze di Amleto. In effetti, conferma Gassman: “Quando l’ho fatto a sessant’anni (nel 1982, n.d.A.) l’ho capito meglio”.
Negli anni cinquanta la carriera teatrale procede a gonfie vele: Gassman non è semplicemente il più bravo di tutti, è un autentico divo. Una dimensione oggi impensabile per un attore di teatro. Non altrettanto, limitatamente a quel periodo, si può dire per quella cinematografica (3).
Ma è solo questione di tempo e dell’occasione giusta, che arriva nel 1958.
È Mario Monicelli che nel volto nobile ed austero di Gassman intuisce una possibile maschera comica: quella di Peppe er Pantera il protagonista di I soliti ignoti. Gassman ha trentasei anni e incomincia una seconda parte di carriera cinematografica che lo vedrà trionfare in alcuni dei capolavori del cinema.
Vittorio ricorda l’atmosfera particolarmente frizzante di quel set: – Io e Marcello non riuscivamo a finire le scene perché ci scappava di ridere. Come matti. Come matti. E Monicelli s’incazzava.
Altri grandi successi girati con Monicelli sono La grande guerra (1959), L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone alle crociate (1970).
In quest’ultimo film nasce un serio contrasto tra l’attore e il regista. Gassman, non a torto, sostiene che nella colonna sonora i rumori di fondo sono molti alti. Una ‘caciara’ che copre la voce degli attori.
Oltre a Monicelli, a saper valorizzare la recitazione cinematografica di Gassman sono stati Dino Risi ed Ettore Scola.
ha l’intuizione di lasciare emergere la vena comica e prepotente di Gassman senza bisogno di confinarlo nella caratterizzazione e nel farsesco. Un passaggio decisivo che possiamo osservare ne Il sorpasso (1962) Capolavoro intramontabile del cinema, che travalica i pur aurei confini della Commedia all’italiana.
Dino Risi incanaglisce la maschera comica che Monicelli aveva costruito per il Mattatore ne I Soliti Ignoti: più che velleitario ed ingenuo qui Gassman è cinico, furbastro, affabulatore. Il narcisistico personaggio di Bruno (grazie al quale fece incetta di premi, tra cui un Nastro d’Argento) lancia Gassman definitivamente nel firmamento delle grandi star cinematografiche. La Lancia Aurelia sport, sverniciata è il simbolo dell’inadeguatezza e del velleitarismo di Bruno.
Con Ettore Scola l’incontro è a metà degli anni sessanta, propiziato proprio da Gassman che propone a Scola (fino ad allora sceneggiatore) di dirigere Se permettete parliamo di donne (1964). Il film rappresenta un doppio inizio: quella della carriera registica di Scola e del sodalizio artistico tra il regista di origini campane e Gassman. Sodalizio che tocca il vertice dieci anni dopo con C’eravamo tanto amati (1974), una carrellata vorticosa attraverso trent’anni di storia italiana. Un capolavoro assoluto dove l’incrocio delle vicende dei tre personaggi cardine: Antonio/Nino Manfredi, Gianni/Vittorio Gassman e Nicola/Stefano Satta Flores, produce una contaminazione tra dramma e commedia, parodia e denuncia sociale. Fateci caso, essi sono anche voci narranti. Al contempo sono dei narratori interni ed esterni, come dimostrano anche gli sguardi in macchina. Gassman ha definitivamente imposto il suo volto alla mdp, che sa esaltarne anche l’espressione meno ridanciana e spaccona.
Il successo di C’eravamo tanto amati è bissato quello stesso anno con Profumo di donna di Risi. Gassman interpreta Fabio Consolo, un ex-ufficiale non vedente.
Come detto siamo nel 1974, sono passati dodici anni da Il sorpasso. Cosa rimane di Bruno Cortona? La parabola del personaggio simbolo dell’italietta spensierata e cicaleggiante dell’effimero boom dei primi anni sessanta è già finita.
Chi è oggi Bruno? “Un undici di picche’ (come dice Gassman/Consolo in Profumo di donna). Un uomo che non esiste.
Ecco, l’eccezionalità e la grandiosità di Vittorio Gassman potrebbe essere racchiusa e conclusa nella carrellata di questi personaggi che ben descrivono il fallimento del sogno la nascita di una società diversa nel secondo dopoguerra. Invece ci sono ancora almeno tre film molto molti importanti. La terrazza (1980), La famiglia (1987), il migliore, e La cena (1998) tutti e tre diretti da Ettore Scola.
In C’eravamo tanto amati con Mastroianni e Stefano Satta Flores
Con Stefania Sandrelli ne La famiglia
Per chi avesse voglia di (ri)scoprire Vittorio Gassman consiglio oltre alla visione dei film finora citati, una antologia di minima di film, a mio giudizio “imperdibili” (4) (la filmografia completa si trova agevolmente su Wikipedia).
Come anche la lettura di almeno due dei suoi libri. Il primo è «Un grande avvenire dietro le spalle», pubblicato nel 1981. Gassman vi ripercorre le tappe dei suoi primi trent’anni di carriera e con infallibile istrionismo si straparla addosso, seguendo il suo istinto più saldo e pervicace: essere il centro d’attrazione unico. Nella scrittura di Gassman si coglie una volontà impudica di mostrarsi senza ritegno, ai limiti del blasfemo verso sé stesso. Concetto che ripete divertito in parecchie video-interviste reperibili su YouTube Tra i tanti racconti quello del periodo gargantuesco e folle che visse quando abitava in una villa sull’Appia. La magione era così grande che prevedeva anche un piccolo teatro, dove Gassman e i suoi amici si esibivano. Fu lì che si affacciò un giovane, promettente attore romano: Gigi Proietti.
La seconda pubblicazione è la già citata «Intervista sul teatro» (1).
Tra le centinaia di clip reperibili in rete, abbiamo scelta questa vecchia scena dallo spettacolo di Gianni Minà – Blitz, del 1983, con personaggi che stringe il cuore rivedere:
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Negli anni il Mattatore si è divertito a motteggiare sugli argomenti più svariati. Ecco alcuni esempi: “L’attore deve essere anche un po’ ladro”. “Come da sua natura l’attore ideale è un misto tra una puttana e un sacerdote” “Tutti gli uomini sanno recitare. Tranne alcuni attori”. “Frequentare i giovani è un atto vampiresco. Gli succhi il sangue”. “Insegnando s’impara molto”.
Vittorio Gassman. Il più grande di tutti.
Note
(1) – Vittorio Gassman. “Intervista sul teatro”; Ed. Sellerio; 1982. “Questa intervista di vent’anni fa sul teatro, inizia nel tempo lontano dell’Accademia d’Arte Drammatica che consegnò a Gassman quella specie di animismo, guida perenne al suo modo di essere attore. Ne percorre le tappe più memorabili e vere: i mostri sacri del passato, incontri, aneddoti, prove significative, delusioni e grandi successi. E poi i vari ruoli del teatro, i tipi di rappresentazione, i segreti dell’arte. Ma anche, discretamente sotteso a tutto il raccontare, il modo in cui “un mestiere che non lascia traccia” perché fluisce e dura solo nel mistero del presente, piega un’esistenza, la approssima all’arcano della maschera. E le dona un’invincibile malinconia” [Da: https://www.lafeltrinelli.it].
(2) – Sandro De Feo (1905 –1968) è stato uno scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano. Ha collaborato come critico letterario e cinematografico per diverse testate italiane: Il Messaggero, Il Corriere della Sera, L’Espresso, La Stampa, Il Mondo, L’Europeo.
(3) – Della sua prima parte come attore cinematografico Gassman afferma: “Solo di due film non mi vergogno L’ebreo errante di Goffredo Alessandrini (1948) e La figlia del capitano di Mario Camerini (1947)”.
(4) – Box di film super-selezionati dall’Autore (preferenze personali). Cliccare per ingrandire:
(*) – Vittorio Gassman il mattatore, al grande attore italiano è dedicata una mostra all’Auditorium Parco della Musica di Roma – La carriera artistica del mattatore nella mostra è divisa in quattro sezioni espositive: il teatro, il cinema, la televisione, la poesia e la scrittura. Si tratta di oltre mille metri quadri che narrano la vita di un artista unico e irripetibile. Un percorso di emozioni e di ricordi fatto di foto inedite e anche di oggetti appartenuti a Gassman, sia nella vita privata che sulla scena. Nel percorso espositivo “Vittorio Gassman. il centenario” si possono ammirare oggetti, costumi, copioni, video, filmati, bozzetti, documenti e tanti materiali provenienti dall’Archivio Storico Luce e dal Centro Sperimentale di Cinematografia.
Luisa Guarino
8 Giugno 2022 at 15:30
A proposito del centenario della nascita di Gassman, vorrei ricordare un’iniziativa svoltasi di recente a Roccagorga, in provincia di Latina, dove è stato presentato il libro “Il sorpasso, viaggio nell’Italia del boom”, scritto da Gerry Guida e Fabio Melelli per Artdigiland di Dublino, 2022. La prefazione dell’opera è curata da Oreste De Fornari, mentre la presentazione è a cura di Alessandro Gassmann, il più famoso tra i figli del ‘mattatore’. Da ponzese mi piace inoltre ricordare il legame forte tra Vittorio, la sua famiglia e la nostra isola, grazie ai lunghi periodi estivi vissuti a stretto contatto con il mare e la gente di Ponza.