Personaggi ed Eventi

Ponza, raccontata da Paolo (6). Cappuccia

di Paolo Iannuccelli

Parlare di Ponza senza nominare Cappuccia è come fare un discorso a metà, era una cellula importante del tessuto sociale dell’isola.
Per quarant’anni ha sbrigato servizi per le Poste senza essere inquadrato in alcun ruolo.
Era considerato “prestatore d’opera occasionale”; ogni tre mesi gli veniva rinnovato il contratto come purtroppo succede oggi.
Per Cappuccia andava bene così, amava fare il battitore libero eseguendo lavori non tassati per molte famiglie: guadagnava di più rispetto allo stipendio fisso alle Poste.
Chi arrivava per la prima volta a Ponza negli anni Cinquanta conosceva immediatamente l’ineffabile Cappuccia. Una signora giunta per una vacanza di due settimane, scendendo dal piroscafo, rimase confusa dalla confusione che regnava. I marinai le vennero in soccorso chiamando immediatamente Cappuccia che promise di far recapitare il bagaglio della turista in via Dragonara 43, nel suo alloggio. Disse: – Stia tranquilla la valigia è in buone mani, devo sbrigare due cosucce urgenti poi mi occuperò di lei –, la accompagnò e la mancia lo fece stare bene.

Per Cappuccia poi si aprirono altre prospettive lavorative in campo postale, morì il vecchio titolare di una zona di recapito, lui pensò immediatamente di prendere il suo posto ma non aveva fatto i conti con Giuseppe Del Ponte che secondo i maligni, grazie a qualche aragosta, riuscì a  vincere il concorso interno e indossare la giacca con i bottoni dorati, il cappello gallonato, su tutti i registri era stato cancellato il suo nome. Alla fine disse: – Il Del Ponte lo ammazzo, non faccio sconti. 
Tutti rimasero impauriti da questa minaccia, il Cappuccia non scherzava. Fu spiegato che il posto di lavoro non sarebbe mai stato assegnato regolarmente a lui essendo un provvisorio.
Cappuccia fu finalmente accontentato ricevendo l’incarico di consegnare i telegrammi. L’amministrazione aveva stabilito come compenso un soldo per ogni telegramma recapitato. Uscendo dall’ufficio del porto, si trovò faccia faccia con un ingegnere che lavora alla Samip, residenza a Calacaparra. Chiese un passaggio in auto verso quella località, e alla fine del viaggio disse candidamente: – Le devo consegnare un telegramma. Ovvia la risposta: – Potevi dirmelo subito!
– Ma se glielo consegnavo a Ponza perdevo l’indennità del chilometraggio. L’ingegnere si mise a ridere, era divertito.

Cappuccia amava il vino, specialmente il Chianti. Aprirono una fiaschetteria alla Punta Bianca, cominciò una sera a scolare un intero fiasco, consegnò il vuoto e ripartì per Le Forna. Camminava dritto come un fuso come se avesse bevuto una camomilla.
Cappuccia si occupava di tante cose. Una volta gli capitò una lettera indirizzata “Al mio figlio Ponza”.
Lui la tenne in evidenza, dopo qualche giorno si presentò in ufficio un operaio chiedendo se era arrivata posta per lui dal papà, disse: – Chist’ è chill’! Non sbagliò, era facile prevederlo: conosceva il mestiere.
Le Poste, prima dell’avvento della Repubblica, erano chiamate Regie Poste e distinte con la sigla R.R.P.P. che il popolo traduce in Regie Ruffiana Pubblica Pagata, per la sua storica lentezza nel consegnare la corrispondenza.
Cappuccia era di altro stampo, la velocità era il suo forte. Guai a fermarlo.

 

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