Emigrazione

Io sono ponzese

di Mike Vitiello

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L’articolo del 22 maggio scorso Una foto racconta… (49). Finding Mike Vitiello ha suscitato molto interesse tra i lettori di Ponzaracconta ed ha avuto un commento empatico da parte di Emilio Iodice, partecipe della realtà – stati d’animo, difficoltà e successi – di un ponzese-americano.
Pubblichiamo quindi con piacere – come articolo e non come commento – la risposta che Mike ha inviato in redazione appena tornato nella sua casa in America.

Siamo arrivati a casa ieri sera; appena giunti, ho messo dei vermi nel vassoio di alimentazione e questa mattina siamo stati accolti dai nostri amici che evidentemente erano in attesa del nostro ritorno

Gent. dr. Iodice e Redazione
Ho letto con grande interesse i commenti di Emilio Iodice all’articolo con la mia foto.

Molte grazie per la presentazione e per i vostri commenti incisivi ed eleganti sulla mia foto “Nurture”, e, per estensione, sul suo rapporto con le esperienze della mia vita, come pubblicata su Ponza Racconta…

Le parole di Emilio, in particolare quando scrive “la sua storia rappresenta l’anima degli immigrati”, hanno stimolato in me una profonda introspezione che, in qualche modo, mi ha ricordato la strofa di Dante:

«Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

ché la diritta via era smarrita»

Per me, e forse anche in misura maggiore che per altri emigranti, il “percorso” è stato sempre quello di un desiderio di appartenenza a un’entità culturale.
Nella mia giovinezza, sono stato immerso, attraverso i miei amici, nelle loro usanze arabe ed ebraiche. Attraverso l’istruzione (come Michel) sono stato immerso nella cultura francese. Per diritto di nascita (come Michele) ho ereditato tradizioni e costumi italiani. Più tardi nella vita (come Mike), ho abbracciato lo stile di vita americano.
Sebbene arricchenti, queste molteplici influenze non hanno mai favorito un forte senso di fedeltà a una particolare affiliazione culturale… “la strada era persa!”

Nei giorni in cui veniva pubblicata la mia foto su Ponza Racconta, mia moglie ed io stavamo trascorrendo alcuni giorni a Ponza, ospiti di un mio parente: il dottor Biagio Vitiello. Sebbene mantenessimo contatti verbali e scritti, e avessi incontrato Biagio in una precedente visita, non avevo mai misurato davvero la notevole statura di quest’uomo senza pretese. Ama infatti ogni centimetro di tutto ciò che è Ponza: la terra, l’aria, la storia, la famiglia, la cultura. Quando non stava facendo qualcosa per favorire il miglioramento dell’isola, passava ore a raccontarmi pazientemente la storia dell’isola e come la nostra famiglia ha partecipato e influenzato la diffusione mediterranea di Ponza attraverso il commercio del corallo e la pesca dell’aragosta.

Con il suo incoraggiamento, ho iniziato a esplorare l’isola da solo. Percorrevo viottoli stretti, pericolosamente vicino a dislivelli vertiginosi. Ho visto grotte che servivano prima come riparo e poi come abitazioni. Ho percepito quanto deve essere stato difficile vivere in un ambiente così duro. Ho attraversato il canale tra Ponza e Palmarola, come mio nonno e suo padre e suo nonno prima di lui devono aver attraversato centinaia di volte prima per pesca e per lavoro, ma a mia volta in una “barca” per gite turistiche, con il capitano che cucinava cibo delizioso per noi.
Attraverso queste occasioni, impercettibili all’inizio, ma certamente solidificatesi man mano che queste esperienze si moltiplicavano, la sensazione di appartenenza ha cominciato a trasformarsi in una solida costruzione mentale beata.
Infatti, e per parafrasare il memorabile “Ich bin ein Berliner” di John Kennedy, posso ora affermare con grande sicurezza e orgoglio “Io sono Ponzese”.

Michel Vitiello

 

 

1 Comment

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  1. Silverio Guarino

    29 Maggio 2022 at 11:27

    Per anni, prima di rinnamorami perdutamente dell’ “amato scoglio”, mi sono chiesto se c’era un buon motivo per essere orgoglioso di essere nato a Ponza.

    Ho cercato invano la risposta.

    Poi, un giorno, mia cugina Maria Candida Conte da Padova (oggi splendida novantaduenne) mi ha detto: “Perché ci sono nata anche io”.

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