Racconti

L’angolo di Lianella/28. Due storie vere raccontate con un po’ d’ironia

di Amelia Ciarnella

 

Meno male che il vecchio era un po’ “filosofo”

Nella sala di riabilitazione dove mi ero recata per fare un ciclo di fisioterapia, c’era anche un uomo ultraottantenne, disteso (si fa per dire) sopra un lettino, ma non poteva poggiare né la testa sul cuscino né distendere bene le gambe sul lettino, per cui poteva soltanto dondolare come una culla mantenendo sospese per aria sia le gambe che la testa. La fisioterapista che doveva conoscerlo, mentre cercava di abbassargli le gambe sul lettino, gli diceva: “Antò, sforzati un poco, vediamo se riusciamo a farti toccare il cuscino con la testa”. Ma il povero vecchio, malgrado la sua buona volontà, dovette desistere perché il dolore era insopportabile.

Poi la fisioterapista gli chiese: “Scusa Antò, ma come si è venuta a creare questa situazione?” – “E che ne so io” – rispose il poveretto. ”So soltanto che sono andato in ospedale perché avevo un forte dolore alla schiena che non mi faceva dormire né di giorno né di notte e là dentro mi hanno soltanto fatto una “siringa” alla schiena e con quale medicina non lo so. Dopo nemmeno un’ora mi sono sentito tirare le gambe e mi sono ritrovato in questa posizione e così sono rimasto. E da allora, quando poggio la testa mi si alzano le gambe e se stendo le gambe mi si alza la testa. Ma la cosa “più peggiore” è che se voglio camminare, mi devo mettere solo a quattro zampe come il cane, perché la mia schiena non riesce a stendersi in nessuna maniera!” – E mentre così diceva, si dondolava sulla schiena supino su quel lettino, da dove poteva guardare soltanto il soffitto. E quella posizione così ridicola e grottesca faceva ridere pure lui.

 

Una coppia sui generis 

Diversi anni fa una donna sui trent’anni si aggirava, spesso mezza discinta, nei dintorni della mia zona a Roma, e si fermava vicino una fontanella pubblica dove faceva regolarmente il suo bidè, come fosse stata una cosa normale.

Una mattina fredda d’inverno, ma limpida e senza una nuvola in cielo, anche per godermi un po’ di sole e fare una passeggiata più lunga del solito, decisi di andare a fare la spesa a Ponte Milvio che dista da casa mia cinquecento metri circa. Arrivata però sul ponte notai subito qualcosa di veramente insolito e inaspettato. Appoggiati al parapetto del fiume rividi la stessa donna sui trent’anni elegantemente vestita, ma fino al giro vita, insieme ad un suo compagno traballante simile ad un ubriaco, che parlottavano fra loro. La donna indossava un cappello, una sciarpa, dei guanti e un giubbotto di pelle nera che le arrivava alla vita, ma tutto finiva lì, perché dalla cintola in giù era completamente nuda. Il suo compagno era attratto solo dal cappello di lei, al resto non faceva assolutamente caso. Le aggiustava il cappello spostandolo ora a destra ora a sinistra, poi si allontanava barcollando per verificarne l’effetto. Quindi soddisfatto le diceva: “Ora sta bene così, non lo toccare”.

Naturalmente tutti coloro che passavano capivano subito in quale condizione mentale si trovavano quei due poveracci ed evitavano di guardare, cercando di attraversare il ponte nel più breve tempo possibile. Ma i bambini, come si sa, non sanno fingere e quello che vedono e pensano lo dicono e lo dicono anche forte. E in quel momento insieme ad altra gente stava attraversando il ponte anche una mamma che teneva per mano il suo bambino, di forse tre o quattro anni, al quale non sfuggì la presenza di quella strana coppia. La madre lo tira per la mano cercando di farlo camminare più in fretta possibile, ma il bambino incuriosito vuole assolutamente capirci qualcosa e si volta di continuo, allungando il collo, guardando e riguardando, fino a che riesce ad avere le idee chiare. Dopo di che con un tono di rimprovero nella voce e aggrottando la fronte, come una persona grande, dice all’indirizzo della donna:
”Tu sei brutta spogliata, devi mettere le mutandine!”

 

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