Personaggi ed Eventi

Un’isola, una feluca e un capitano. Una storia vera lunga oltre 200 anni, nelle parole di Genoveffa D’Atri

proposto da Franco Zecca

Dobbiamo alla curiosità di Franco Zecca e alla sua inesausta abitudine di collezionare tutto quel che riguarda Ponza, se possiamo leggere questa lunga intervista – un fiume di ricordi – che Genoveffa D’Atri ha affidato all’Archivio storico della FIT (Federazione Italiana Tabaccai) per la pubblicazione sul giornale di Categoria “La Voce Del Tabaccaio” (periodico fondato nel 1903) nel n° 21 del 3 giugno 2019.
Racconta Franco di aver notato la rivista sul bancone della tabaccheria vicino casa e di averla letta con interesse; dopo di che ha fatto richiesta al titolare di procurargliene una copia che ha messo da parte tra le tante cose relative a Ponza.
Il fatto è accaduto tre anni fa e si era dimenticato di averla. Poco tempo fa durante  le grandi pulizie pasquali la rivista è saltata fuori, come di sua iniziativa, con un fruscìo di rimprovero per essere stata tenuta in disparte per tanto tempo.
Da quello, al pensiero di pubblicare su Ponzaracconta, è stato tutt’uno.
L’articolo originale in formato .pdf  è allegato in fondo al presente scritto
La Redazione

 

Archivio Storico FIT
Un’isola, una feluca e un capitano

Una favola? No, una storia vera lunga oltre 200 anni!

«Le tabaccherie, come i Carabinieri e gli uffici
delle Imposte, erano il segno tangibile della presenza
del Regno prima e dello Stato dopo»
,
racconta Genoveffa D’Atri, per molti anni titolare della rivendita n.1 di Ponza

Nelle parole di Genoveffa D’Atri, classe 1931, si respirano la magia dell’isola di Ponza (LT), che le ha dato i natali e quella della tabaccheria di una volta, dove si andava per acquistare il sale e le sigarette, per avere una parola di conforto e… per trovare l’amore!
Tutto inizia quando «l’isola è abitata da un gruppo di coloni provenienti da Ischia, che aderiscono al progetto del Re di Napoli di popolare e sviluppare il territorio delle isole pontine — racconta Genoveffa — a quel tempo Leonardo De Luca, un capitano di Ischia, veniva a Ponza con la sua feluca del dispaccio (imbarcazione a vela lunga circa 10 metri – NdR) a vendere sale e tabacco sfuso per conto del Governo del Re di Napoli e nel 1799 ottiene l’autorizzazione per aprire, a titolo sperimentale, una rivendita su una piccola isola scarsamente abitata». Nasce così la prima tabaccheria stabile a Ponza: la rivendita di generi di monopolio n. 1!

Genoveffa D’Atri, classe 1931 e due fotografie che ritraggono Giulia Migliaccio e Adele Manna, rispettivamente nonna e madre di Genoveffa. Sotto, una cartolina d’epoca nella quale si può vedere la tabaccheria n. 1 di Ponza.

«Nel 7840 circa — prosegue — diventa titolare Francesco, figlio di Leonardo, nato ad Ischia nel 1798.
Successivamente, nella gestione della rivendita, subentra Civita, figlia di Francesco, che sposa Vincenzo Tarantino, probabilmente un avvocato.
Purtroppo, però, dopo soltanto cinque anni di matrimonio, Civita muore e diventa titolare il marito che sposa, in seconde nozze, Giulia Migliaccio.
Dopo un anno di matrimonio, ancora molto giovane e senza figli, anche Vincenzo muore e la rivendita finisce all’asta e viene vinta dalla vedova Giulia Migliaccio, mia nonna, che così ne diviene titolare».
Ed è a questo punto che l’amore, armato di pazienza oltre che di passione, entra in tabaccheria.

«Giovanni Manna, Maresciallo della Finanza da poco trasferito a Ponza, tutti i giorni va in tabaccheria a fare l’inventario perché, in realtà, si è innamorato di mia nonna Giulia. Ma lei, essendo rimasta vedova da poco, non vuole essere corteggiata. Così, si lamenta con un dirigente superiore dei Monopoli di Napoli e il Maresciallo, nel giro di poco tempo, viene trasferito al circolo di Milano. Ma non si dà per vinto e riesce ad essere rimandato a Ponza. E quando si presenta nuovamente in tabaccheria, mia nonna comprende che quel ritorno non è casuale: lui, veramente molto innamorato, è ritornato solamente per lei! Così, si sposano e dalla loro unione nasce Adele, mia ma-dre».
Ed è lei, nel 1930, a prendere le redini della tabaccheria di famiglia.

Anche nel suo caso, il bancone è stato galeotto.
«Mio padre, innamorato di mia madre, andava in tabaccheria dieci volte al giorno per poterla vedere e ogni volta comprava una sola sigaretta, una Macedonia! Sigarette molto leggere, sul mercato almeno fino a circa gli anni ’70 quando, con l’arrivo di quelle americane, passano di moda e i clienti smettono di comprarle».

Della madre Adele, Genoveffa ricorda soprattutto il sorriso «bellissimo e accogliente. Tutti le volevano molto bene. In tanti poi la chiamavano Giovannina perché le associava-no il nome del padre».
Arriva il 23 settembre 1974 e la titolarità passa a Genoveffa, entrata ufficialmente in tabaccheria all’età di 17 anni anche se, pur saltuariamente, già prima era spesso in negozio.
Nel 2004 diventa titolare la sorella Anna D’Atri e infine, nel 2014, la tabaccheria passa ad Andrea Marchionni «discendente di quel Leonardo De Luca, che nel 1899 ha dato inizio a tutto!».

I ricordi di Genoveffa, nel raccontare la lunga storia della sua tabaccheria, si rincorrono, regalandole attimi di malinconia e dolci sorrisi ma ciò che traspare sempre è l’orgoglio per il proprio lavoro.
«La vita del tabaccaio è sempre stata improntata alla serietà e al decoro.
E le tabaccherie, come i Carabinieri e gli uffici delle Imposte, erano il segno tangibile della presenza dello Stato o, ai suoi tempi, del Regno
— racconta — noi tabaccai del passato siamo sempre stati consapevoli di questa importante funzione nel vendere il sale, il tabacco, ma anche il Chinino o il carburo.
Abbiamo sempre collaborato con le autorità preposte e ci siamo sottoposti tranquillamente a tutte le norme e a tutte le restrizioni previste. I controlli della Guardia di Finanza erano molto frequenti e il Maresciallo, con i suoi subalterni, veniva a redigere l’inventario fisico degli articoli di monopolio per controllare che non si facesse contrabbando. Quindi elencavano le giacenze che rinvenivano all’atto della visita e le confrontavano con gli acquisti e con le vendi-te, ritirando tutte le bollette di consegna del sale e del tabacco».

Infatti tra le tante immagini che Genoveffa conserva dentro di sé, sicuramente quelle legate proprio alla vendita delle sigarette e del sale ricoprono un ruolo speciale.
«Un tempo le sigarette venivano vendute sfuse e nessuno acquistava un pacchetto intero. Pertanto c’era un andirivieni continuo perché gli stessi clienti venivano anche più volte nella stessa giornata. Ed erano tali l’abitudine e l’abilità nel distribuire le sigarette che mia madre ed io, senza neanche guardare, sapevamo prelevare dal pacchetto il numero giusto di sigarette senza sbagliare mai».
Stesso discorso per il sale, venduto a peso.
«A quell’epoca sia i pescatori che le famiglie consumavano quantità molto ingenti di sale per conservare il cibo e, soprattutto, il pesce. Avevamo una cosiddetta “sassola” di legno, una specie di grandissimo cucchiaio che sapevamo riempire prendendo esattamente la quantità di sale richiesta prima ancora di pesarla. Una volta la nostra bilancia si è rotta perché corrosa dal sale e quindi misuravamo la quantità richiesta ad occhio, con la “sassola”. Poi i clienti andavano da un amico commerciante che si era messo a disposizione per verificare esattamente la quantità pagata e… tutte le pesate sono risultate esatte e nemmeno una persona è tornata indietro a lamentarsi!».
La vendita del sale sfuso creava molti problemi perché il sale assorbe l’umidità, molto alta sull’isola, soprattutto nelle giornate di scirocco.
«Avevamo una cassa di legno che conteneva dieci quintali di sale, ma nemmeno questa era sufficiente a risolvere il problema perché il sale si scioglieva comunque e l’acqua salata, anzi la salamoia, colava attraverso le giunture e raggiungeva il pavimento».
Tanto che durante gli anni in cui Genoveffa è stata in tabaccheria «abbiamo dovuto cambiare il pavimento ben due volte perché il sale l’aveva corroso — prosegue — ma nel 1971, era ancora titolare mia madre, anche se di fatto gestivo tutto io, ho letto sul nostro giornale di categoria che era stata approvata una disposizione in base alla quale, se si rinnovava l’arredo e si ristrutturava l’esercizio, era possibile essere esentati dalla vendita del sale sfuso. Così, in men che non si dica, abbiamo provveduto a rimodernare la rivendita e abbiamo risolto il problema. All’inizio è stato difficile convincere i clienti che dovevano comprare il sale nei pacchetti, ma abbiamo affisso il ritaglio del giornale su una parete e, un po’ alla volta, se ne sono fatti una ragione».

Giulia Migliaccio, il 5 dicembre 1905. invita personalmente al matrimonio della nipote un personaggio illustre dell’isola -per dare maggiore solennità alla festa di famiglia con la sua pregiata presenza». Sotto, un’altra veduta d’epoca di Ponza: ancora nel circoletto rosso, la posizione della tabaccheria

Genoveffa ricorda poi che la rivendita era aperta dalle 7.00 fino alle 23.00, senza sosta, perché è sempre stata un punto di riferimento per tutta la popolazione «un luogo dove si poteva dire una parola buona a tutti, dare un consiglio, distribuire un po’ di ottimismo e di fiducia. E di questo sono sempre stata fiera, come lo erano anche mia madre e mia nonna».
Genoveffa porta nel cuore tutte queste immagini; i colori, gli odori, le voci di un tempo ormai lontano ma prezioso perché tra quelle mura «ho trascorso tutto il tempo della mia gioventù, tutta la mia vita. Prima insieme con mia madre e poi da sola. E ogni giorno, ponendomi verso gli altri con animo sincero, ho cercato di fare e diffondere il bene».
E, ne siamo certi, chiunque sia entrato in tabaccheria, avrà portato via con sé un bel ricordo.

La voce del tabaccaio. 2019. Un’isola, una feluca e un capitano. Nelle parole di Genoveffa D’Atri.pdf


Nota della Redazione

Un’intervista sugli stessi temi trattati da La voce del tabaccaio è stata pubblicata sul sito – autrice Rita Bosso -, nel settembre 2018 con il titolo Historia di un tabacchino.
– Genoveffa D’Atri è un libro di storia inesauribile e rigorosissimo – scrive Rita e – seppur discreta e riservata, anche una persona estremamente amabile –, aggiungiamo noi dai nostri ricordi.

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