Canzoni

Una canzone per la domenica (194).  Per il  1° Maggio

proposto da Patrizia Montani e Sandro Russo

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Ogni canzone della domenica nasce in un contesto diverso. Ovviamente. Per autore, motivazione, significato che le si vuol dare.
Questa “Canzone della domenica” è stata travagliata.
Cominciata a lavorare in ritardo dal Russo a motivo di ospiti in campagna per il primo maggio (da queste parti c’è il mito della scampagnate e delle fave col pecorino).
Quando era quasi in dirittura d’arrivo, arriva per whatsapp un accorato appello di Patrizia (amica storica):
Sandro, è troppo tardi per la canzone della domenica? Perché è il Primo Maggio e l’Inno dei Lavoratori ci sta proprio bene. L’ho ricevuto da amici-compagni e ho pensato a Ponzaracconta

E come dire di no? Metto da parte il lavoro in corso – ma la settimana prossima non la scamperete! – e metto mano al pezzo segnalato da Patrizia.

Si tratta del famoso Inno dei lavoratori (in origine, Il canto dei lavoratori, conosciuto anche come Inno del Partito Operaio Italiano) è un canto operaio composto e musicato nella primavera del 1886. Testo di Filippo Turati (!), musica di Zenone Mattei, riduzione di Tino Pelosi.
L’inno fu spesso accusato di incitare all’odio di classe, accusa peraltro nettamente respinta dai socialisti riformisti, che lo ritengono un simbolo della migliore tradizione del socialismo italiano.

Perché proporlo oggi, per questo 1° maggio del 2022 mentre infuriano venti di guerra e tutto il mondo e i valori in cui ci riconoscevamo sembra sovvertito?
Per pura nostalgia. Di figure ormai mitiche: i padroni e gli operai, il lavoro e lo sfruttamento, un ideale di giustizia e libertà.
Che ne rimane?
Que reste -t-il de nos amours… Que reste-t-il de ces beaux jours (cantava Charles Trenet)

Patrizia ha proposto questa versione orchestrale. Zenone Mattei: Inno dei Lavoratori, nella elaborazione sinfonica di Fulvio Creux:

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Ma siccome è un inno per coro, e le parole hanno una loro importanza, propongo anche la versione classica:

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Il testo, datato quanto si vuole, è il seguente:

Su fratelli, su compagne,
su, venite in fitta schiera:
sulla libera bandiera
splende il sol dell’avvenir.  

Nelle pene e nell’insulto
ci stringemmo in mutuo patto,
la gran causa del riscatto
niun di noi vorrà tradir.

Il riscatto del lavoro
dei suoi figli opra sarà:
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.
o vivremo del lavoro
o pugnando si morrà.

La risaia e la miniera
ci han fiaccati ad ogni stento
come i bruti d’un armento
siam sfruttati dai signor.

I signor per cui pugnammo
ci han rubato il nostro pane,
ci han promessa una dimane:
la diman si aspetta ancor.

Il riscatto del lavoro…

L’esecrato capitale
nelle macchine ci schiaccia,
l’altrui solco queste braccia
son dannate a fecondar.

Lo strumento del lavoro
nelle mani dei redenti
spenga gli odii e fra le genti
chiami il dritto a trionfar.

Il riscatto del lavoro…

Se divisi siam canaglia,
stretti in fascio siam potenti;
sono il nerbo delle genti
quei che han braccio e che han cor.

Ogni cosa è sudor nostro,
noi disfar, rifar possiamo;
la consegna sia: sorgiamo
troppo lungo fu il dolor.

Il riscatto del lavoro…

Maledetto chi gavazza
nell’ebbrezza dei festini
fin che i giorni un uom trascini
senza pane e senza amor.

Maledetto chi non geme
dello scempio dei fratelli,
chi di pace ne favelli
sotto il pie’ dell’oppressor.

Il riscatto del lavoro…

I confini scellerati
cancelliam dagli emisferi;
i nemici, gli stranieri
non son lungi ma son qui.

Guerra al regno della Guerra,
morte al regno della morte;
contro il dritto del più forte,
forza amici, è giunto il dì.

Il riscatto del lavoro…

O sorelle di fatica
o consorti negli affanni
che ai negrieri, che ai tiranni
deste il sangue e la beltà.

Agli imbelli, ai proni al giogo
mai non splenda il vostro riso:
un esercito diviso
la vittoria non corrà.

Il riscatto del lavoro…

Se eguaglianza non è frode,
fratellanza un’ironia,
se pugnar non fu follia
per la santa libertà;

Su fratelli, su compagne,
tutti i poveri son servi:
cogli ignavi e coi protervi
il transigere è viltà.

Il riscatto del lavoro…

***

Appendice del 2 maggio 2022 (cfr. Commento della Redazione)

Un lettore che preferisce rimanere anonimo si congratula per la foto di copertina dell’articolo – una elaborazione grafica de Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1898 – 1901), conservato al Museo del Novecento di Milano – e segnala alla redazione il video di un Inno dei Lavoratori del Mare, di Giuseppe Gori, singolare figura di attivista politico di cui segnala una completa scheda biografica su Wikipedia; da essa cui traiamo alcune notizie di una vita breve, ma ricca di impegno e di avvenimenti (la biografia è molto interessante).

Pietro Gori

Ernesto Antonio Pietro Giuseppe Cesare Augusto Gori (Messina, 1865 – Portoferraio, 1911) è stato un anarchico, giornalista, avvocato, poeta, scrittore e compositore italiano. Oltre che per l’attività politica, è ricordato come autore di alcune tra le più famose canzoni anarchiche della fine del XIX secolo, tra cui Addio a Lugano, Stornelli d’esilio e La ballata di Sante Caserio.

Nato a Messina, da genitori toscani; il padre Francesco era capitano d’artiglieria (il nonno Pietro era stato ufficiale napoleonico) e simpatizzante mazziniano, la madre era Giulia Lusoni.
Nel 1878 si trasferì con la famiglia a Livorno e giovanissimo fece parte di un’associazione monarchica. Ben presto però aderì al movimento anarchico, di cui divenne in breve tempo una delle figure più influenti.
Nel 1887 fu arrestato per un’epigrafe scritta per ricordare i martiri di Chicago – militanti anarchici che, accusati di aver organizzato i disordini del 1º maggio 1886 per rivendicare la giornata lavorativa di otto ore, furono impiccati l’11 novembre 1887 -, ritenuta un’istigazione alla protesta contro le navi statunitensi alla fonda nel porto di Livorno.

Nel 1889 si laureò a Pisa in giurisprudenza con una tesi intitolata La miseria e il delitto.

Nel 1892, in una conferenza dal titolo “Socialismo legalitario e socialismo anarchico”, tenuta nella sede del “Consolato operaio” di Milano, esplicitò le posizioni anarchiche e libertarie, fortemente critiche nei confronti del socialismo riformista, ritenuto autoritario e parlamentarista. Non stupisce, quindi, che il 14 agosto dello stesso anno, al congresso nazionale delle organizzazioni operaie e socialiste tenutosi a Genova, Gori fosse tra i più strenui oppositori della maggioranza riformista, che decise di dar vita al Partito dei Lavoratori Italiani, trasformatosi poi in Partito Socialista Italiano.

Gori patì per due volte l’esilio dall’Italia, per le sue idee, attraversando vari paesi: una prima volta si fermò a Londra (1895-’96); successivamente, dopo essere rientrato in Italia, dovette espatriare di nuovo, per evitare il carcere, prima a Marsiglia e quindi in sud-America (Argentina), 1898 – 1902).

Gori morì giovane, di tubercolosi, all’età di 46 anni, a Portoferraio La città di Portoferraio gli aveva dedicato la piazza principale del paese, dove ha sede il municipio, ma l’amministrazione di centro-destra ne ha poi modificato, nel 2018, la denominazione.
È sepolto nel cimitero di Rosignano Marittimo (Livorno).
A Rosignano il suo monumento venne semidistrutto negli anni trenta da una squadra fascista (il monumento danneggiato si trova ancora nella cappella di famiglia, a ricordo dell’evento); vent’anni dopo, la sezione comunista del paese gli dedicò un nuovo monumento, ancora presente sul luogo. La sua figura è anche ricordata da una targa posta a Piombino nei pressi della stazione ferroviaria. Rimossa sotto il fascismo, la targa fu ricollocata dai piombinesi nel 1945.

Il video, caricato su YouTube da Pardo Fornaciari in espresso tributo a Pietro Gori, raccoglie numerose immagini di mari in tempesta, navi che affrontano i marosi e marinai in difficoltà, proprie dell’iconografia marinara eroica e romantica.
Sotto, il testo.

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Inno dei Lavoratori del Mare (1890 ca)
Tribute to Pietro Gori

Lavoratori del mar s’intoni
l’inno che il mare per noi cantò
da che fatiche stenti e cicloni
la nostra errante vita affrontò
quando con baci d’oro ai velieri
l’ultimo raggio di sol svanì
e dentro ai gorghi dei flutti neri
alcun dei nostri cadde e sparì

Deh canta o mare l’opra e gli eroi
tempeste e calme gioie e dolori
o mare canta canta con noi
l’inno di sdegno l’inno d’amor

Canto d’aurore di rabbie atroci
sogni e singhiozzi del marinar
raccogli e irradia tutte le voci
che il vento porta da mare a mar
e soffia dentro le vele forti
che al sol disciolse la nostra fe’
e chiama chiama da tutti i porti
tutta la gente che al mar si die’

Deh canta o mare l’opra e gli eroi
tempeste e calme gioie e dolori
o mare canta canta con noi
l’inno di sdegno l’inno d’amor

Noi sugli abissi tra le nazioni
di fratellanza ponti gettiam
coi nostri corpi su dai pennoni
dell’uomo i nuovi dritti dettiam
ciò che da mille muscoli spreme
con torchi immani la civiltà
portiam pel mondo gettando un seme
che un dì per tutti germoglierà

Deh canta o mare l’opra e gli eroi
tempeste e calme gioie e dolori
o mare canta canta con noi
l’inno di sdegno l’inno d’amor

Solo una voce da sponda a sponda
sollevi al patto di redenzion
quanti sudando solcano l’onda
per questa al pane sacra tenzon
mentre marosi gonfi di frode
e irose attardano forze il cammin
noi da la nave scorgiam le prode
dove le genti van col destin

Deh canta o mare l’opra e gli eroi
tempeste e calme gioie e dolori
o mare canta canta con noi
l’inno di sdegno l’inno d’amor

Già ad ogni prora che il corso affretta
l’evocatrice Diana squillò
e all’alba il grido della vendetta
la verde terra già salutò
Terra ideale dell’alleanza
tra menti e braccia giustizia e core
salute o porto della speranza
che invoca il mesto navigator

Deh canta o mare l’opra e gli eroi
tempeste e calme gioie e dolori
o mare canta canta con noi
l’inno di sdegno l’inno d’amor 

1 Comment

1 Comment

  1. La Redazione

    2 Maggio 2022 at 22:35

    Un lettore che preferisce rimanere anonimo si congratula per la foto di copertina dell’articolo – una elaborazione grafica de Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1898 – 1901), conservato al Museo del Novecento di Milano – e segnala alla redazione il video di un Inno dei Lavoratori del Mare, di Giuseppe Gori, singolare figura di attivista politico di cui segnala una completa scheda biografica su Wikipedia; da essa cui traiamo alcune notizie di una vita breve, ma ricca di impegno e di avvenimenti (la biografia è molto interessante).
    Il video, caricato su YouTube da Pardo Fornaciari in espresso tributo a Pietro Gori, raccoglie numerose immagini di mari in tempesta, navi che affrontano i marosi e marinai in difficoltà, proprie dell’iconografia marinara eroica e romantica.
    Una sintesi della biografia di Pietro Gori, il video dell’Inno dei Lavoratori del Mare e il relativo testo sono riportati nell’articolo di base a cura della Redazione

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