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Una foto racconta… (48). Storia di una trattoria

di Isidoro Feola, Franco Zecca e Sandro Russo

Mi scrive Isidoro, inviando questa foto e relativa indicazione:
“Durante la ristrutturazione dell’ex ristorante Ippocampo, prima ancora Zi’ Capozzi, guarda cosa è uscito sotto l’intonaco!”

Perché Isidoro l’ha mandata a me. Perché in quel locale, al tempo della gestione di Lucia Capozzi e Biagino Zecca, miei zii e genitori di Franco e Lia, ho passato una bella parte delle mie estati ponzesi, tra adolescenza e prima giovinezza.
Affiancavamo – Franco, io e Fausto Capozzi – il cameriere professionista assunto per il periodo di maggior lavoro dell’estate (per un mese, un mese e mezzo circa); di supporto a lui o da soli, noi tre eravamo a tutti gli effetti i camerieri del locale. Non ancora scuola-lavoro, ma sicuramente divertimento-lavoro. Certo al di fuori di ogni regola – erano altri tempi – e fare i camerieri è veramente duro… ma quanto ci siamo divertiti!

Su whatsapp ho chiesto a Isidoro di aggiungere qualcosa di quel periodo, e questo lui ha scritto:
“Abitando da bambino dove c’è l’attuale hotel Feola, per me era normale stare in piazza davanti al bar di Luciana (la moglie di Ernesto), e quindi anche davanti alla trattoria Zi’ Capozzi, dove spesso entravo dalla parte di via “Dietro il Comandante” – ’aret’u Cummannante – perché Lucia o Biagino chiedevano a mamma ’nu poc’ ’i petrusin’ o ’na fronn’ ’i vasenicol’…” (prezzemolo e basilico, perché avevamo un piccolo orto); servivano per la cucina del ristorante… e io – ’u ’uaglione  – venivo incaricato della consegna (anni 1961 – 1964 all’incirca)”.

Anche a Franco è stato partecipato questo invio – ha già scritto del “suo” Ristorante Zi’ Capozzi sul sito: leggi qui – e ha precisato i suoi ricordi e qualche data:
“Non ricordo bene la facciata fotografata, ma rivedo nella mia mente un gruppo di persone che si adoperavano su un grosso tavolo ovale nel locale di mia nonna a sforacchiare dei larghi ripiani di legno ed ognuno lo faceva per fare risultare una lettera che avrebbe dovuto completare la scritta. Mi fu detto tempo dopo che per pittura fu usata la catramina (?).
È vero, dalla mamma di Isidoro prendevamo, per urgenza, anche qualche uovo. Si aveva un bel rapporto di vicinato anche dopo la morte della nonna Capozzi (1884 – 1958).
Mi raccontava il buon Flamini che era proprietario dell’Ippocampo, che non erano riusciti a cancellare quella scritta, se non togliendo, laddove era possibile, l’intonaco.
Se non vado errato, se io avevo meno di sei anni doveva essere il 1950/1951. Perché dopo siamo “emigrati” in Puglia, a Conversano.
Alla morte di nonna Antonietta siamo tornati a Formia e quindi, l’estate, a Ponza a gestire il locale che in eredità era stato lasciato a Lucia d’a Capozz’”. E allora cominciò il lavoro al ristorante, di cui parlava Sandro, che durò per nove anni, fino alla fine del 1965.

 

 

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