Musica

Una canzone per la domenica (193). Dora Musumeci, pianista e cantante jazz

di Tano Pirrone

Dora Musumeci, la prima pianista e cantante jazz italiana dimenticata da una Sicilia distratta
di Tano Pirrone

Francofonte, piazza Giuseppe Garibaldi, il palazzo comunale (foto di Carmelo Gaudioso, stampe-a-contatto)

Dalle due grandi porte sulla destra, facilmente visibili nella foto si accedeva al Circolo di lettura, un circolo esclusivo frequentato dalla borghesia agricola del paese, quelli che possedevano da generazioni le terre e da esse traevano quel che serviva a mantenere una vita dai canoni borghesi, i figli agli studi e a quell’otium più o meno attivo che la letteratura siciliana ed il cinema su di esso costruito ci hanno tramandato. Il popolino maldicente l’aveva etichettato come “u cicculu de’ nobbili”, ma di nobili, sinceramente, non ce n’erano, con l’esclusione del barone Calamaro, grande amico di mio padre.
Il nome del Circolo era in effetti pienamente giustificato: sui tavoli erano sempre disponibili molti quotidiani, e molti settimanali: la ‘Domenica del Corriere’ con la tavole in prima pagina di Walter Molino, il ‘Borghese’ di Leo Longanesi, il ‘Travaso delle idee’ (l’Organo delle persone intelligenti!), ‘Oggi’, ‘Gente’, ‘L’Europeo, ‘Epoca’. Nella sala di lettura (quella cui si accedeva dalla grande porta di destra, c’erano su tre angoli comodi divani con tavolinetti capienti e poltroncine, in un angolo, quello in fondo sulla destra dopo la porta finestra da cui si accedeva ad un balconcino, che in estate assicurava un riscontro d’aria memorabile, c’era, posta su un bel mobiletto, una grossa radio con giradischi, impianto di ottima qualità ed efficientissimo. Nel mobiletto c’erano ben custoditi numerosi dischi in vinile (naturalmente), quasi tutti di jazz, essendo questa la musica della nuova era post-fascista, già coltivata quasi clandestinamente durante il fascismo ed esplosa con l’arrivo dei truck militari Dodge. I fruitori di questa musica erano i giovanotti più grandi di noi, quelli, per intenderci, che erano nati fra il ‘30 e il ’35: troppo piccoli per andare in guerra e nel fiore dei vent’anni alla fine di essa ed all’inizio dei nostri favolosi anni ’50. Il gruppo faceva la spola con Catania, dove alcuni risiedevano con la famiglia o per studiare all’università più vicina. Catania è sempre stata una città vivissima, allegra, il bozzolo adatto per la prima generazione postbellica già pronta e svezzata per tornare a sperare, vivere e divertirsi. E in estate la compagnia tornava comunque a ricostituirsi, con feste, scherzi, gite, balli, e musica jazz.

È così che entra in scena la protagonista della “descrizione” di oggi, la catanese Dora “Doretta” Musumeci, anno 1934, figlia d’arte [1]. Esplode subito la sua capacità artistica e da bambina prodigio comincia ad esibirsi già dall’età di sette anni, entrando nel 1944 (a soli dieci anni!) in un’orchestra, con la quale al temine della guerra effettuerà un tour in Tripolitania. Intanto nel 1947 è intervistata da Roberto Comisso per Musica Jazz [2] (il numero, monografico di Agosto/Settembre 1947).
A Catania è conosciutissima e diventa idolo e amica di quella generazione prima della mia tutti lupacchiotti, figghi della lupa [3], e che s’eran fatto pure qualche anno di balillato [4], poi gli anni della guerra – che in Sicilia furono certamente meno duri che altrove – e che al riaprirsi dei giuochi erano lì, giovani, belli e potenti per godersi la vita e sperare in un’Italia migliore.

Studia, Giulia Isadora, e a 18 anni consegue il diploma di pianista al San Pietro a Majella di Napoli [5], prende il massimo dei voti e la lode, indossa il nome di Dora, (per gli amici e appassionati anche Doretta) e si ficca fra ballerini, comici e soubrette, prestando il proprio piano agli spettacoli di rivista. Tutto è ora accelerato: le esibizioni in Italia e all’estero, suonando con grandi nomi come Lionel Hampton e Dizzy Gillespie; pubblica i primi dischi e forma un proprio complesso, il cui bassista e cantante è Roby Matano [6].

Nel 1956 vince il Festival del Jazz di Modena e pubblica il suo primo album di Jazz La regina dello Swing [7]. Viene spesso ospitata in trasmissioni radiofoniche e televisive e continua a pubblicare dischi per varie case discografiche; dal vivo inoltre esegue spesso arrangiamenti di canzoni di musica leggera.
Da lì a poco tempo anch’io e altri amici soprattutto catanesi cominciammo ad ascoltare jazz, disdegnando i birignao dei nostri melodici senza tempo e senza futuro (almeno così pensavamo), bevendo di nascosto – come protagonisti di una nuova generazione, di giovani nati durante la guerra e romanticamente bruciati [8] sull’ara della nuova era post-bellica [9] – rigorosamente J&B, il Justerini & Brooks che avevamo imparato a conoscere nei gialli americani editi da Longanesi (i bellissimi tuttoneri crespati e ben rilegati, patria sconfinata di Peter Chambers [10]) o nel sofisticato mondo di Chandler [11] e del suo Marlowe.

In quel tempo, gli anni sessanta, tutto diventa più veloce, tante più cose da fare e fatte per unità di tempo, una corsa sfrenata verso la svolta del ’68. Doretta viene a Roma e si esibisce al Piper Club di Roma, insieme a Romano Mussolini, Giovanni Tommaso, e Lionel Hampton. Fu un grande successo, forse l’apice della sua carriera.
Ingenuamente Arrigo Polillo si chiese: «Che l’avvenire del Jazz sia nelle mani femminili?».
Non sarebbe stato così, col senno di poi. Il 1966 la vede protagonista al Festival de jazz del Comblain-la-Tour, dove si esibisce con Cannonball Adderley.
Siamo praticamente ad una svolta della vita di Dora: è all’apice del successo, è la first lady italiana del jazz, che le donne voleva, come in ogni altra attività anche artistica, cantante, muse, non musiciste. Dora è una pioniera: pelle bruna, anelli d’oro alle orecchie, treccione nero sul prendisole a righe “alla marinara”, lei sta in mezzo a Intra, Gaslini, Cerri, e tanti altri maschi.
Lei, Dora è praticamente sola: «Ai pianisti maschietti il successo non fece tanto piacere e cercarono di mettermi, in tutti i modi, i bastoni fra le ruote», dichiarò in un’intervista rilasciata a Gerlando Gatta e inserita nel libro L’altra metà del jazz: «Fui invitata a un festival a Torino: ero una sorta di organizzatrice, di regina del festival e feci venire Carlo Loffredo, Romano Mussolini, ma tutti questi erano distaccati, quasi incattiviti, probabilmente pensavano che mi stessi impadronendo della situazione: prima erano loro che chiamavano me, adesso ero stata io a chiamare loro e questo dava fastidio».

Doretta fu la prima pianista e cantante jazz italiana, suonò con Dizzy Gillespie, Lionel Hampton, Cannonball Adderley, Sergio Gaslini, Gorni Kramer, Romano Mussolini ed Ennio Morricone. Ma quando la sua fama superò quella dei colleghi maschi si scontrò con un mondo ancora misogino. Isolata e delusa, abbandonò il mondo amato del jazz, respinse con dolore le avances che venivano da Braodway, abiurando alla sua posizione di “regina dello swing” e tornò nella sua Catania per dedicarsi alla musica classica, suo primo amore, soprattutto a quella di Debussy, Bach e Rachmaninoff, e al teatro, componendo musiche per spettacoli radiofonici [12]. Collaborò con il Teatro Stabile di Catania e fu spesso protagonista di recital al Teatro Bellini. Nel frattempo insegnò pianoforte al Conservatorio Francesco Cilea di Reggio Calabria. Nel 1994 venne nominata Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica, come eccellenza italiana nel mondo.

Com’era già successo con la prima cantautrice italiana, Rosa Balistrieri, la Sicilia è stata capace di dimenticare anche Dora. Se l’artista di Licata, la senzatempo Rosa, si è cominciato tardi a celebrarla con forzate, poco sentite iniziative, la musicista catanese sembra essere caduta nel dimenticatoio. Anche per questo colgo l’opportunità offerta da questa rubrica per ricordarla, mettendo insieme le scarse informazioni pubbliche, reperibili in rete e pochissime su carta stampata, anche molto datata, ai miei ricordi personali, all’aiuto di alcuni di quei giovani descritti all’inizio, superstiti novantenni, di cui senti ancora il fuoco, quando rinnovano quei tempi.

Io posso dire solo: c’ero, ma non capivo nulla. Ho capito dopo e quei tempi li ho fatti anche miei.

Ascolta / guarda:

Dora Musumeci – La più bella del mondo

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Dora Musumeci – Lullaby Of Broadway

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Dora Musumeci SWINGIN

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Dora Musumeci – Igor Strawinskij – Piano Rag Music

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Note

  1. Il padre Salvatore Musumeci, detto Totò, era violinista presso il Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, il fratello Tito suonava il contrabbasso, la nonna era un’eccellente pianista per diletto. Fu il padre Salvatore ad avviare la piccola “Giulia Isidora” allo studio della musica. La morte. “Il 19 settembre del 2004 Dora viene investita da un’automobile a Catania (mentre sta attraversando corso Italia sulle strisce pedonali), subendo un esteso trauma cervicale, fratture multiple e un violento trauma polmonare. Morirà dopo 20 giorni di coma all’ospedale Garibaldi di Catania” (fonte Wikipedia).
  2. Musica Jazz è una rivista italiana di informazione e critica musicale specializzata in musica jazz, che ha cadenza mensile. È pubblicata ininterrottamente dall’agosto 1945, per i primi due anni con il titolo “Musica e Jazz”, senza aver mai saltato un’uscita, e nel dicembre 2020 ha raggiunto l’841° numero. Fondata a Milano da Gian Carlo Testoni, è da lui stata diretta fino al 1965 e poi, fino al 1984, da Arrigo Polillo. Dal novembre 1981 viene pubblicata con un supporto discografico allegato.
  3. “Figli della lupa” era un’organizzazione ideata dall’Opera nazionale Balilla durante il ventennio fascista in Italia, che si riallacciava alla leggenda di Romolo e Remo, figli di Rea Silvia, allattati da una lupa, da qui la metafora. Dall’anno 1933 in Italia, chiunque si iscriveva alla scuola elementare, ne faceva automaticamente parte. Successivamente, a partire dal 1936 l’iscrizione avvenne direttamente al momento dell’iscrizione all’anagrafe alla nascita.
  4. Il richiamo è all’Opera nazionale Balilla per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù (nota come Opera nazionale Balilla, in sigla ONB), che fu un’organizzazione giovanile del Regno d’Italia. A partire dal 1937 venne assorbita dalla Gioventù italiana del littorio. Il termine “Balilla” fu ispirato dalla vicenda del giovane Giovan Battista Perasso che nel 1746 incitò alla rivolta i genovesi durante la breve occupazione asburgica della città ligure.
  5. Il Conservatorio di San Pietro a Majella è un istituto superiore di studi musicali fondato a Napoli nel 1808. È situato nel centro storico della città, nell’ex convento dei Celestini annesso alla chiesa di San Pietro a Majella.
  6. Roby Matano è stato autore di tante belle canzoni; e poi cantante e musicista, sia come solista che leader di gruppi musicali e celebri orchestre (la Milleluci e il complesso di Dora Musumeci); produttore discografico, talent scout, consulente musicale. Attivo e infaticabile per decenni. Di Doretta Musumeci disse: «Da lei, una grande professionista, imparai molto sull’uso della voce e di come si sta sul palco».
  7. L’album La regina dello swing (il primo di jazz) fu registrato a Torino, a casa di Gorni Kramer che suonava il contrabbasso, mentre Gil Cuppini stava alla batteria.
  8. Il termine trova origine nel film del 1955, diretto da Nicholas Ray, Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause) Il film parlò ad un’intera generazione di teenager nella seconda metà degli anni cinquanta, ma la sua fama non può e non deve limitarsi a ciò. La pellicola, storia di un brusco e doloroso passaggio all’età adulta, è un documento sui riti della generazione post-bellica nella provincia statunitense e presenta i “ribelli senza causa” come lo specchio del nostro disincanto, la cattiva coscienza di una civiltà in declino. Nel tempo è divenuto un cult movie e il titolo è entrato nel linguaggio comune. La morte prematura e violenta che ha colpito, in tempi diversi, i tre protagonisti (Dean morì in un incidente automobilistico un mese prima dell’uscita del film, Mineo fu assassinato a 37 anni nel 1976, la Wood annegò in circostanze non del tutto chiarite a 43 anni nel 1981) ha alimentato la fama di Gioventù bruciata come film “maledetto”. Nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito al 59º posto della classifica dei migliori 100 film statunitensi di tutti i tempi.
  9. Solo relativamente tranquilla, tanto è vero che: nel 1951 prende il via negli Stati Uniti la “caccia alle streghe” (v. foto a fondo pagina) e il periodo del cosiddetto maccartismo, dal nome del senatore statunitense che l’ha promossa, Joseph McCarthy. È il primo grave atto di “guerra fredda”. Il 25 giugno: scoppia la Guerra di Corea che si conclude nel 1953 subito dopo la morte di Stalin. Il 4 novembre del 1956 l’Unione Sovietica invade l’Ungheria. 1º gennaio 1959 a Cuba il dittatore Fulgencio Batista abbandona l’Avana. Fidel Castro entra nella capitale cubana in testa alle sue truppe.
  10. L’investigatore privato Peter Chambers, è personaggio ricorrente nella letteratura gialla Henry Kane, presente in ben 28 romanzi e diversi racconti del famoso scrittore nordamericano.
  11. Raymond Thornton Chandler (Chicago, 23 luglio 1888 – La Jolla, 26 marzo 1959) è stato uno scrittore e sceneggiatore statunitense, il più importante autore di narrativa hardboiled, creatore di Philip Marlowe, il personaggio più noto di Chandler, molto apprezzato dagli sceneggiatori del grande schermo. Il film più noto basato sui suoi scritti è Il grande sonno (1946), diretto da Howard Hawks con Humphrey Bogart nel ruolo di Philip Marlowe.
  12. Fra cui nel 1972 La scuola dei buffoni di Michel de Ghelderode, per la regia di Romano Bernardi.
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