Editoriale

Epicrisi 368. Di Pasqua e dintorni

di Enzo Di Giovanni

Dire che è una Pasqua particolare è un eufemismo. In un mondo sempre più schizofrenico parlare di rinascita, pace e resurrezione è difficile. La colomba della pace non vola sulle terre martoriate di Mariupol, tra i cadaveri della stazione di Kramatorsk e i morti ammazzati di Bucha.

E Ponzaracconta non poteva sfuggire al sentimento dominante, ovviamente.

Quest’anno, in questa settimana, non parliamo di casatielli e fave. Delle differenze tra il nostro dolce tradizionale e quello glassato con i diavolilli che ancora sopravvive in qualche paese del casertano, o della pizza rustica ad allietare la convivialità di Pasqua e Pasquetta.

Per fortuna arriva il ricordo di una comunità che fatica a sopravvivere nel contributo proposto da Franco De Luca con Gesù che risorge con gli uccellini, una tradizione che, come tutte le tradizioni, quando si allenta diventa un’istantanea del passato.

Ma è l’unico, solitario sussulto: tutta la settimana vive le ansie, le contraddizioni, l’impossibilità di trovare una quadra del drammatico conflitto che imperversa in Europa, e di cui non si vede fine né confine.

Mi vengono in mente i giorni immediatamente precedenti l’inizio delle ostilità: non solo le analisi geopolitiche di esperti come Lucio Caracciolo, che giudicava irrealistica una guerra al centro dell’Europa, ma anche la percezione popolare. Nonostante i tanti segnali, nei fatti, ben pochi in Ucraina si aspettavano veramente un conflitto.
Gli inviati a Kiev descrivevano una realtà tutto sommato composta, con la gente che passeggiava in tranquillità, senza affannarsi a prendere d’assalto i negozi. Noi e i russi siamo fratelli, abbiamo troppe cose in comune.
Il Donbass era lontano.

Una delle schizofrenie provocate dalle guerre è proprio questa: sembra sempre una cosa che non ci appartiene, fino a quando non ne sei dentro.
Non ricordo chi disse che la pace è solo un momento di attesa, di sospensione tra due guerre.

E in effetti, il mondo non è mai stato in pace.

Solo che la Siria è lontanissima, anche più del Vietnam che almeno riempiva piazze ed aspettative di una intera generazione di giovani.
Lontanissimi gli orrori della ex-Yugoslavia, con cui pure non abbiamo confini essendo toccati dallo stesso mare.
Per non parlare dell’Afghanistan, che potrebbe addirittura essere ubicato in un altro pianeta, per quanto se ne può sapere, ed ovviamente lontanissime le tante, troppe guerre locali in Africa.
Tra le tante facezie di questi mesi di guerra, mi è capitato di sentire un commento in uno dei tanti salotti televisivi, in cui l’esperto di turno è arrivato a dire che il conflitto in Ucraina lo sentiamo vicino perché sono persone come noi (sic!).

Possiamo dirlo?
Le guerre fanno tutte schifo.
Fuor di ipocrisia: questa ci coinvolge/sconvolge perché è la prima che impegna le potenze nucleari, con immediati ed evidenti effetti sull’economia del nostro paese, e soprattutto perché gli attori in prima linea non ci rassicurano sulla loro capacità di gestire la situazione come a loro tempo seppero fare Kennedy e Kruscev durate la crisi dei missili di Cuba.

Comunque la si pensi.

Per quanto mi riguarda, preferisco non esprimere la mia opinione – non è necessaria in una epicrisi – ma mi limito a riportare lo squilibrio tra un mondo in bilico tra una possibile guerra nucleare e la follia dei tanti che anziché cercare l’unica strada possibile, che è quella della diplomazia, soffiano sul fuoco della belligeranza a tutti i costi. Abbiamo assistito di tutto negli ultimi mesi: dalla censura a tutto ciò che fosse russo, da Dostoevskij alla soprano Anna Netrebko, alle liste di proscrizione verso chiunque non esprimesse un pensiero politicamente corretto cioè orientato all’esibizione muscolare della contrapposizione a tutti i costi.

Sono tanti i contributi presenti sul sito: da Ci stanno facendo rischiare la terza guerra mondiale, a Su questa guerra si sentono tante cose…, La pace si ottiene trattando e non imponendo sanzioni, Sempre più difficile trovare le ragioni di questa guerra, fino ad arrivare all’intimo Lettera aperta a Vincenzo.

Succede anche questo, che si formino improbabili alleanze e contemporanei scontri tra vecchi amici, come quelli tra Tano Pirrone e Sandro Russo: è la guerra, bellezza!

Di altra lettura il pezzo di Rurillo L’Europa di Aurora o l’aurora d’Europa.

Quale Europa, però?
Non sembra al momento, nonostante i tanti proclami di unità, che il confuso assetto del nostro continente riesca a proporre un progetto politico vero.

La guerra in Ucraina ha sconvolto tante teorie considerate ormai acclarate, come quella della fine della storia, o la visione di un mondo ormai dominato dalla globalizzazione, nel senso ampiamente teorizzato della fine dello Stato-nazione a vantaggio dei potenti mercati transnazionali.
In questo quadro, stretti tra pandemia e guerra, tutto il resto passa in secondo piano.

Tra poco a Ponza si vota, eppure sul sito non se ne parla, se non nella cronaca riportata da Vincenzo con Dove sono i giovani?

Non illudiamoci: non se ne parla non solo per la guerra che imperversa, ma proprio perché non se ne parla.
La sensazione – più di una sensazione – è che la comunità ponzese sia ormai veramente alla frutta.
Che, incapace di esprimere movimenti, idee e progetti, si sia avvitata su se stessa, in un gioco in cui le persone, o per meglio dire i personaggi, giochino le loro carte per un potere fine a se stesso.

Tant’è.
Buona Pasqua, nonostante tutto.

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