Politica

Sempre più difficile trovare le ragioni di questa guerra

di Enzo Di Fazio

 

Il dibattito sulle ragioni di questa guerra incredibile e per certi versi insensata, si sta facendo man mano sempre più acceso anche sulle pagine di questo sito.
Lo dimostrano i commenti “incrociati” quasi come fuochi tra Tano, Sandro, Luigi, Vincenzo, commenti contenenti ognuno le motivazioni a sostegno delle proprie idee oltre che di alcune scelte e alcune posizioni.

Tirato in ballo da Sandro dopo che ieri in uno scambio su whatsapp c’eravamo dette alcune cose eccomi a dire oggi pure io la mia.
Non me ne voglia Tano se prendo spunto e propongo alcune letture di interviste a personaggi della cultura che affidano al quotidiano La Repubblica il loro pensiero e le loro osservazioni.
Anche io leggo questo giornale da oltre 40 anni, praticamente da quando nel 1976 Eugenio Scalfari, già direttore dell’Espresso, ebbe l’idea di fondarlo coinvolgendo nell’iniziativa i suoi più fedeli collaboratori del tempo (le motivazioni anche nel commento all’articolo “Cosa sta succedendo a Repubblica?” del 22 aprile 2020)
Si, Repubblica è cambiato, soprattutto da quando è avvenuto l’ultimo cambio di proprietà. Oggi è molto vicina alla linea governativa e al potere economico oltre che alle posizioni filo-ccidentali ma, per quanto mi riguarda, continuo a trovare godibili molti degli scritti che propone e interessanti non pochi autori che ospita, non necessariamente schierati con la linea editoriale del giornale.

Non a caso gli scritti che propongo sono il frutto di interviste, tutte e tre curate da Concetto Vecchio,  a Gianrico Carofiglio, Erri De Luca e Nicola Lagioia, nessuno dei quali, mi pare, stipendiato di Repubblica.
Ho trovato nelle loro parole diversi spunti di riflessione che vanno  oltre la ricerca del colpevole a tutti i costi e dello schieramento di parte, con estenuante analisi delle cause di questa guerra. E con un’incessante voglia di protagonismo.


Nicola Lagioia, scrittore e direttore del Salone del libro di Torino
(foto da La Repubblica)

C’è, per esempio, Nicola Lagioia che spinge ad una riflessione sul fallimento del genere umano che dopo millenni di civilizzazione e a 77 anni dalla fine della seconda guerra mondiale non è in grado di trovare alternative alla guerra per risolvere le controversie umane.
In un passaggio dell’intervista chiede il giornalista:

D. Manca la consapevolezza che nessuno è al riparo?
R. «Alberto Moravia scrisse un libro L’inverno nucleare in cui raccontava del suo viaggio a Hiroshima: “Ecco l’ultima novità: non sono più quel tale individuo a nome Alberto Moravia, non sono più italiano, europeo, ma soltanto un membro della specie. E per giunta membro di una specie destinata, a quanto pare, a estinguersi al più presto”. Era il 1986».

D. Perché questa riflessione non c’è?
R: «Perché paga poco a livello mediatico. Oggi prevale uno schema binario. Gli argomenti divisivi prevalgono sul ragionamento».

Ritornando ai motivi della mia scelta dico d’aver trovato negli scritti che propongo  una posizione diversa da quella che va affermandosi nei talk show e tra le forze politiche, influenzate sempre più dalla propaganda di guerra e dalle accuse reciproche che si scambiano Russia e Ucraina.

Carofiglio, ad esempio, alla domanda del giornalista – “Non è il momento di discutere delle cause?” – risponde:
Possiamo naturalmente riflettere sulle cause, anche remote, a patto che ciò non diventi un alibi per evitare le decisioni
e ancora
“Limitarsi a dire – bisogna aumentare gli sforzi per la pace senza dire come, è un po’ come dire “bisogna essere buoni” o “bisogna voler bene alla mamma”
Ancora dall’intervista a Carofiglio.
Gli italiani sono cauti di fronte all’invio di armi e alle sanzioni” chiede il giornalista e Carofiglio risponde: “La cautela è una virtù, un segno dell’intelligenza e del coraggio maturo
E ancora, alla domanda: “Però lei ha detto che approva l’invio”, risponde:
Se c’è un popolo che si difende da un’aggressione con le bombe diventa complicato difendersi con la clava”.
Vogliamo la pace. Ma siamo certi che la vuole pure Putin?
Bisogna provare a salvare, nei limiti del possibile dei nostri mezzi, l’Ucraina invece che continuare a dire “ah, però, la Nato”
Non dimentichiamo che è stato Putin ad aggredire l’Ucraina.
Di fronte alla domanda: la Russia sta compiendo una cosa abominevole non si può rispondere “Ah, però anche l’America in passato…

Trovo opportuno l’intervento di Emilio Iodice in un commento all’articolo sull’America proposto da Sandro.
L’America potrà avere tutte le colpe e le responsabilità di questa guerra (e di altre nefandezze) ma è innegabile che non c’è paragone tra la libertà come è concepita dall’America, rispetto a quella pressoché inesistente in Russia.
Avranno pure un senso i desideri di tanti popoli dell’Est di entrare in Europa. Avrà pure un senso il desiderio del popolo ucraino di proteggere la propria identità e recuperare la propria libertà se fa appello all’Europa di poterne far parte.
Avrà pure un senso la scelta recente di Finlandia e Svezia, guidate, peraltro, da due donne a dimostrazione di quanta forza e decisionismo siano capaci le donne, di voler far parte della Nato.
Quelle stesse donne che in Russia, nel tentativo di opporsi al regime, hanno perso la vita o sono nel rischio di perderla come Anna Politkovskaya che per opporsi al regime ha pagato con la vita la denuncia dei crimini di guerra commessi dall’esercito russo in Cecenia, o come la giornalista televisiva Marina Ovsyannikova che teme per la sua vita e per quella dei figli da quando ha mostrato un cartello contro l’invasione dell’Ucraina in diretta tv.


Erri De Luca, scrittore (foto da La Repubblica)

E di armi e di resistenza parla Erri De Luca nel commentare la strage di Bucha che paragona a quella che i nazisti fecero a Napoli nel 1943, rappresaglie folle di un esercito che sta perdendo la guerra.

Gli intellettuali hanno un ruolo anche loro in questo disgraziato momento della storia umana.
Sull’evoluzione e sui cambiamenti in molti di loro parla ancora Nicola Lagioia citando, con riferimento all’aspetto cruento di questa guerra, come si siano messi in discussione anche tanti intellettuali pacifisti come Vito Mancuso e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire
“Il vero gesto controcorrente per un intellettuale dovrebbe consistere nel cercare le soluzioni insieme agli altri, attraverso il lavoro di gruppo, attraverso il confronto e il dialogo continuo».
Servirebbe più umiltà? domanda Vecchio
«Sì, ma in giro ne vedo poca».
Così di chiude l’intervista a Lagioia.

In formato pdf gli articoli citati, tutti da la Repubblica e di Concetto Vecchio

Ucraina, Nicola Lagioia – L’ideologia ora fa confondere aggrediti e aggressori
Intervista allo scrittore Gianrico Carofiglio – Perchè non possiamo essere equidistanti
Erri De Luca – I russi a Bucha come i nazisti a Napoli nel 1943 rappresaglie di un esercito che sta perdendo la guerra

 

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