Politica

Lettera aperta a Vincenzo

di Tano Pirrone

Non so che dirti. Vincenzo, staccando l’uno dall’altro tutti gli argomenti e considerandoli uno per uno, è quasi certo che ci troveremmo d’accordo sulla stragrande maggioranza di essi, e, siccome sono perfettamente concatenati, è da prendere in considerazione l’ipotesi di lavoro, che l’immedesimazione potrebbe essere totale.
Eppure sento un forte senso di disagio anche leggendo parole che appartengono al mio lessico, ipotesi che per buona parte condivido eccetera.
Cos’è, allora, che mi dà questo senso di disassamento, di estraneità? È lo stesso senso che ho provato con i no-vax, che ho sentito e sento lontani ed antagonisti. è la visione millenaristica che non lascia spazio a dialogo, a mediazione.
Le posizioni sono storicizzate e su di esse non si può discutere, trovare punti deboli da cui far passare “corridoi umanitari” che pur tra lo stridente contrasto di opinioni non completamente (o punto) coincidenti permettano lo scambio di osservazioni, appunti, modelli interpretativi, arrendevolezze retoriche, senza cui, caro Vincenzo, solo il  dr. Stranamore (1) può continuare – senza successo, naturalmente – la sua battaglia.
In queste settimane di forte e continua dialettica ho proposto uno slogan, che non so se è veramente e in toto mio oppure è stato ripescato dai profondi fondali della mia fosca memoria, non ne ho contezza, ma non è questo che importa, alfine; lo slogan, diciamo così, c’è ed è congruo: «La diplomazia è la prima arma da usare e l’ultima da abbandonare». Ora, la parola slogan deriva dal gaelico scozzese sluagh-ghairm, propriamente grido di guerra! Usiamo pro pace un grido di guerra, bellissimo ed estremamente utile ai fini del nostro discorso: anche le parole di guerra, se usate adeguatamente possono servire a riportare (o mantenere) la pace, che poi credo sia l’ambizione di ogni popolo (vabbè, non è proprio così, ma retoricamente, lasciatemelo dire…).

Bisogna stare, accorti, caro Vincenzo, noi sappiamo di essere più vicini alla verità perché abbiamo perforato con la testarda volontà di conoscere e sapere, nonostante in tanti stiano in cattedra a dirci chi siamo, cosa vogliamo, dove dobbiamo andare e come.
Ma proprio per questo sappiamo che quelle verità sono più facili da comprendere e accettare: un bimbo che soffre distrugge tonnellate di verità storiche; una bimba bruciata dal napalm vale per millanta pagine di storia ed un bambino morto sulla spiaggia vale più di un articolato trattato di aiuti o di alleanza o di diplomazia o qualunque altra cosa non partorita dall’emozione, dal sentimento.
Ma è anche vero che la storia non è catena di sentimenti, ma di fatti, che sono sempre interpretabili.
Questo non significa che non bisogna schierarsi e lottare, anzi; io non potrei mai dirlo, perché da sempre mi schiero e lotto (qualche volta mi sono trovato prima da una parte e poi da un’altra e poi, a volte, sono tornato da dove ero prima partito): rivendico insomma, il diritto sacrosanto alla contraddittorietà, al ripensamento, alla mediazione, allo spostamento della macchina da presa per cogliere angolazioni diverse che nella loro ombra nascondevano tracce di altre verità. Rivendico, soprattutto, amico mio, il diritto al rifiuto assoluto del manicheismo, del pensiero diffuso e assai produttivo che il Male sia sempre da una parte ed il Bene dall’altra; guarda caso, il Male dalla parte dei nostri nemici, fin con essi ad identificarsi ed il Bene, naturalmente, incarnato con noi e con i nostri interessi.

La demonizzazione del nemico è la rinuncia al pensiero ed alla giustizia, è pensiero unico, è l’intolleranza, è la necessità di annullare il nemico, salvo poi inventarne un altro, perché senza nemici non si esiste: esistiamo in quanto ci specchiamo in negativo con un nemico, noi siamo soltanto in quanto nemici di un nemico.

Per tornare, per poco, alla materia del contendere, anzi ad una sua parte – pur importante – io ho, nel dubbio, fermato queste idee che in umiltà ti confido: l’annientamento della Russia è un programma antico del mondo anglosassone, che prescinde dal comunismo stesso, ma da là prende origine e con veemenza carsicamente riemerge, in crescente virulenza.
L’Europa, libera da vincoli e da obblighi, non potrebbe (dovrebbe) prescindere da legami istituzionali con tutti i paesi del Mediterraneo e con la Russia. La Nato è da sempre un fantoccio in mano agli americani.
Oggi come oggi: Biden aveva due mesi fa metà del consenso di quando era stato eletto, avviato, in pratica, al macello. Ha intensificato (esiste da anni una collaborazione sotterranea, piena di impicci, laboratori ecc.) la collaborazione con l’Ucraina, attraverso provocazioni continue. Putin non aspettava altro. “Doveva” fermare le pressioni crescenti ai suoi confini pur regolati da incontrovertibili accordi precedenti. Orbene, la guerra si ferma solo con la pace, non rifornendo gli alleati con le merci dei suoi elettori (di Biden) produttori di armi.
I paesi europei sono totalmente asserviti, senza politiche autonome, con un sistema istituzionale da imbecilli (l’unanimità per tutto), l’ingresso non ordinato e scadenzato di paesi ex comunisti che non hanno (salvo poche eccezioni) né capacità né interessi a omogeneizzarsi con l’Europa. Politiche energetiche fallimentari, che l’hanno portata sotto il giogo russo ed ora dell’America (che ha prodotti scarsi e che costano volte e volte di più), ma rimane la perfida sudditanza economica, strategico-militare, culturale.
Questo è il vassoio.
Su di esso alitano i mass media, per la maggior parte prezzolati defensores fidei, nelle cui fucine ardono fuochi d’inferno in cui i demoni nemici vengono arsi.

 

Note

(1) – L’epicrisi del 6 marzo scorso, di Sandro Russo, è stata totalmente incentrata sul famoso film di Stanley Kubrick del 1964: Il dottor Stranamore  (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb): Epicrisi 362. La situazione è tragica, ma non seria

Immagine di copertina: un murales dell’artista Laika apparso nei pressi delle ambasciate russa e ucraina a Roma (foto Ansa)

2 Comments

2 Comments

  1. vincenzo

    13 Aprile 2022 at 15:56

    Visto che mi hai dedicato una parte del tuo prezioso tempo, caro Tano ti dedico una poesia che forse hai letto e apprezzato quando eri un giovane dissidente ma appassionato di buoni contenuti:

    https://www.bing.com/videos/search?q=costantino+kavafis+itaca&&view=detail&mid=224238D9341F06A49898224238D9341F06A49898&&FORM=VDRVRV

  2. Tano Pirrone

    14 Aprile 2022 at 07:14

    Ho trovato stanotte la tua dedica: la bellissima poesia di uno dei miei poeti moderni preferiti, il mediterraneo Costantinos Kavafis: “Itaca”. Volevo scrivere solo poche righe, ma poi la mano ha seguito il ricordo ed ora non è più un commento. Ho chiesto in Redazione di pubblicare… Grazie.

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