Ambiente e Natura

Ponza-Dubai A/R (andata e ritorno)

di Luigi Dies

Il mondo degli animali ha delle leggi non scritte eppure tutti le rispettano. Quanto può considerarsi migliore il mondo degli umani che di leggi ne scrive anche troppe e alla resa dei conti quelli che le rispettano sono una minoranza?
Gli animali i pesci, gli uccelli, si muovono in branchi, in stormi. C’è un capo-branco che sta lì in mezzo al gruppo. Se arriva, per dire, un “malo pesce”, un gheppio, un predatore qualunque, sta sul campo a rischiare insieme agli altri.
Oggi li vediamo i nostri “capo-branco”. La loro guerra la fanno da dietro alle scrivanie.
I toni sono quelli dell’assalto alla baionetta col pugnale fra i denti. Urla, rullo di tamburi, strepiti belluini, per mandare gli altri a combattere.

In questo modo abbiamo formato sempre “adunate oceaniche” per grandi branchi acefali. Dopo poco abbiamo visto questi stessi branchi sbranare la propria testa.
Cito personaggi recenti perché sia chiaro a tutti: Hitler, Mussolini, Stalin… A un livello meno storicamente rilevante, anzi infimo, i nostri capetti di quartiere sparsi per l’Italia.

Ed ecco che oggi ci si mobilita per una nuova crociata. Nella piazzetta di Sant’Antonio è esplosa la bomba atomica. Tutti ora sono sollecitati ad evitare che questa immane scoria tossica infesti l’isola.

Questo è oggi il nuovo sole di Ponza che non vuole tramontare su personaggi che forse non hanno mai visto neanche l’alba.
Ma facciamo un giro per Ponza, per restare nel nostro piccolo.
Quante bombe atomiche ci sono che hanno lasciato sull’isola brutture, piaghe, crateri, bubboni malefici, bene assortiti tra miasmi, orpelli indecenti, ferite insanabili e indecorose.

Il panorama che nessuno più percepisce essere indecoroso, perché ormai è diventato uno di famiglia, inizia da punta Madonna, più precisamente le Grotte di Pilato, trasformate in albero di Natale con le sue boette a palline arancioni appese tutto l’anno a far loro da coroncina e contemporaneamente in alto sul territorio quella pace che è negata anche ai defunti che rischiano il bagno di mare in estate in inverno. Continuiamo verso la spiaggetta (una volta) più amata da tutti i piccoli ponzesi, la Caletta. Che non esiste più. Una favola cancellata.

Attraversiamo tutto il molo Musco, e mi raccomando, non fermiamoci, perché è zona interdetta per terra e per mare. Eh sì questo è il porto di Ponza. A Ponza chiamiamo porto il mezzo porto che ci rimane.
Ora saliamo la rampa verso piazza “Carlo Pisacane” , personaggio immeritatamente onorato dati i danni e gli stupri che procurò all’isola – molto più meritevole sarebbe Luigi Settembrini per questa intitolazione – sovrastata dalla  monumentale Chiesa parrocchiale che non si sa per quanto tempo ancora conserverà le sue caratteristiche di monumento stante la sua compromessa solidità.
Attraversata in tutto il suo corpo da crepe che la piagano e recentemente scippata di uno degli ultimi gioielli che la decorava. Parlo di quella Araucaria barbaramente assassinata qualche mese fa, di cui ormai nessuno parla più (se era questo che si voleva ottenere: Missione compiuta!).

Attraverso ora solo con il pensiero la piazzetta. In certe stagioni e a una certa ora se la attraversi di persona rischi la tua incolumità.
Per fortuna non hanno (ancora!) messo tavoli nel poco spazio oltre le grate che proteggono il Monumento ai Caduti.Non hai neanche pochi centimetri per poterti affacciare su un altro luogo di storia dell’isola con tutti i suoi velieri a fare carenaggio.
Un sogno, un nuovo desaparecido, lo scalo Mamozio, scalo non più di alaggio, ma come qualcuno sussurra, di inalaggio.
Qui come in tutti gli altri alaggi e arenili dell’isola le imbarcazioni sono out, indesiderate, perseguitate.
Il risultato è un panorama che non trovi in nessun porto di mare, in nessuna isola, in nessun paesino di qualunque costiera italiana.
Le barche – sembra che nessuno lo capisca – sono la caratteristica e il decoro di questi posti di mare. Qui invece trionfano baldacchini, ballatoi balaustre, balere sui generis gremite di ballerini e ballerine bebé.


“Tirem innanz”
, anche qui come il condannato a morte Amatore Sciesa (Milano 1851). Ed eccoci alla Banchina Di Fazio. È questo il momento della giostra, ma quella del Saraceno. È la terra di nessuno. Attraversarla per i pedoni significa trasformarsi in tanti gechi aderenti alla parete e fuggitivi ad ogni avvistamento di automezzo lanciato nel quotidiano safari per le vie dell’isola.

Non gode migliore salute lo scalo Punta Bianca. Qui è intervenuto qualche altro genio che sull’alaggio destinato una volta alle barche che venivano tirate in secco dal mare, ha sostituito i pesci che sempre dal mare sono stati tirati su, ma sono finiti in tutti quei camion frigoriferi parcheggiati h 24 ad arredare ulteriormente questo panorama così suggestivo.  Semmai qualcuno non volesse credere, in qualche occasione può sentire col proprio naso che effettivamente in quei camion il pesce c’è, anche se non gode ottima salute.

Devo andare avanti, devo continuare, attraversiamo tutta la Banchina Nuova. Non devo dirvi io cosa ci sosta e chi ci si muove…
Pancali provvisoriamente parcheggiati, pedane passerelle amovibili che non si muovono mai da qui, camion, gru, muletti, mentre in tutto questo, ad un servizio essenziale, viene riservato uno spazio esiguo.
Per il servizio di rifornimento carburante a mare, a mio modesto avviso, lo spazio riservato è assolutamente insufficiente.
Possiamo continuare e raccontare di altre amenità. Intanto siamo su una banchina che non esisteva. Il mare lambiva gli scogli e le fondamenta delle case sotto le cui finestre oggi fanno bella mostra pedane e tendoni per molteplici attività.
Beh, qui quanto sarebbe stato bello se ci fosse ancora il mare.
Quanto sarebbe bella Dubai se andando ancora per un safari si vedessero le dune invece di grattacieli e i cammelli invece delle Ferrari.

Vado ancora a continuare, l’isola è appena cominciata abbiamo tutto il Corso da contemplare. Erano tutte porticine, finestrelle minuscole e rade. Adesso abbiamo inferriate e saracinesche, bacheche e… bancarelle.
Porta Portese da qui a Santa Maria.
Ma andate e guardate, se non ci siete mai stati a passeggio almeno una volta.


Comunque, volendo, noi la natura e l’isola selvaggia come cent’anni fa ancora ce l’abbiamo. Basta guardare su: verso il “Monte Guardia” è tutto intatto. Tutto ancora quasi come ai vecchi tempi, tranne un piccolo particolare: non c’è una strada agibile, non c’è un sentiero pulito e percorribile. Un capitale abbandonato che continua a degradarsi, dal momento che sembra non susciti particolare interesse. Di ritorno economico immagino.
Forse abbiamo scoperto dove e perché la natura e la tradizione vincono.

Ora siamo sul punto della esplosione atomica dell’ultim’ora. Ancora non si sa che cosa uscirà da dietro queste transenne e già si parla di colate di cemento, palafitte sulla spiaggia, pali inamovibili piantati nel cemento. Né più e né meno come l’altra palafitta che troneggia dirimpettaia lì in fondo, al limite estremo della spiaggia di S. Antonio, ’i Santantuone, come si dice ancora. Io non vedo tanta differenza.
E non si può assolvere la prima solo perché realizzata quando per carenza di regole si poteva per esempio impiantare una miniera e poi una cava che ha scientificamente sventrato alcune contrade di una frazione ancora oggi roccaforte delle tradizioni di Ponza, distruggendo terreni coltivati, abitazioni ed opere di ingegneria idraulica mirabili di epoca romana, e… ciliegina sulla torta, lasciando una scia di scempi non risanati e ripristinati, insolvenza nei pagamenti sia di compensi dovuti sia di risarcimento danni. E a chi lo raccontate il grande regalo della silicosi?

Ponza, spiaggia di Sant’Antonio (foto d’epoca)

Le palafitte fanno senso tutte e due, a me come a tutti. Ma non è che forse la Dubai di Ponza potrebbe iniziare proprio da qui?

Avranno domani i ponzesi – invece di guardare al prossimo scempio su cui scatenarsi a chiacchiere – la consapevolezza di tutte le loro mancanze, quando non uno ma tanti scempi furono attuati, perpetuati, fatti diventare normalità?
La normalità che dichiara balneabile una spiaggia in prossimità di un depuratore che non funziona e che inquina a cielo e mare aperti.

Ma non è che a Ponza ancora non si è capito cosa si vuole?
Sia che si scelgano i grattacieli, sia che si preferiscano i cammelli… ma ci sanno salire in cima all’uno o in groppa all’altro, i ponzesi?
Io penso che – in fondo, invece di tante parole potevo dire solo questo: Se uno si mette dietro a un asino non sarà mai capace di salire in groppa ad un cavallo. E aggiungo: …neanche sarà capace di capire quale dovrebbe essere la giusta altezza dei grattacieli.

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top