Racconti

Come abbiamo fatto la pace

di Silvia Boccardi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un racconto breve della nostra collaboratrice e amica Silvia.
La Redazione

Mi chiamo Mikhail e sono un “oligarca russo”. O meglio, mi presento con questo nome per raccontare questa piccola incredibile storia. Ho bisogno di raccontarla a qualcuno.

Una volta al mese vado a trovare la mia vecchia balia, Marja Ekaterina, ma non lo dico a nessuno perché noi oligarchi rendiamo note solo corse in costosissimi motoscafi o orge nelle dacie, per mantenere la nostra immagine.
– Misha! – dice lei -, devo dirti una cosa! Ma tu non ti adirare e non mi prendere in giro, te ne prego…

Marja Ekaterina è vecchia e ha un bitorzolo sul naso, tante volte le ho proposto di farselo togliere dal miglior chirurgo plastico di Mosca, e magari fare anche un ritocchino generale, ma ha sempre rifiutato con fermezza.
– Marja, lo sai che non mi arrabbio mai con te – ho detto, ed è proprio vero; è l’unica che sa come prendermi.
Ecco, Misha, cuore mio -, alle volte mi chiama così, come quando avevo quattro anni e volevo mangiare solo seduto sulle sue ginocchia – io so perché è scoppiata la guerra!

Ora bisogna dire che Marja Ekaterina, nella sua totale semplicità, è una donna di grande acutezza d’ingegno. Quando ripenso a quello che altre volte mi ha detto capisco che spesso avrei fatto bene ad ascoltarla, cosa che puntualmente non faccio. Ho più di sessanta anni, posseggo una ventina di multinazionali e ancora non ho risolto questo conflitto.
Questa volta però l’aveva sparata troppo grossa e difatti feci subito la faccia scura.
Marja Ekaterina se ne accorse.
Oh, Misha, perdona la tua vecchia serva – disse – sono una stupida che vuole parlare di cose importanti! Cosa ne so io delle cose importanti! Vieni qui e raccontami di tua moglie e dei tuoi figli e bevi il ciaj, prima che si raffreddi!
– Stanno tutti bene – risposi – Elena è un po’ ingrassata, Dimitri e Ivan buttano i soldi con tante stupidaggini inutili, sono ancora giovani…

A questo punto però avevo cominciato a rimuginare e mi era venuta la  curiosità di sapere cosa aveva pensato Marja sullo scoppio della guerra, ma come potevo chiederglielo? Avrei fatto la figura dello stupido..
– Comunque Marja, con me puoi parlare di tutto, sennò perché vengo a trovarti?
Sei troppo buono Misha, sei troppo buono! Tua moglie Elena anche se ha preso qualche chiletto sarà ancora bellissima, hai sposato la donna più bella della Russia! Dimentica quello che ho osato dire, perdona la mia insolenza e parlami tu, raccontami delle tue cose perché quello che mi racconti deve durare per un mese, fino al nostro prossimo incontro!

Adesso Marja Ekaterina voleva farsi un po’ pregare, era una donna buonissima, sempre pronta ad aiutare i parenti e i vicini, ma aveva questo difetto di carattere, era troppo suscettibile.
– Non c’è molto da raccontare Marja! Quello che succede lo sappiamo tutti, abbiamo invaso l’Ucraina e io sto perdendo un sacco di soldi!
Cosa può dire una donna stupida e ignorante come me di queste cose? Già è tanto se riesco a mettere il samovar sul fornello la mattina…

Non c’era niente da fare, se volevo togliermi la curiosità di sapere quello che aveva da dire dovevo capitolare e pronunciare qualche cosa di simile a delle scuse. Chiedere scusa era una cosa contraria a tutti i miei principi, ma forse con lei ce la potevo fare.
Maruska, ascoltami, voglio sapere cosa hai pensato sullo scoppio della guerra. Perdonami se prima ti ho guardato con la faccia scura, sono ancora il tuo ragazzaccio capriccioso…
Visto che me lo chiedi, anima mia, te lo dico. Ti ricordi dello zio Volodia? Il carpentiere, quell’uomo bravo e giudizioso che ha perduto la moglie che è caduta in un fosso l’anno scorso… Beh, due mesi fa Volodia, dopo aver preso una nuova medicina, è uscito di casa con uno sguardo cattivo, ha preso il bastone e ha aggredito la verduraia perché l’insalata non era fresca, poi ha cominciato a bastonare i cavalli del maneggio, che secondo lui avevano fatto i bisogni davanti al suo cancello, ha speso tutti i rubli che aveva risparmiato per comprare cose che non servivano, come dei sacchi di sabbia che ha messo in giardino e nessuno riusciva a farlo ragionare…
E allora? – dissi io.
Adesso te lo spiego, mio cuore. Tu mi hai incoraggiato a parlare e io te lo dico, una vecchia sciocca come me dovrebbe avere capito di essere una nullità assoluta e stare solo zitta, ma forse io lo devo ancora capire. Forse merito anche io delle bastonate come i cavalli del maneggio, e tu bastonami pure, ma prima ascoltami.
Zio Volodia ha la stessa malattia del presidente Putin: tutti e due hanno la faccia gonfia e senza espressione, come se l’anima gli fosse volata via, quando camminano non dondolano le braccia e alle volte gli trema una mano!
Ma cosa stai dicendo Marja Ekaterina! – dissi io.
– Aspetta Misha! E sai cosa vuol dire? Vuol dire che anche il presidente Putin sta prendendo la stessa medicina dello zio Volodia. Per questo si comporta così con l’Ucraina. Katiusha mi ha detto che è una medicina nuova e mi ha letto gli effetti collaterali. Molto comuni: “Perdita totale dei freni inibitori e comportamenti aggressivi”. Infatti il dottor Rostov, qui del villaggio, da quindici giorni gliel’ha sospesa e Volodia si è calmato.

Mentre ascoltavo Marja cominciò a montarmi dentro una forte irritazione, quasi un furore… come si permetteva questa vecchia che non capiva niente… veramente voleva assaggiare il bastone… poi scoppiai in una grande risata. Povera Marja! Erano le fantasie di una povera vecchietta rimbambita, e io che mi ero fatto raccontare tutte queste storie!
Finito di ridere però mi venne un dubbio: era vero che Vladimir non dondolava più le braccia. Avevamo camminato insieme non più di due mesi fa e anche io avevo notato questa stranezza.
– Ascolta Mikhail,  sei proprio tu con la tua casa farmaceutica XXX che hai messo in commercio questa medicina. Pensa a un sistema per non fargliela prendere più, al presidente!
Tu sei completamente pazza Marja Ekaterina, e pazzo sono io che ti ascolto! – tuonai – A parte che sono tutte fantasie, cose fuori dalla realtà, che nascono dalla tua mente debole e invecchiata, ma poi che dovrei fare? Dire io quali sono le cure che deve fare il presidente Putin? Bloccare le importazioni e scatenare la sua ira nei miei confronti? Fare affondare le navi che la trasportano? Cosette mica facili, sai!

Marja tacque.  Prese il samovar e mi versò un’altra tazza di ciaj, e poi si rimise a sedere. Anche se non parlava si capiva dallo sguardo fisso e concentrato che aspettava il momento buono per dire qualcosa.

Tacemmo tutti e due per un minuto, le mie visite duravano sempre poco e si stava avvicinando il momento in cui sarei andato via. Intanto io avevo capito benissimo a quale medicina Marja si stava riferendo, un nuovo prodotto molto efficace, ma del quale  mi aveva parlato l’amministratore della casa farmaceutica perché alle volte allentava in modo incontrollabile i freni inibitori. Oltre a ciò avevo passato mentalmente in rassegna i disturbi di Vladimir, il quale, in alcuni giorni, aveva la faccia gonfia come un pallone. Nel nostro ultimo incontro poi, quello dove aveva camminato senza dondolare le braccia, quando eravamo entrati nel suo studio aveva firmato davanti a me un documento con una firma illeggibile per un improvviso tremore alla mano: tutto combaciava in modo impressionante.
Questa volta però l’orgoglio di noi oligarchi e forse anche lo spirito di contraddizione avevano preso il sopravvento, non potevo chiedere ancora scusa e domandare a Marja che cosa stava pensando, mi ero già abbassato abbastanza davanti a lei, per cui presi il cappello e mi diressi verso l’uscita.
– Cuoricino… e modificare la partita di farmaci diretti al presidente? Ci hai pensato? Non so, sostituire il contenuto delle capsule del farmaco con i sali di magnesio che sono rilassanti… Forse questo lo potresti fare… – disse lei mentre ero sulla porta e mi stavo avvolgendo la sciarpa intorno al collo. Non risposi niente e uscii.

Potrà sembrare strano, ma lo potevo fare. I farmaci diretti in Russia sostavano tutti presso un deposito nei pressi di Zagabria dal quale venivano smistati a tutte le destinazioni e lì c’era un piccolo laboratorio dove lavoravano pochi uomini di mia totale e completa fiducia. Marja lo sapeva bene perché due di questi erano suoi nipoti.
E così, dopo qualche giorno ho dato esattamente queste disposizioni, ho fatto modificare le capsule del farmaco e per una volta ho seguito i consigli di Marja Ekaterina.
Ed è così che abbiamo fatto la pace.

 

3 Comments

3 Comments

  1. Tano Pirrone

    3 Aprile 2022 at 11:44

    Ci siamo già scambiati i complimenti, mia cara amica Silvia, e dette le ragioni del bel racconto, con la giusta” mia osservazione: magari bastasse una pillola da mandar giù per risolvere certi problemi, come questo della guerra grande e irrisolvibile fin quando non si osserveranno gli avvenimenti con distacco, per trovare le cause vere e le responsabilità diffuse. A me, come ti dicevo, quel dottor Alzheimer mi manda ai matti…

  2. Sandro Russo

    3 Aprile 2022 at 19:16

    Benedetta Silvia, che bel raccontino! Grazie! Sei stata capace di riportare a una dimensione “umana” una cosa che molti di noi trovano inconcepibile e al di là della comprensione.

  3. Lorenza Del Tosto

    4 Aprile 2022 at 04:27

    Una delizia questo racconto, pieno di ingegno. Come ogni bella storia, nella sua leggerezza, è pieno di verità. Ma come fai, Silvia, a conoscere tutti questi dettagli? Zagabria, il ciaj… ma non è che lo stai trovando davvero il modo di cambiare quelle pillole?

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