Politica

La guerra e le divisioni della sinistra

segnalato da Tano Pirrone

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Doppia presentazione per un tema importante e di delicato maneggio…

Raramente ho visto la sinistra così divisa, come sull’atteggiamento di tenere nella guerra tra Russia e Ucraina. Divisioni tra i fautori dell’idea di fornire ogni assistenza possibile e aiuto anche in armi agli ucraini; la posizione cosiddetta “Né né” (né con Putin né con la Nato); i sostenitori in linea teorica della resistenza del popolo ucraino (in analogia con la nostra “resistenza”, quella dei partigiani italiani ai nazifascisti durante l’ultima guerra), trattenuti però dall’aumento dei morti che la continuazione e l’inasprimento della guerra avrebbero comportato.
Tutte posizioni profondamente etiche e meditate a lungo, ma che hanno scavato un solco profondo tra le varie anime della Sinistra e atteggiamenti di aspra contrapposizione.
Benvenuto l’articolo segnalato da Tano – di Luca Ricolfi da la Repubblica di oggi 29 marzo 2022 – che pone i termini della questione e analizza i diversi punti di vista.
Sandro Russo

Ridolfi mi ha colpito perché è entrato per una fessura dei fatti che non si vedeva ad occhio nudo e solo un bravo, attento e veramente libero editorialista come Ridolfi, poteva intuire ed elaborare. Nel suo articolo di oggi su Repubblica, coglie aspetti che in molti – più di quanti si creda – hanno in queste settimane colto, fatto loro, pur con la difficoltà di esprimere l’estrema complessità degli avvenimenti in corso. La mia impressione è che, nonostante atteggiamenti poco concilianti, che nulla hanno a che fare con la diplomazia – che è la prima delle armi da afferrare e l’ultima da far cadere – le parti in gioco stanno sforzandosi di trovare un accordo, che non faccia, prima di tutto, perdere la faccia e delegittimare nessuno dei protagonisti. Il monito di Ridolfi toglie ogni retorica, e con chiarezza mostra le condizioni di una parte politica, la sinistra italiana, divisa, forse inconciliabilmente.
Tano Pirrone

Immagine da Jacobin Italia. Photo Corey Torpie for Ocasio2018

Il dibattito
Le due sinistre della guerra
di Luca Ricolfi

Uno dei fenomeni più interessanti che negli ultimi decenni mi è capitato di studiare è la nascita, nella sinistra italiana, del “complesso dei migliori”, ossia dell’attitudine a pensare sé stessa come la rappresentante della parte migliore del Paese. La data di nascita è abbastanza precisa: 1993-1994, sdoganamento del “fascista” Fini da parte di Berlusconi, vittoria del Cavaliere alle elezioni politiche, nascita della seconda Repubblica.
Da allora l’autopercezione della sinistra come eticamente superiore alla destra non è mai venuta meno, ed anzi è dilagata, in Italia e non solo (Hillary Clinton contro Trump). A soffiare sul fuoco dell’autostima dei progressisti hanno contribuito non poco lo stile sgangherato e spesso volgare di Salvini, l’antieuropeismo di parte della destra, nonché, al di fuori dell’Italia, l’emergere di leader politici conservatori non proprio rassicuranti: Orbán, Trump, Marine Le Pen.

Ebbene, la guerra in Ucraina sta, secondo me, sgretolando le basi del complesso dei migliori. La credenza che la sinistra riformista, erede del Partito comunista, rappresenti il Bene, e la destra, berlusconiana o sovranista che sia, rappresenti il Male, sopravvive ancora, ma il problema è che non è più difendibile, nemmeno agli occhi dell’opinione pubblica progressista.

Per capire perché dobbiamo partire da una domanda: perché il Pd di Letta è diventato il partito più atlantista e militarista, pronto non solo a mandare armi all’Ucraina ma a partecipare al riarmo dell’Europa?
La risposta è semplice: se in gioco vi sono la libertà e la democrazia, può il partito che si sente custode del Bene non essere alla testa della difesa delle due supreme conquiste dell’Occidente?
Ovviamente la tentazione è forte, e il Pd è caduto in tentazione. L’ha fatto. Si è messo alla testa del partito del Bene contro il Male assoluto russo. Ci sono due piccoli guai, però, che minano alla radice il progetto della sinistra riformista.

Il primo guaio è lei, Giorgia Meloni. La posizione di Fratelli d’Italia, di appoggio alle scelte del governo in nome dell’interesse nazionale, complica dannatamente le cose: d’ora in poi sarà più difficile accusare la destra di sovranismo, preso atto che il sovranismo di Fratelli d’Italia può plausibilmente essere letto in chiave patriottica, ma soprattutto sarà impossibile rivendicare il monopolio del Bene. Se libertà e democrazia sono il Bene, e se il sostegno all’Ucraina è la cartina di tornasole del proprio impegno, il Pd dovrà prendere atto, d’ora in poi, di essere in buona compagnia. E magari rassegnarsi a registrare che la scelta patriottica di stare risolutamente a fianco dell’Ucraina non è prerogativa di uno schieramento politico ma, semmai, è ciò che accomuna i due maggiori partiti italiani.

C’è un secondo guaio, però, forse ancora più grande, per la retorica della sinistra che si sente eticamente superiore.
Ed è che, ahimè, il Bene ha molte facce. Specialmente in una guerra come quella che stiamo attraversando, il Bene si presenta anche nelle vesti multiformi del pacifismo: dal risoluto e sconcertante invito ad arrendersi rivolto da Piero Sansonetti alla resistenza ucraina, alla “vergogna” del Papa per i propositi di riarmo dell’Occidente, fino alle mille varianti dell’etica del dialogo, del negoziato e della prudenza. Eh già, perché accanto ai grandi valori universali dell’uguaglianza, della libertà e della democrazia, con grande lungimiranza Norberto Bobbio poneva anche il valore della pace, a dispetto di un’epoca che la dava per scontata (un po’ come i giovani danno per scontata la salute).

Ed ecco il problema: fiutando odore di identità (un bene di cui il partito di Grillo ha disperatamente bisogno), il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte si è avventato, con un video scomposto che ricordava l’ultima infelice esternazione di Beppe Grillo, contro l’impegno dell’Italia ad aumentare il budget per la difesa. Enrico Letta ha reagito minimizzando, e assicurando che anche in questo caso – come in passato – si sarebbe trovata una quadra.

Ma riarmo e pacifismo non sono voci del bilancio pubblico, su cui si può agevolmente trovare un punto di equilibrio, presentandolo agli elettori come ragionevole compromesso. La scelta di sostenere militarmente la resistenza ucraina in nome di valori come libertà, democrazia, autodeterminazione dei popoli, è incompatibile con la scelta di non farlo per favorire il dialogo e la pace. Ragionevoli o irragionevoli che siano, prudenti o imprudenti che appaiano, agli occhi degli elettori queste due posizioni sono non solo incompatibili, ma anche entrambe eticamente fondate. Il militante di sinistra può ancora sentirsi dalla parte del Bene, ma oggi si trova a dover scegliere tra due posizioni ciascuna delle quali si presenta con una postura etica.

Di qui una conseguenza per la sinistra riformista, di cui il Pd è la maggiore espressione: d’ora in poi gli sarà impossibile rivendicare una superiorità etica rispetto ai propri avversari. Non solo perché i valori che il Pd proclama di difendere sono condivisi da una parte della destra, finora trattata con sufficienza, quando non con disprezzo. Ma perché la mossa di Conte crea le basi per la nascita di due sinistre, fieramente avvinghiate ai rispettivi valori, come tali non negoziabili. Che cosa sia il Bene in politica non lo sappiamo, e non lo sapremo mai, ma almeno abbiamo la certezza che – d’ora in poi – sarà difficile per chiunque proclamarsene il rappresentante esclusivo.

 

1 Comment

1 Comment

  1. Tano Pirrone

    30 Marzo 2022 at 05:30

    Ho ricevuto sulla mia posta questo commento dell’amico Giorgio B. che trovo estremamente pertinente all’articolo di Ricolfi:
    “D’accordo con Ricolfi, ma direi di più. La cosa più grave non è la scelta di cattive compagnie, quale Meloni è senza ombra di dubbio, bensì l’aver scambiato una pagliacciata in cui i buoni ed i cattivi sembrano quelli delle favole per la scelta dei sacri valori della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli. La superficialità della scelta nasconde l’ignoranza profonda della storia vera ed un suicidio politico in cui il PD brucia le ultime briciole della sua appartenenza alla sinistra, quella vera che ha sempre osteggiato le armi ed i suoi profeti. Non si costruisce la pace comprando carri armati e sottraendo soldi alla scuola ed agli ospedali pubblici. La metamorfosi di cui si è parlato è compiuta, un pugno di democristiani usando la vecchia pratica dell’entrismo si è impadronita del partito che fu della classe operaia, il capitalismo ed i padroni che vendono armi sono serviti”.

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