Libri

“L’ordine del giorno”, passato e presente

di Patrizia Maccotta

Non ho alcuna competenza e non saprei  azzardare commenti o semplici osservazioni sulla guerra in corso. Ho solo incertezze. È la ragione per cui ho ripreso in mano un piccolo, prezioso racconto del 2017 (come sembra lontana quella data! Prima del Covid! Prima della guerra!) che svela le trattative e gli interessi alla base dell’invasione dell’Austria da parte di Hitler.
Il titolo di questo scritto, che potrebbe anche essere definito saggio, è asciutto e volutamente anonimo: L’ordine del giorno. Con questa opera pubblicata in Italia, nella traduzione di Alberto Bracci Testasecca, dalle Edizioni e/o, l’autore Eric Vuillard ha vinto il prestigioso Prix Goncourt nel 2017.

Eric Vuillard è nato il 4 maggio 1968 a Lione. Dopo avere conseguito un Diploma di Studi Approfonditi, DEA (Diplome d’Etudes Approfondies), sotto la direzione di Jacques Derida, si laurea in filosofia ed antropologia. Le sue opere hanno spesso come spunto un evento storico: Conquistadors (2009) si ispira alla caduta dell’impero Inca; Congo (2012) racconta una storia coloniale di sfruttamento economico; 14 juillet (2016) non ha bisogno di commenti.

L’ordre du jour si divide in sedici capitoli. Nei primi due capitoli, Riunione Segreta  e Le maschere, assistiamo all’incontro – il 22 febbraio 1933 (la data ci ricorda il 24 febbraio di quest’anno) – dei grandi industriali tedeschi con Hitler al quale daranno il loro totale appoggio, morale ed economico.
Ci sono i rappresentanti delle famiglie Opel, Krupp, Flick, Reuter, Smitt. Sono in tutto ventiquattro e sono accolti da Hermann Göring, il presidente del Reichstag.
Si udirono rumori di porte e, finalmente, il nuovo cancelliere fece il suo ingresso in salotto. Quelli che non l’avevano mai incontrato erano curiosi di vederlo. Hitler era sorridente, rilassato, niente affatto come lo immaginavano, affabile, addirittura cordiale, molto più cordiale di quanto pensavano.
Eh sì… i dittatori non sono mai come appaiono e, soprattutto, non sono mai soli. Non sono, come a volte si racconta, dei mostri isolati. Hanno bisogno di consensi e di appoggi economici. Non era solo Hitler. E forse solo Putin?

Nel terzo capitolo, Una visita di cortesia, viene descritta la sottovalutazione del pericolo da parte dei paesi europei. Lord Halifax, Presidente del Consiglio inglese, benché conosca le negatività personificate da Hermann Göring che lo accoglie e benché i nazisti abbiano ormai abbandonato ogni ritegno, scrive dopo il suo incontro con Hitler (che tra l’altro scambia all’inizio per un domestico!): – Il nazionalismo e il razzismo sono forze potenti, ma non le considero né immorali né contro natura.  Queste furono le premesse di quella che ancora oggi viene chiamata “politica di appeasement”!

Prima della visita di Halifax ci viene spiegato in Intimidazioni che Hitler aveva già illustrato la sua “teoria dello spazio vitale” e che Goebbels aveva inaugurato a Monaco una mostra sul tema “L’eterno ebreo”. Halifax non avrebbe dovuto sottovalutare.
Nel Colloquio del Berghoff, Kurt Von Schuschnigg, capo del governo austriaco, viene trattato come uno scolaretto da un Hitler sprezzante che gli impone le sue condizioni. Mi viene in mente il video in cui Putin gela con uno sguardo il capo dei suoi servizi segreti. E che dire delle manovre militari?
“Nei giorni successivi, l’esercito tedesco compì manovre intimidatorie. Hitler aveva ordinato ai suoi migliori generali di simulare i preparativi di un’invasione (…).
– È semplicemente una manovra psicologica, una minaccia – ci viene spiegato in Come non decidere. Anche questa tattica mi ricorda qualcosa.
A Vienna – sì certo, siamo a Vienna non a Kiev e siamo nel 1938 – la paura sale. Seyss- Inquart sarà nominato, come lo ha deciso Hitler, ministro dell’Interno. È un nazista, ma che diamine, è un nazista moderato! Ama Bruckner  ed ascolta la musica classica, ma non esiterà ad incorporare l’Austria al terzo Reich.
Dopo Un tentativo disperato e Una giornata al telefono, il presidente austriaco ,  Wilhelm Miklas, è costretto a dare le dimissioni. Eppure resiste: – Lui che era così scialbo, una semplice comparsa, presidente di una repubblica defunta da cinque anni  – , improvvisamente recalcitra e rifiuta di nominare Seyss-Inquart cancelliere. Si profila la figura di un uomo che è di mestiere un sceneggiatore, un attore comico, e che ora recita una parte forse troppo grande per lui: l’attuale presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj. Purtroppo Miklas è costretto a tornare indietro e – mentre l’Inghilterra è andata a letto e dorme sonni tranquilli, mentre la Francia sogna beatamente, mentre tutti se ne fregano, cede e nomina il nazista Seyss-Inquart cancelliere d’Austria.
Siamo ormai arrivati al mese di marzo. Pure il conflitto tra la Russia e l’Ucraina è arrivato al mese di marzo, anche se nessuno dorme oggi sonni tranquilli.

A  Londra, invitato ad un Pranzo di addio a Downing Street, il ministro degli Affari Esteri Joachim von Ribbentrop si congeda da Chamberlain facendo durare a lungo il pranzo – una piccola e gustosa presa in giro da parte sua – consapevole che il messaggio che è stato recapitato al primo Ministro annuncia l’invasione dell’Austria. Il 12 marzo è il giorno della Blitzkrieg e l’atmosfera a Vienna pare sia festosa. Ma succede, inaspettatamente… Un ingorgo di Panzer.
I tank sono stati prodotti all’estero, tramite società di facciata… come si diceva, la complicità. L’esercito è costretto a farli arrivare a Vienna caricati su un treno perché ce ne sono troppi in panne. Sarebbe da ridere se non si preparasse una tragedia. Esistevano già all’epoca le Intercettazioni telefoniche che inchioderanno Göring durante il processo di Norimberga (1945 – 1946) e la vita si prende beffa della Storia esponendo le divise dei soldati tedeschi ed i loro stivali all’Hollywood Palace dentro Il negozio degli accessori – dove vengono conservate tutte le divise delle varie epoche, prima che Hitler aggredisca la Francia: – E mentre il Fuhrer stava ancora preparando l’aggressione contro la Francia (…) i vestiti dei militari nazisti sono già riposti nel magazzino degli accessori. Quante cose non si sapevano allora e quante ne ignoriamo anche noi oggi!
Tutti insieme appassionatamente l’Austria accoglie la sua annessione e – i cinegiornali dell’epoca ci danno la sensazione di una macchina implacabile.

Ci fanno quasi tenerezza questi cinegiornali in bianco e nero; quante notizie, invece, ci forniscono i mezzi di informazioni odierni! Sono tutte veritiere? I commenti in tempo reale  sono tutti comprensibili? E le immagini ed i commenti ci trasportano veramente là dove si soffre e si muore sul serio?
Alla conferenza di Monaco, il Primo Ministro francese Edouard Daladier e Neville Chamberlain cercano invano di strappare a Hitler delle concessioni ridicole. Daladier ai microfoni di Radio Paris dirà che ha la certezza di avere salvato la pace in Europa. Ma non crede lui stesso a quello che dice: – Che coglioni, se sapessero! – pare abbia mormorato scendendo dall’aereo che lo riportava a casa.

Ma non proprio tutti sono festosi. Vuillard ci fa scoprire che – subito prima dell’Anchluss, ci furono più di millesettecento suicidi in una settimana e che I Morti (sono soprattutto degli ebrei che hanno capito la piega che stavano prendendo gli eventi) non si possono considerare suicidati: – Alma Biro non si è suicidata. Karl Schlesinger non si è suicidato. Leopold Bien non si è suicidato. E nemmeno Helene Kuhner. Nessuno di loro (…) A sconvolgerli non è stata una disperazione privata. Il loro dolore è un fatto collettivo. E il loro suicidio è il delitto di un altro.

Il resto è Storia: il 1° settembre 1939 inizia la seconda guerra mondiale. In Italia, Benito Mussolini annuncia la dichiarazione di guerra dal balcone di Palazzo Venezia il 10 giugno 1940.
– Ma chi è tutta questa gente? – pare si chiese Gustav Krupp, nel momento della disfatta, prendendo coscienza di quanti morti avesse fatto la guerra promossa dall’uomo che aveva sostenuto. Perché, anche se ci fa comodo crederlo, non esistono uomini soli al comando; intorno a loro si schierano interessi, complicità e silenzi.

La storia non si ripete. Eppure oggi predomina la sensazione di incredulità: come siamo potuti arrivare a questo? Un’altra volta?

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Russo

    10 Marzo 2022 at 23:31

    Eccellente recensione, cui avrei un solo appunto da muovere: è così precisa ed esauriente da rendere quasi superflua la lettura del libro.
    Questa presentazione, associata ad alcune letture di questi giorni, mi hanno ricordato un film ragguardevole – Infanzia di un capo, di Brady Corbet (2015), da un racconto di Sartre – che si può definire ‘storico’, pur con una angolazione particolare -, ambientato in una grande villa vicino Parigi che ospita i lavori per il Trattato di Pace alla fine alla Prima Guerra Mondiale.
    “Il senno del poi” ha una cattiva fama, ma a volte riesce a produrre capolavori!

  2. Tano Pirrone

    11 Marzo 2022 at 07:53

    La “Storia” raccontata da Patrizia ha sempre qualcosa di diverso: le certezze assolute cedono il passo al dubbio e alla riflessione, emergono particolari che nessuno storico prenderebbe in considerazione, ma che servono a dare “colore” all’articolo, che significa, in soldoni, farlo comprendere di più con una semplice passata di cipria. Patrizia mi aveva consigliato la lettura del libro: da qualche parte conservo l’appunto che avevo preso per avviare tutta la procedura necessaria: trovare il libro, acquistarlo (o prenderlo in prestito da BiblioTu, leggerlo, annotarlo, scrivere una recensione). Ma quel veloce appunto è finito sommerso da altri appunti, su altre cose da leggere, da scrivere, da guardare o da sentire (una delle sinfonie di Rachmaninov, per esempio, titolo colto a volo in uno dei tanti articoli letti in queste settimane, alla ricerca di una risposta equilibrata, di un segnale di speranza, di un indizio di chiarezza).
    E benissimo ha fatto Patrizia e con Lei mi complimento e la ringrazio… ma, voglio chiederle una cosa, questa: in Francia c’è un diploma di “Studi approfonditi”? Chiamati così perché? Per distinguerli da quelli superficiali, “en passant”?

  3. Ho ricevuto la risposta da Patrizia per posta celere (whatsapp). Eccola:
    «Il bello con Tano e Sandro è che il gioco non finisce mai: tu scrivi qualcosa, citi un testo, metti un nome, ed ecco che saltano fuori altri testi, altri nomi oppure domande! Ma che bello che è! Quanti stimoli! Mi ricordo ancora il primo testo inviato a Ponzaracconta, due anni fa, corretto e riveduto da Tano! Ormai ho preso gusto e sono grata a loro due che mi seguono sempre.
    Ora basta divagare! Risposta: le DEA (Diplome d’Etudes Approfondies) non esiste più. È stato abolito nel 2006.
    Prima il corso degli studi era il seguente in Francia: baccalauréat (maturità) – 3 anni di Università = licence – altro anno = maîtrise – altro anno = Doctorat e infine Agrégation. A secondo del titolo, nei licei, cambiano il numero di ore di insegnamento e cambiano gli emolumenti. Un professeur agrégé ha pochissime ore e uno stipendio molto alto. È un privilegio averlo.
    Il DEA era, in quel sistema, un anno in più da fare prima del Doctorat, conseguendo un Doctorat di livello superiore. È stato sostituito da un Master. Ora il percorso è Licence, Master (che ingloba la maîtrise) e Doctorat.
    Discorso molto tecnico!
    All’epoca di Vuillard il DEA esisteva. Lui ha un percorso “alto”.»

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