Attualità

L’orrore della guerra

di Pasquale Scarpati

Spesso noi, presi dalla nostra vita quotidiana, pensiamo alle nostre “piccole” beghe che ci sembrano enormi ed insormontabili. Ma sono nulla, se paragonate all’orrore della guerra. La quale emana odori nauseabondi: puzza di morte, puzza dell’odore acro della polvere da sparo, puzza di case bruciate, puzza di nafta mista a sangue. Puzza di cadaveri e pezzi di carne umana sparsi nel fango o nella polvere. Non ci sono parole, per descrivere la guerra.

Risuona del pianto straziante di madri e di quello disperato di bimbi innocenti. Risuona dei colpi di mortaio e del sibilo di bombe. Fa sentire i morsi della fame e manda all’aria, sotto le bombe, tutto il nostro modo di vivere.
Il nostro mondo viene coperto da cumuli di macerie e va in fumo in alte lingue di fiamme.
La guerra ci fa sentire piccoli piccoli.
Qualcuno ci parla, spaventato, della privazioni che potremmo sopportare. È la guerra reale, autentica? Oppure sono i miei pensieri ad essere crudi, atroci?
Purtroppo è la guerra che si è affacciata alla nostre porte senza essere invitata. Per il momento resta sull’uscio della porta.
È la guerra del… secolo scorso -, qualcuno ha detto.
Proprio perché del secolo scorso sembrava lontana anzi lontanissima.
Per questo restiamo perplessi e dolorosamente stupefatti.
– Ma come –  ci chiediamo – E’ mai possibile?
E invece ci siamo accorti che la guerra ha sempre la stessa faccia. Non cambia mai.

Ciò che ci sorprende è che non è né una finzione cinematografica né un combat film (documentari girati sui fronti di guerra durante il secondo conflitto mondiale): è la cruda realtà anche se viene parzialmente nascosta. Ma la si può immaginare…
La guerra è sempre la stessa. La differenza consiste che i nostri padri attingevano l’acqua dai pozzi e non usavano le pillole per guarire o combattere le malattie. Non usavano gas e poca elettricità. Strappavano i denti cariati con un filo legato da un capo al dente e dall’altro ad una porta, cosicché chiudendola violentemente si auguravano di risolvere il problema. Non siamo più abituati a questi metodi arcaici né alle rinunce, neanche a quelle più piccole o per meglio dire alcune di quelle, anche se piccole, ci appaiono enormi, insormontabili.
L’orrore della guerra guerreggiata riempie i nostri occhi e la nostra mente. Abbiamo la paura di affrontare un ignoto molto vago. Tutti ci chiediamo con spavento: Come si fa, se…? Questo lo sa bene, invece, chi governa una popolazione ancora avvezza, nella stragrande maggioranza, a quelli che per noi sarebbero, nel quotidiano, enormi sacrifici. Attingono ancora l’acqua dai pozzi e mangiano tutto nello stesso piatto. Non si chiedono quale profumo devono spargere sul corpo dopo una doccia anche perché non esiste né profumo né doccia. Pendono ciecamente dalle sue labbra. E’ il protettore e super-eroe.  Chi governa quei Paesi conosce sia la situazione interna al suo Paese sia quella degli altri Stati. Soprattutto conosce la condizione psicologica degli uni e degli altri. Sa bene che negli Stati opulenti difficilmente si può parlare di rinunce. Agita, poi, lo spettro della catastrofe nucleare come se il suo popolo ne fosse immune.
Siamo preoccupati per gli attacchi alle centrali nucleari.  Penso sia in falso problema perché una loro distruzione coinvolgerebbe tutti: belligeranti e non belligeranti. Popoli vicini e popoli lontani.
Qualcuno potrebbe anche pensare: – Muoia Sansone con tutti i Filistei!
Oppure: – Non importa se muoiono milioni di persone, basta che uno solo sopravviva.  In tale ipotesi, però, non è dato sapere (ma si può immaginare) chi potrebbe essere il sopravvissuto e soprattutto quale scenario naturale si presenterebbe ai suoi occhi! (ci bastò Cernobyl per avere qualche sentore!).
E’ possibile e concepibile questo modo di pensare? Se dovesse succedere un simile evento non ci sarebbero né vinti né vincitori. Siamo tutti sconfitti. Già adesso siamo sconfitti perché si è dato fiato ai nazionalismi esasperati. Per questo il dialogo si è interrotto e, mentre si chiudevano le bocche umane, si sono aperte quelle da fuoco. Queste sputano proiettili che sono “ignoranti” perché non conoscono né lingua né costumi né cultura, sono monocordi e non hanno occhi per vedere. Colpiscono, infatti, donne e bambini, giovani ed anziani, ospedali, abitazioni civili e strutture militari, opere d’arte e pezzi di pietra. Siamo sconfitti. Sconfitti perché non si è voluto trovare un punto di accordo. Sconfitti perché siamo stati “ingenui e disattenti”.

Mi fa pensare che ciò non sarebbe accaduto se si fosse stati più attenti come durante il periodo della guerra fredda. È vero: allora bastava una scintilla per scatenare un conflitto planetario ma forse, usciti da un conflitto di immani proporzioni, si era più consapevoli dei rischi. Tenere alta la guardia serviva da deterrente per chiunque. Così come si dimostrò nella crisi di Cuba del 1962 (leggi qui). Ma quelli (Kennedy e Kruscev) si dimostrarono accorti rinunciando ambedue a qualcosa in nome della pace. Per trovare un accordo, infatti, bisogna dare e rinunciare.
Poi ognuno dirà la sua. Ma quando ci si “addormenta” potrebbe capitare che qualcuno ne approfitta (il lupo approfitta sempre se il pastore dorme) così anche quando la corsa agli armamenti eccede e diventa preponderante su tutto. Perché, tra l’altro, essa fa da substrato ai nazionalismi sfrenati, principale causa di tutti i conflitti. La vigilanza, i negoziati portati fino allo sfinimento, gli accordi (anche se non sempre, anzi quasi mai, essi vanno secondo ciò che si era prefissato) sono sempre le armi più efficaci ed è anche un modo per… “parare Pacem”.
Pace va gridando Pasquale, uno dei tanti.

Immagini dell’articolo. La manifestazione per la Pace di ieri a Roma (foto inviate da Giovanna Maddaluna)

3 Comments

3 Comments

  1. Giuseppe Mazzella di Rurillo

    9 Marzo 2022 at 07:01

    La chiave di Altiero per la pace

    Due inverni fa, quando per la prima volta drasticamente fummo tutti confinati in casa, rilessi e sottolineai – il mio metodo per leggere e capire – il “Manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi i due autori principali.
    Era un piccolo intenso libricino che uscì alcuni anni fa in una raccolta dal titolo significativo “Il pensiero libero” in allegato al Corriere della Sera. Ho tutta la raccolta. Ogni libretto costava un euro. Si può fare una biblioteca con quella raccolta! Il Manifesto di Ventotene contiene due saggi di Spinelli ed un saggio del prof. Levi di Torino sul pensiero di Spinelli.
    Ne rimasi affascinato ed a mia volta ne volevo fare un saggio con le mie considerazioni.
    Il punto fondamentale di Spinelli è il nazionalismo o meglio “i nazionalismi”.
    Per Spinelli sono i nazionalismi che hanno causato le guerre in Europa. Quindi se non si superano i nazionalismi non si possono estirpare le guerre. Da qui l’utopia di una Europa unita che desse una patria comune agli europei con una missione comune per il mondo intero: poiché noi siamo stati i maestri di tutte le guerre non solo prendiamo impegno di non farne più, ma diciamo al mondo intero di non farne più perché non si risolve alcun problema. Anzi. Si aggravano.
    Mettere questo “pensiero fisso” al centro di una azione politica nel 1941 – quando fu scritto il Manifesto – significava andare contro tutti e predicare nel deserto.
    Spinelli – me lo immagino – era confinato a Ventotene spazzata dal vento e alloggia a in una casetta di pescatori. Fa le sue considerazioni e discussioni con Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni ed è malvisto sia dai confinati – erano circa mille – comunisti socialisti e azionisti. I tre venivano rispettivamente dal PCI, dal PSI e dal piccolo Partito d’Azione. Erano antesignani sia dell’europeismo che del liberalismo socialista. Spinelli fu espulso dal PCI. Colorni socialista morì a Roma nel 1944. Rossi divenne un giornalista polemista senza tessera, senza il Pd’A ma restò sempre un liberale.
    Ma la convinzione di Spinelli contro i nazionalismi è diventata realtà europea oggi e mai come oggi ci sentiamo uniti: tedeschi, francesi italiani.
    Mai come oggi diciamo no alla guerra. Lo diciamo ai russi con immensa umiltà.
    Mai come oggi siamo contro gli invasori e vicini al popolo ucraino.
    Che la chiave di Altiero sia capace di liberare dal fanatismo il cuore arido di un dittatore.
    G. M. di R.

  2. Pasquale Scarpati

    12 Marzo 2022 at 18:12

    Considerazioni a distanza di qualche giorno
    In tutta questa tragedia ho capito che:
    1) Oggi non si può parlare più di “autarchia”: siamo molto interdipendenti (ancor più rispetto al passato);
    2) I motivi per muovere guerra, in questo mondo pur diventato piccolo piccolo, sono sempre gli stessi del passato;
    3) Esistono i figli di Dio e quelli di un dio minore che devono essere sacrificati sull’altare (come sempre, dice Quasimodo);
    4) Per ironia della sorte, lo spettro nucleare fa combattere una guerra di altri tempi. Infatti il terrore della guerra nucleare (con migliaia di megatoni che circolerebbero per aria ed in Natura per decenni e per secoli: chi si salverebbe?) ha fatto sì che qualcuno abbia preso l’iniziativa (il coraggio!?) per picchiare alla maniera antica; fortemente picchia fino ad ottenere ciò che vuole ed altri che stanno lì lanciando segnali (morbidi da una parte e duri dall’altra) alla controparte ma fondamentalmente un po’ terrorizzati ed increduli perché Coventry, Dresda e Napoli sembravano lontane, anzi una favola.
    5) L’iniziativa o “coraggio” è scaturito da errori di valutazione da una parte e dal sentirsi “strangolato” dall’altra (della serie: “l’occasione fa l’uomo ladro e/o la fame fa uscire il lupo dal bosco”).
    6) Il dilemma, adesso, è conoscere cosa recepirà la controparte: debolezza o fermezza? (Adolfo, purtroppo, pensava che gli occidentali fossero pusillanimi e amanti della pace ad ogni costo con le conseguenze catastrofiche che tutti conosciamo).
    7) Fondamentalmente tutto è rimasto come nei secoli addietro salvo la minaccia nucleare;
    8) Infine, non bisogna più dare tutto per scontato (anche a livello locale): bisogna aguzzare la vista… della mente: il mondo che scivola liscio, liscio come la nave che naviga sul mare liscio come l’olio o appena increspato da un leggero maestrale (le nostre beghe, piccole se paragonate a ciò che sta succedendo); penso siamo sulla rotta di Palmarola (il tramonto). Pasquale

  3. Giuseppe Mazzella di Rurillo

    17 Marzo 2022 at 18:37

    Ucraina: la pace subito

    Adesso bisogna fare la pace subito prima che tutto il mondo si infiammi. I toni tra i contendenti sono altissimi mai raggiunti in 75 anni di “guerra fredda”.
    Biden e Putin parlano al mondo intero con toni che è difficile trovare anche su Facebook che è una comunicazione fra persone. A molte di queste persone viene chiesto nel nostro scambio epistolare telematico di abbassare i toni. Di moderare i termini. Di non dire sciocchezze. Di bandire la mistificazione. Insomma di controllare i nervi. Se Biden parla di Putin come “criminale” come ci si può sedere intorno a un tavolo per discutere? Non è una lite verbale su un social. É un discorso al mondo.
    E a me, cittadino italiano, appare ormai un mondo in fiamme. Ma dove sta la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 scritta da Eleonora? Dove sono le regole comuni dei paesi aderenti all’ONU? Basta! Basta! Basta! Abbiate pietà dei bambini!
    Se un bambino viene ucciso è l’umanità che viene uccisa! Stiamo da 22 giorni vedendo massacri, tragedie umane, palazzi e case distrutti.
    È la barbarie che è tornata o l’Anticristo che temeva padre Jorge ne “Il nome della rosa” di Umberto Eco nel secolo 14simo. Un cieco fanatico sta distruggendo l’antica abbazia dove si custodiva il libro!
    Putin sta isolando la Russia dal mondo intero e riportando tutto il suo popolo di 160 milioni di persone al tempo di Padre Jorge ed ha il potere di distruggere tutta l’abbazia simbolo del cammino – lungo accidentato contraddittorio – della storia umana!!
    Basta!
    G. M. di R.

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