Esteri

Di quel poco che so sull’Ucraina…

proposto da Enzo Di Giovanni

Questo pezzo lo abbiamo “scovato” tra le tante voci che si rincorrono in rete.
Ci piaceva l’idea di riportare il pensiero di chi, fuori da ogni retorica di parte e dai salotti televisivi dei troppi politologi di mestiere, esprimesse un punto di vista diretto, lucido e chiaro di chi ha vissuto sul campo le premesse della tragedia che stiamo vivendo in questi giorni.
Di Michele Lebotti, da http://www.iacchite.blog (inserto telematico di Cosenza sport).

La crisi in Ucraina spiegata in due (beh, non proprio due) parole.

In Ucraina ho vissuto un anno meraviglioso, a cavallo fra il 2009 e il 2010, viaggiando in lungo e largo per il paese per motivi di lavoro, finendo poi col trascorrere un’estate splendida in Crimea. Nei miei spostamenti, mi rendevo sempre conto che quel paese aveva (ed ha) due anime, distinte, separate fondamentalmente dal corso di un fiume, il Dniepr.
Un’anima russa, propriamente russa, di ucraini che parlano russo, che sono di religione ortodossa e che sono eredi di quella cultura del Don che non ha mai conosciuto un confine reale fra Russia e Ucraina. Faccio notare che in russo la parola stessa У-край на vuol dire: presso/lungo i confini.
L’altra anima del paese è invece propriamente slava e mitteleuropea, direi quasi asburgica, considerato che a Leopoli furono incoronati ben due imperatori della casata imperiale austriaca. La Galizia, i Carpazi, tutti i territori fra Polonia e Ucraina esprimono infatti una cultura diversa, fondamentalmente cattolici, si parla ucraino, si avverte da secoli, la Russia, come un vicino ingombrante.
In effetti anche se si guarda la mappa dell’Europa, si nota che l’Ucraina ha la forma di un ponte. Ora questo essere ponte fra due mondi, che ha sempre trovato in Kiev, la bellissima capitale, la sua sintesi ideale, invece di divenire un vantaggio strategico per il paese, è diventato nel tempo la sua grande tara.


Come si è arrivati a questa polarizzazione drammatica?
Facciamo un passo indietro: fine dell’URSS, nascono, nelle repubbliche dell’ex impero, le pseudo-monarchie dei Lukashenko (Bielorussia), degli Aleev (Azerbaijan), dei Nazarbayev (Kazakistan) etc etc… A Kiev si instaura un governo di incapaci attaccato alla tetta russa, che però di latte, all’indomani del crollo sovietico, ne ha ben poco. Il paese si impoverisce, le infrastrutture non reggono, la gente scende finalmente in piazza chiedendo rinnovamento. Sono i giorni di speranza della rivoluzione arancione (2004). La rivoluzione riesce, il governo in carica di dimette, le elezioni vengono vinte da Victor Yushenko, professore, scacchista, persona onesta, ma pessimo politico, e soprattutto, amministratore incapace. Fra i tanti errori di Yushenko c’è quello di mettersi vicino una pasionaria fascistoide, Yulia Timoshenko, che contribuirà non poco ad avvelenare l’aria del paese. Il governo Yushenko non funziona, la grivna crolla, la gente continua ad impoverirsi, le grandi speranze rimangono disilluse. Si torna a votare e questa volta, l’esito del voto premia un altro Victor, Yanukovich, espressione della parte russofona e russofila del paese, fra cui il Donbass appunto, essendo lui stesso nato a Donetsk. Ex malavitoso, uomo controllato dal FSB, estremamente corrotto.


È l’anno in cui arrivo a Kiev. Il mio autista è anche un musicista, per la precisione oboista della Filarmonica di Stato. La quale filarmonica, ogni giovedì, va in casa di Yanukovich, un enorme villa sopra l’Arsenalnaya, a suonare per il presidente e per le sue feste.
Si ferma l’occidentalizzazione del paese, ci si riavvicina alla Russia. Tuttavia alcuni impegni come i colloqui per una pre-adesione all’UE erano stati già presi dal governo precedente. Yanukovich stoppa tutto. Questo scatena la rabbia delle generazioni più giovani e della parte del paese ad occidente del Dniepr.
E’ la rivoluzione di Maidan (2014), la grande piazza che si apre sul Kreshatik, la via principale della capitale.
Yanukovich viene rimosso con la forza, da frange organizzatissime dietro le quali fra gli altri c’è la stessa Timoshenko. Ma Yanukovich era stato eletto democraticamente e quella parte del paese che lo aveva eletto, non ci sta. E’ contro-rivolta, vengono occupati i municipi di Lugansk, Donetsk, Sebastopoli.. E in questa fase, il nuovo governo di Kiev non trova di meglio che inviare in quelle province i carri armati. Contro una parte del proprio popolo. Un’assurdita! La Russia manda i rinforzi tecnici e paramilitari che l’esercito ucraino non ha la forza di sconfiggere. Putin vede un’occasione unica e si prende la Crimea, senza sparare un colpo.
La situazione si cristallizza e questo status quo viene sancito internazionalmente dagli accordi di Minsk nel 2014. Fino a ieri sera.

Considerazioni finali: nelle situazioni così complesse il male e il bene, la ragione e il torto non stanno mai da una parte sola.
La NATO non può pensare di bussare alla porta di territori e paesi che sono al confine dello spazio strategico vitale della Federazione Russa. Ne’ può giustificare la sua esistenza con il solo spauracchio della russofobia.

La Federazione Russa non può pensare di violare la sovranità di paesi che sono comunque paesi terzi e indipendenti, né può continuare ad inquinare il processo di integrazione europeo (l’unico argomento che vede convergere gli interessi russi e americani).
Si può ammettere che l’Ucraina non entri mai nella NATO ma non si può costringere nessuno a firmare un accordo scritto sulla testa di uno stato terzo, come vorrebbero i russi.
Gli USA non possono forzare la mano senza capire che i rapporti geopolitici fra Russia e Europa sono molto più complessi e interconnessi di quello che gli americani stessi vorrebbero. A 6000 km di distanza se ne fottono. Per loro l’energia non è un problema, per noi sì.
L’Europa dovrà parlare con una voce sola, e dovrà mediare. Ne va del suo, pardon, del nostro futuro. Il resto lo leggeremo sui giornali a partire da domani…
Michele Lebotti

***

Appendice del 26.02.2022 (cfr. Commento di Sandro Russo)

4 Comments

4 Comments

  1. Sandro Russo

    26 Febbraio 2022 at 13:02

    Si diceva stamane, nelle consuete chiacchiere per whatsapp tra noi (mattinieri) della redazione, che una foto che avevamo visto in molti, di Zelensky con l’elmetto, somigliava insopportabilmente all’ultima foto di Salvador Allende, all’interno della Moneda, all’epilogo del golpe in Cile.

    Ero sensibilizzato, sul personaggio Zelensky, perché avevo notato questo commento, nella Posta di Francesco Merlo, su la Repubblica di giovedì scorso 24 febbr., in risposta alla lettera di una lettrice.

    Da: “Posta e risposta”
    Grillo e Zelensky destini di comici

    Caro Merlo,
    ogni volta che si parla di Zelensky penso a Beppe Grillo. Sono due ex comici e anche Zelensky, che era chiamato il “Grillo ucraino”, vinse le elezioni con la demagogia del “siete tutti ladri, tranne noi”. Grillo non è stato all’altezza dell’Italia, Zelensky lo sarà dell’Ucraina?
    Annina Zurlan — Trieste

    È vero che sono entrambi figli della sbornia populista e hanno la stessa formazione palesemente inadeguata, ma Zelensky, a cui la Storia ha messo di fronte la tragedia, è sfuggito al destino di irrilevanza del fondatore del partito italiano di maggioranza relativa a cui la Storia ha messo di fronte la commedia. C’è qualcosa di eroico nell’ex comico ucraino che si sta scoprendo abile e calmo statista contro un potentissimo nemico che nega l’esistenza stessa del suo Paese, la sua identità culturale e la sua lingua prima ancora dei suoi confini.
    Fermo nella difesa della sua patria, Zelensky sta smentendo la propria natura di arruffapopolo di talento, di “Grillo ucraino” appunto, come l’italiano di Monicelli (Gassman e Sordi) che ne La Grande Guerra smentì la propria codardia naturale.
    Vedremo se davvero gli invasori russi andranno a prenderlo con i carri armati sino a Kiev, lo sostituiranno con un presidente fantoccio e poi se ne torneranno a casa. Di sicuro, molto più della Nato, il vero nemico di Putin è Zelensky, che ostinatamente vuole che la sua Ucraina resti una democrazia.

    Le due foto di cui si parlava stamattina, nell’articolo di base

  2. Tano Pirrone

    26 Febbraio 2022 at 18:50

    È un passaggio di uno scritto dell’ambasciatore Romano sul Corriere della Sera del 19 settembre 2021. Cinque mesi dopo, la sua riflessione acquista una valenza drammatica alla luce di ciò che sta accadendo:
    «Negli ultimi anni l’indipendenza della Ucraina ha un paladino nella persona di Volodymyr Oleksandrovych Zelensky, un attore, regista e comico televisivo, che è presidente dalla Repubblica dal 20 maggio 2019 e ha fatto una campagna elettorale in cui il tono dominante era quello nazionalista. In queste circostanze i Paesi dell’Ue stanno a guardare con sentimenti diversi, dalla prevedibile amicizia per l’Ucraina della Polonia, lieta di accoglierla nella Nato, alla maggiore prudenza di quelli che non vogliono pregiudicare i loro rapporti con la Russia e avevano sperato che l’Ucraina divenisse una Svizzera centroeuropea fra Paesi che hanno appartenuto per molti anni a blocchi contrapposti. È una occasione definitivamente perduta? Neutrale, l’Ucraina sarebbe molto più rispettata e autorevole di quanto sarebbe se la sua politica estera continuasse a essere un interminabile e inutile bisticcio con la sorella maggiore».

  3. Tano Pirrone

    26 Febbraio 2022 at 18:56

    Questa che segue è una parte dell’intervista all’ambasciatore Romano fatta per Il Riformista da Umberto De Giovannangeli in data 23 febbraio 2022: «Vede, in Occidente si è fatto finta di non sapere quali fossero gli obiettivi di Putin ed erano anche, in un’ottica russa, abbastanza comprensibili. Lui, dopo un lungo periodo in cui la Russia aveva perduto prestigio e autorevolezza nella società internazionale, voleva recuperare ciò che era stata certamente anche durante l’epoca sovietica ma comunque nel corso della sua storia. Non si può sostenere che soltanto il comunismo ha reso la Russia importante. Lo era prima e continuerà ad esserlo. Putin voleva passare alla storia come l’uomo che avrebbe restituito alla Russia quell’autorevolezza che aveva conquistato in passato. E questo significa recuperare una posizione eminente nella sua regione naturale, che è quella dell’Europa centro-orientale. Quello lo avevamo capito fin dall’inizio. Poi le cose dipendono molto dal modo in cui si fanno, dai tempi in cui si vorrebbero fare… Io credo che se avessimo in qualche modo aiutato Putin, per esempio senza insistere per l’allargamento della Nato fino ai confini della Russia e lasciare che l’Ucraina chiedesse di far parte della Nato, mettendola, per così dire, in una lunga sala d’aspetto piuttosto che lasciarla sperare, beh tutto sarebbe stato probabilmente diverso e meno imbrogliato. Le ripeto oggi quanto ho avuto modo di affermare in tempi non sospetti: che la collocazione che intravedevo come desiderabile per l’Ucraina era quella della neutralità, il Paese doveva diventare neutrale. È stato completamente irragionevole prospettare la possibilità dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Perché la Nato è un’organizzazione politico-militare congegnata per fare la guerra. Farla quando in gioco sono gli interessi del dominus dell’Alleanza atlantica: gli Stati Uniti. Ora, se Washington punta all’ingresso dell’Ucraina nella Nato vuol dire che la guerra può essere portata alle frontiere della Russia. Questa è comunque la percezione di Mosca di cui non si può non tener conto. Ritengono che si tratti di una preoccupazione in qualche modo fondata e non l’ “ossessione” di Putin.»

  4. Sandro Russo

    27 Febbraio 2022 at 17:25

    Trovo pazzesca la decisione della Ue e dell’America di fornire più armi ai resistenti di Kiev. Le migliori menti (militari) del mondo non riescono a pensare a niente di più originale? Quale sarebbe la logica? Testare la capacità dei russi di rispondere con altrettante armi?
    Intanto tra gli opposti armamenti, ci sono essere umani… ucraini o russi che siano!
    Se mandassero fiori – o angeli (…che fa il Papa, sta a guardare?) – il risultato non potrebbe essere più disastroso.
    Altre idee sono urgentemente richieste: per esempio potenziare l’azione di Anonymous, lavorare massivamente sulla rete informatica e sulla trasmissione degli ordini, sui mezzi di comunicazione. Meno armi, più idee e più fantasia!

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top