Esteri

L’Ucraina sacrificata per evitare un disastro finanziario imminente

a cura di Tano Pirrone

Estratto dell’articolo di Mauro Bottarelli [1] pubblicato il 25.02.22 su il sussidiario.net [2]
L’articolo originale contiene grafici che possono essere visualizzati al link:
https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-la-nuova-lehman-brothers-evitata-grazie-alla-guerra-in-ucraina/2297515/

Per favore, almeno evitiamo di prenderci in giro. La verità è una sola: l’Ucraina – di cui non interessa nulla a nessuno, se non al figlio di Joe Biden e ai suoi intrallazzi e a Hillary Clinton per nascondere le sue responsabilità nel Russiagate [3] – è stata bellamente sacrificata per evitare una “Lehman Brothers” [4] al cubo che ormai era imminente. Punto.
Dal canto suo, la Russia ha colto la palla al balzo e consumato fredda al punto giusto la sua vendetta rispetto al golpe di Maidan [5]. Un’operazione come quella in atto, infatti, richiede preparazione strategica. Enorme. Tre fronti di attacco, una potenza tale da distruggere in due ore tutte le difese anti-aeree ucraine e aprire l’avanzata di terra sia dal Donbass che dalla Bielorussia che dalla Crimea. Un’avanzata militare tanto chirurgica quanto devastante. E accompagnata da un monito del Cremlino alle forze straniere che intendessero intromettersi dai toni senza precedenti.

Uno scenario del genere non si configura in due settimane. E la Nato farebbe meglio ad ammetterlo. Perché se fosse vero il contrario, allora dovrebbe sciogliersi per manifesta incapacità. Avete letto i tweets di Joe Biden, Boris Johnson e Ursula von der Leyen? Fotocopie l’uno dell’altra. E come il messaggio notturno con cui Vladimir Putin annunciava alla nazione l’autorizzazione all’azione militare è stato registrato tre giorni fa, quando di fatto si stava ancora formalmente trattando, così quelle vibrate e indignate prese di posizione erano pronte nel cassetto da ore.

Per quanto Mosca sembri in grado di chiudere militarmente la pratica in pochi giorni (e, stante i tempi di reazione occidentali, raggiungere la periferia di Lisbona entro fine mese), nessuno vorrà perdere la ghiotta occasione di una Guerra Fredda 2.0 di lungo periodo. Nuova emergenza, nuovo stimolo. Bye bye Covid, state certi che la pandemia svanirà nell’aria com’è arrivata.

Ora occorre vedere realmente cosa faranno gli alleati in sede Nato, dopo la farsa delle prime sanzioni: davvero ritenevate credibile come deterrente il bando agli acquisti di titoli di Stato russi? Sapete a quanto sta la ratio debito/Pil di Mosca [6]? Al 19,4%.
Capite da soli che l’ultima preoccupazione che può avere il Cremlino è l’accesso al mercato di finanziamento. In compenso, l’energia non è stata toccata. Le banche solo sfiorate. E l’estromissione dal sistema di pagamento SWIFT nemmeno evocata, visto che tutti quanti sanno come la Cina abbia già offerto l’ingresso nella sua versione alternativa, il CIPS.

Cambierà tutto, già da oggi? Magari sì. Ma sarà tardi. Perché Mosca questo epilogo dell’affaire ucraino lo aveva messo in preventivo da tempo. E non solo a livello di preparazione militare. Davvero pensate che la Russia, alla luce di questi dati, tema di non piazzare i suoi bond sul mercato e incorrere in difficoltà di budget tali da andare incontro all’insolvenza e al default? Credete forse di avere a che fare ancora con la Russia di Boris Eltsin? Temo di sì. Perché all’epoca Mosca era una macchiettistica dependance degli interessi occidentali, una sorta di outlet di materie prime dal quale arraffare tutto il possibile a prezzo di saldo. Sapete invece cos’è diventata la Russia di Vladimir Putin negli ultimi venti anni? Grazie soprattutto all’export di petrolio salito a un controvalore di 32 miliardi di dollari nel quarto trimestre dello scorso anno, il massimo dal 2014, Mosca può vantare un surplus commerciale di 67,6 miliardi, questo nonostante un livello record raggiunto anche dalle importazioni, a loro volta ai massimi dal 2013. Soltanto le esportazioni di petrolio e gas hanno toccato i 240 miliardi di dollari lo scorso anno, un +60% dai 150 miliardi del 2020. E, stando a Eurostat [7], il deficit commerciale dell’Unione europea verso la Russia è salito dai 60 miliardi del 2020 ai 99 miliardi dello scorso anno. Tutto a carico dell’energia. Casualmente, rimasta fuori dal computo del primo round di sanzioni.

Davvero credete che quanto sta accadendo in queste ore in Ucraina rappresenti il prodromo della Terza guerra mondiale, sfuggito di mano al Dottor Stranamore del Cremlino e talmente spaventoso nelle sue potenziali conseguenze da aver colto di sorpresa la Nato e tutte le potenze del G7?
Se avete seguito qualche talk-show nelle ultime 72 ore, avrete notato come in tre giorni la categoria degli analisti geopolitici abbia spodestato in scioltezza quella dei virologi, dal podio del ridicolo.

 

Note

[1] – Mauro Bottarelli, 37 anni, milanese, vive e lavora tra Milano e Londra. È collaboratore fisso del quotidiano Il Riformista e della redazione economico-finanziaria de ilsussidiario.net. Negli anni ha approfondito la conoscenza della politica anglosassone collaborando attivamente con Centri studi stranieri.

[2] – ilsussidiario.net è uno strumento di informazione quotidiana, a cura della Fondazione per la Sussidiarietà, che offre chiavi di lettura per approfondire e comprendere ciò che accade.

[3] – Si fa riferimento all’inchiesta giudiziaria nata a seguito di sospette ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America del 2016.

[4] – è stata una società statunitense attiva nei servizi finanziari a livello globale. Nel 2008 fallì per 639 (sic) miliardi di dollari, trascinando nel baratro l’intera economia mondiale.

[5] Fa riferimento ai gravi disordini verificatisi a Kiev nel 2014, esattamente nella Piazza Maidan nell’ambito di quello che da più parti è stato considerato un vero e proprio golpe con cacciata del presidente filo-russo Victor Janukovich.

[6] Trattasi del rapporto del debito pubblico russo in percentuale alle Entrate: in Russia è del 19,4%, mentre in Italia è oltre il 150%, che significa che per pagare i debito del nostro Stato servono i ricavi di oltre un anno e mezzo, mentre alla Russia bastano 70 giorni.

[7] – Eurostat è l’ufficio statistico dell’Unione europea responsabile della pubblicazione di statistiche e di indicatori di qualità a livello europeo per consentire confronti fra paesi e regioni.

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