Racconti

Chi ascende e chi discende

di Francesco De Luca

.

Da lontano le persone sono soltanto sagome a causa di quella mai tanto ringraziata debilità in cui si incappa con l’età. Ma a pochi metri la fisionomia si chiarisce e ci salutiamo con calore con l’amico Totonno ‘i Semiscotte. Stessa età, infanzia comune fra chiesa, strada e scuola.

Ci soffermiamo per scambiarci pareri. Lui ha in mano un mazzetto di giunchiglie, fra i pochissimi fiori che asseriscono come questo febbraio non sia  ‘amaro’, come sentenzia il proverbio (fevrare curto e amaro). È diretto al Cimitero dove l’offerta dei fiori faciliterà il colloquio muto coi genitori defunti.
– Ce simmo fatte viecchie! – dice con amaro sorriso, ed io corrispondo altrettanto amaramente: –Te ricuorde quanno eremo uagliune! (ti ricordi quando eravamo ragazzi!). È una frase che non cerca spiegazioni, non paragoni… è liberatoria, come una bestemmia non triviale.
Perché vogliamo ricordare ogni volta quando vivevamo la fanciullezza? Nei miei coetanei  è ricorrente. Lo ha fatto di recente in queste pagine Pasquale, e sui social poi, è un profluvio di rimandi al passato, alle giovanili amicizie, ai luoghi, ai volti (parlo principalmente dei Ponzesi con anni e ricordi sulle spalle ).
La risposta più ovvia a me pare sia che la nostra fanciullezza sia stata fortunata. Atmosfera ottimistica, economia in ripresa, uno stato sociale che si andava a distinguere nelle ideologie, nelle stratificazioni sociali, nelle strutture di una nazione democratica, e che cercava fortemente unità, affratellamento. Li cercava. A differenza di quanto avviene oggi dove viene esaltata la diversità, l’esclusione, la disparità.
– Avimmo fatto ‘na bona giuventù…(abbiamo fatto una buona gioventù) – e dovremmo fare un’altrettanto  buona vecchiaia. Ma questo risultato occorre costruirlo.
Se ci lasciamo andare alle correnti ideologiche che spirano sull’isola (Ponza) e sullo stivale (Italia) lo stato sociale scoppierà.
A me mette paura il silenzio delle generazioni giovanili. Vivono in un limbo di grassa quiete, ma sono senza futuro, senza prospettive, senza indicazioni. Sono abbandonate a sé. Quando la paghetta dei nonni si dimostrerà insufficiente la staticità deflagrerà.
Totonno sorride bonario. Al suo male al ginocchio fa eco il mio male al ginocchio. Siamo contenti entrambi del nostro.
Che il benessere non sia indigesto!

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top