Racconti

Storie di Ponza… mariuoli, sommergibili e vino del Fieno

proposto dalla Redazione

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Varie e sempre diverse sono le vie per cui gli scrittori e i loro racconti approdano a Ponzaracconta… Che arrivino per caso e per passaparola, dal cielo e per via subacquea non ci importa molto. Se c’è Ponza e una storia che la riguardi, siamo nel nostro: non è un caso che ci chiamiamo Ponzaracconta!
Ringraziamo l’Autore e gli diciamo: Ancora! Ci scriva in Redazione ([email protected]).
Buona lettura

U-Boat. Il sapore della storia
testo e foto di Sergio Loppel – Dicembre 6, 2021 – Ripreso dal web: https://lavoce.hr/ .

L’ultima volta che Hans si recò dal contadino, disse di avere fretta, molta fretta. Era molto agitato. Comperò solamente un po’ di verdura e sparì nella notte verso la sagoma del sottomarino. Salparono. La nave e il piccolo sommergibile, impossibilitati a manovrare, furono centrati e colarono a picco a poche centinaia di metri l’una dall’altro

L’isola di Ponza è indubbiamente una delle più belle d’Italia. La sua storia è come un canestro pieno di avvenimenti che non ha smesso mai di arricchirsi di nuovi contenuti nel corso dei millenni. Avvenimenti che si sono succeduti di pari passo all’evoluzione delle epoche, che hanno lasciato impronte indelebili nella memoria di quest’isola. Dicono i vecchi ponzesi che la terra e gli scogli di questo gioiello delle Pontine, conservano il “sapore” della “storia”. Un sapore legato strettamente al mare, nel quale ogni avventura ha inizio e fine nell’Isola di Ponza. Dalle reminiscenze omeriche che la vuole isola di Circe, la maga che offriva il vino inebriante che trasformava gli uomini in porci, Ponza emerge prepotente come uno dei posti più rinomati per il turismo moderno. Si sa, il turismo raccoglie e fonde le sensazioni legate all’ambiente, alla sua cultura ed evidenzia immancabilmente le tradizioni che si nutrono dei racconti tramandati dalle genti.

I vigneti nani
Non molto tempo fa, si parla degli anni precedenti al Secondo conflitto mondiale, diverse distese terrazzate di Ponza erano coltivate a strani vigneti nani che producevano un vino particolare: un rosso sui 12°, corposo, asciutto e profumato, che aveva il nome scontato di “ponzese”. O almeno era conosciuto con questo nome sull’isola ove era preferito ai vini d’importazione. Di questo vino parla nelle sue lettere anche un illustre confinato politico, Pietro Nenni, che qui trascorse diverso tempo come sorvegliato speciale. Se la batteva il “ponzese”, con un altro vino spumante che ancora viene prodotto a Ponza, ottenuto da una mescola di uve bianche e da un’uva rossa che viene sgranata, senza torchiarla e senza farla fermentare nella vinaccia. Un vino profumatissimo che viene imbottigliato prima di San Martino, altrimenti, dicono i contadini ponzesi, non arriva a spumare.

Piacevoli conversazioni
Nei primi anni del secolo, uno dei proprietari dei terreni che degradavano verso il mare, sul versante di ponente dell’isola, aveva terrazzato ogni metro disponibile che potesse accogliere le viti. I terrazzamenti scendevano quasi a sfiorare la battigia, in un arco di baia protetto dalla furia del mare dalle insenature e dagli scogli affioranti più al largo. L’autunno colorava di un giallo carico le vigne, dando alle scogliere che s’intravedevano più da basso contro l’argento carico del mare, un che di patina quasi evanescente tra la foschia che saliva al tramonto. Nelle cantine di questo podere nascevano il rosso ponzese e il bianco spumante. I tralci, quel settembre erano turgidi di grappoli e la vendemmia si prevedeva abbondante. Il proprietario, alla sera, dopo la cena, amava intrattenersi in veranda con qualche amico che lo veniva a trovare in piacevoli conversazioni e gustando qualche bicchiere di quel bianco spumante, raffreddato al punto giusto.

Tonfi misteriosi
In lontananza, verso il basso, si udiva il ritmico sciabordare dell’onda contro la battigia. Un rumore sordo e monotono al quale ben presto ci si abituava, tanto da non farci neppure caso. Quella sera, quasi a rompere la monotonia della risacca si udivano, di quando in quando dei tonfi che parevano amplificati dal silenzio di una notte calma e senza luna. Per la verità il proprietario della vigna non era molto tranquillo. Da qualche giorno aveva notato che le viti della prima fila a ridosso della baia erano rovinate. Pareva come se qualcuno, molto incauto, ne avesse scrollato i tralicci e avesse strappato i grappoli. Un furto era la cosa più insulsa che si potesse supporre. Gli eventuali ladri avrebbero potuto giungere alla baia solamente con una barca. Non potevano infatti essere discesi dai terrazzamenti sotto casa sua. No, il furto era impensabile. Ma quei tonfi rimanevano un’incognita. Andò a prendere il binocolo e cercò di focheggiare verso la battigia. Non riusciva a vedere nulla. Buio e foschia gli impedivano di distinguere perfino i contorni conosciuti del suo terreno. A intervalli irregolari il rumore di quei tonfi lo incuriosiva. Lo incuriosiva tanto che decise di scendere verso la baia.

Le foche monache
Piano, piano, senza fare rumore e stando attento a dove metteva i piedi, giunse a un centinaio di metri dal punto dove i rumori avevano origine. Inforcò il binocolo. Il tempo di mettere a fuoco e vide uno dei fatti più incredibili avvenuti sull’isola, uno di quelli che si raccontano ancor oggi. La scena era nitida. Il riverbero del mare era sufficiente per poter distinguere due corpi neri e goffi che strappavano i grappoli e sgroppavano subito dopo verso gli scogli della battigia, tuffandosi in mare con un gran tonfo. All’istante non ci credette. Impossibile, pensò, quelle sono due “foche monache”. Mai saputo che mangiassero l’uva. Mentre incredulo, s’interrogava sul da farsi, ecco che un’altra ombra scura uscì dal mare e sgroppando inconfondibilmente prese la strada verso la sua vigna. Gli uscì dalla gola un grido, più che altro di meraviglia. L’ombra fece un rapidissimo dietrofront e si tuffò in mare. La storia delle foche monache che rubavano l’uva, tenne banco per molte stagioni, fino a che quei poveri mammiferi non sparirono del tutto dalle Pontine e da tutto il Mediterraneo. L’uomo le aveva sterminate. Non per l’uva, ma per altri motivi.

Questa però è un’altra storia
Ponza ha nel suo repertorio anche delle storie che possono essere verificate; delle quali personalmente mi sono occupato nel corso delle molte estati trascorse sull’isola a coltivare la mia passione per le immersioni subacquee. Il 1942 fu un anno terribile della Seconda guerra mondiale. Un anno che vide lo svilupparsi di imponenti progetti legati alle strategie di guerra. Tra questi la famosa “guerra di corsa” messa in atto dall’ammiragliato tedesco e che dava inizio agli “agguati” portati dai sommergibili germanici alla flotta alleata in tutto il Mediterraneo. Erano i famosi U-Boat che, come “branchi di lupi” seguivano le navi e le siluravano improvvisamente. Ognuno di loro aveva un suo “territorio” di posta e operava autonomamente nel “quadrato” assegnatogli dall’ammiragliato. Anche il Tirreno centrale era inserito nella “quadrettatura”, così anche l’Adriatico. Nell’area che comprendeva l’arcipelago delle Pontine, per sorvegliare il traffico navale tra le isole, la costa continentale e quella della Sardegna, operava uno dei tanti U-Boat con la croce uncinata. A Ponza avevano conosciuto uno dei marinai o degli ufficiali del sommergibile, nessuno ha mai saputo indicarne il grado, che aveva detto di chiamarsi solamente Hans.

Acqua, frutta e spumante
È qui che la storia ha inizio. Il piccolo sommergibile, ogni tanto, con mare calmo e sempre nel corso delle notti senza luna, si accostava in emersione alla scogliera di una baia dove poteva attingere acqua potabile proveniente da un acquedotto costruito addirittura in epoca romana e ancor oggi funzionante. Qualche volta Hans, accompagnato da un membro dell’equipaggio, prendeva terra con un piccolo canotto gonfiabile e da un contadino comperava della frutta, soprattutto dei fichi, e della verdura fresca per l’equipaggio. Una volta rimase addirittura affascinato da un bicchiere di spumante offertogli dal contadino. La volta seguente, Hans portò con sé una tanica di metallo scuro e chiese di comperare un po’ di quel vino delizioso. E poi tornò ad acquistarlo altre volte, sempre in occasione dei rifornimenti d’acqua.

Il sommergibile e la nave
L’ultima volta che Hans si recò dal contadino, disse di avere fretta, molta fretta. Era molto agitato. Comperò solamente un po’ di verdura e sparì nella notte verso la sagoma del sottomarino. L’U-Boat salpò e quello che successe dopo lo seppi solamente da alcuni documenti ritrovati in un archivio della Marina che potei consultare. Era la notte del 28 novembre 1942. L’U-Boat aveva, quella notte, un appuntamento con una nave che doveva rifornirlo di carburante e di siluri. L’appuntamento era fissato al largo della costa di Anzio. Nel mentre veniva effettuato il trasbordo, all’improvviso udirono il ben noto rumore di un aerosilurante in avvicinamento, mentre il cielo e il mare venivano illuminati da diversi bengala. In pochi minuti, la nave e il piccolo sommergibile, impossibilitati a manovrare, furono centrati e colarono a picco a poche centinaia di metri l’una dall’altro. Nessuno seppe mai se e quanti furono i superstiti.

Una punta di mistero…
Con l’aiuto di un ecoscandaglio e delle mire ricavate da informazioni ottenute dai pescatori, ritrovammo i due relitti adagiati in fondo al mare, a poche miglia dalla costa e, con grande emozione, mi vennero alla mente Hans e le sue visite notturne all’isola. C’è chi, con una punta di mistero nella voce, dice di aver conosciuto un turista tedesco di nome Hans, che durante i caldi settembre di Ponza, siede al bar della calata del porto e chiede sempre un bicchiere di spumante locale.

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