Racconti

Per l’otto dicembre (2). Intonati e stonati

di Francesco De Luca

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Fra di noi c’erano anche gli stonati. Quelli perenni, senza speranza. Come normalmente avviene quando a cantare la messa si era indotti tutti, la gioventù intera (con la discriminante di genere perché le ragazze stavano con le suore in un’altra ala della chiesa).

Come si faceva a tollerarli? Vicino all’armonium don Luigi faceva sostare quelli che avevano voce aggraziata. Lo suggeriva lui, a gesti, ma erano anche gli interessati che si ponevano in posizione privilegiata. Come di solito avviene. Intorno a quell’armonium c’erano bambini, ragazzi e giovani. I più grandi, Giosuè, Giannino, Peppino Di Monaco, Aniello conoscevano il ruolo e si tenevano distanziati dalla marmaglia dei più piccoli, esuberanti e sgomitanti.

Gli stonati, pure loro, trovavano il loro posto. Nel canto corale, forte e sentito, si confondevano. Non c’era gara, c’era amicizia. Nel periodo dall’Immacolata alla Befana, la chiesa era il nostro ritrovo, la passerella, la passione.
“Frà… io certi canzone ‘i cante bbuono… e certe no”, confessava Franco Schiano, in cui il desiderio di intessere con gli altri la voce nelle canzoni, gli faceva ammettere anche certe cadute d’intonazione.
Era sempre presente… quando, nel corso degli anni, abbiamo organizzato tante volte incontri all’insegna dei canti mariani di don Luigi Dies, Franco si faceva in quattro per esserci, per coordinare le presenze e gestirle alla meglio. Per lui era come un invito a gratificare la sua ponzesità.

Ce n’è anche un altro che stona in modo impressionante. Lo faceva da piccolo e lo fa adesso. Talvolta ci ritroviamo vicini nella camminata per la sveglia dell’otto dicembre. Pure lui vuole emozionarsi e impenna la voce nelle note delle canzoni. Massacrandole e dando alle mie orecchie una tortura immeritata. E beh? Mi sta a fianco l’amico e spero che ci sia ancora per tanti anni. Siamo di vecchia data e di fraterno sentire.
Stiamo lì per magnificare la giornata, lui dando voce alla commozione, io tenendo più caro il sentimento amicale che il canto corale.

 

 

Qual candido giglio

Qual candido giglio sull’esile stelo
recinta d’ un velo ti stacchi dal suolo
Riveli negli occhi lo spirito anelo
tu guardi al tuo cielo e parli d’ amor.

Sei fiamma divina che guizzi e t’ innalzi
e il cuore tu incalzi coi forti sospir
Sei ala sublime di bianca colomba
nemmeno la tomba potratti arrestar.

Al ciel le tue mani al ciel la tua fronte
in vetta ad un monte sapesti sostar.
Oh, bianca fanciulla ripiena di Dio
deh, stacca il cuor mio e portalo al cielo.

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