Editoriale

Epìcrisi 347. Politique d’abord

di Tano Pirrone
 

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C’è abbondanza, questa settimana, nella grande tavola imbandita di ponzaracconta: al centro, su un supporto di legno ricavato dall’antico fasciame di una barca di pescatori, troneggia il piatto forte, costituito dal problema sempre grave, e oggi decisivo, dello sviluppo complessivo dell’Isola: sviluppo sociale, culturale, economico.

Questo è oggi – ancor più con una grande crisi mondiale in atto – il tema centrale che ogni comunità deve porsi e deve affrontare, in modo autonomo, cosciente e senza svicolamenti o turpi interessi di parte. È un lavoro complesso, difficile, aperto ad insuccessi, ma che deve essere fatto, ora, insieme, con razionalità, metodo e avendo ben chiaro, che non ci sono spazi per rinviare, far finta di niente, mandare il tutto in caciara, difendere interessi personali o di casta: questi saranno difesi in uno difendendo il bene comune e traguardando obiettivi strategici, e non interessi momentanei.

Ponza è un organismo fragile, lo evidenzia Francesco De Luca nel suo chiarissimo articolo “Cosa resterà. La delusione”, che porta l’etichetta “Ambiente e natura”, quando, invece, si tratta di un articolo a fortissima connotazione politica, a cui poco si può aggiungere, per depotenziarne la forte carica ansiogena che contiene, mascherata dentro un’invidiabile capacità descrittiva.


De Luca con poco fa un affresco compiuto; permettetemi di riportare un brano, fondamentale del suo scritto: «Non ha una struttura portante potente, la nostra comunità. Su malferme gambette poggia la sua economia. Insicura perché fondata sull’andamento dell’estate. Che, se è confortata dal tempo clemente, se la sostiene il blocco del turismo all’estero, se la congiuntura economica è favorevole, se… se… se tutte queste condizioni si intrecciano positivamente, allora la comunità isolana potrà contare su una esistenza florida. Ma i se sono tanti e l’imprevedibilità favorisce l’insicurezza. Soprattutto la sua gestione si mostra priva di una visione. Tutto poggia sul fiuto degli isolani. Oggi, improvvisati imprenditori turistici

Nella stessa settimana sono stati pubblicati altri articoli, che affrontano, più genericamente o parzialmente, problemi reali dell’Isola, che non sono problemi tecnici; non spostiamo, per favore, l’equilibrio dei valori e chiamiamo le cose con il loro vero nome: sono problemi “politici”, che afferiscono, cioè, all’organizzazione della comunità, alla definizione delle finalità strategiche, e all’individuazione dei tempi e delle tecniche – in termini di teoria e prassi – di un futuro possibile in un mondo già ora, di scarsa decifrabilità.


Fra essi, innanzitutto, quello di Giuseppe Mazzella di Rurillo Draghi, Pnrr e i sindaci, in cui, a partire dal fulcro di Casamicciola, affronta le necessità essenziali di gestire al meglio e proficuamente i fondi europei, che sono investimenti e non prebende o poco proficui interventi assistenziali; la stessa competente passionalità Mazzella ha riversato negli articoli precedenti, che affrontano le stesse problematiche, e meritano dibattito e approfondimento.

So poco della gestione della cosa pubblica a Ponza, quel che conosco mi viene, però da fonti affidabili: non mi sembra ci siano eccellenze tali da guardare lontano con sicurezza. Le navi di una volta, i velieri, tenevano una vedetta in coffa, per avvistare terra o navi: è la vedetta che annuncia: «Terra, terra!» oppure avvisa dell’arrivo di navi battenti bandiera nera. Stando giù in coperta o addirittura nel ventre della nave non si vede nulla di quel che avviene fuori e i pirati hanno tutto il tempo di arrivare ed impadronirsi della nave e del suo carico, e uccidere chiunque tenti di difendersi.

Ci si difende, nel nostro caso, organizzandosi, facendo politica.
La politica è quella cosa che si fa prima e indipendentemente da un’elezione; serve “anche” per questo ma non è solo questo. Bisognerebbe cominciare da subito a fare riunioni, convegni, confronti con realtà che hanno già avviato un cammino; è indispensabile confrontarsi e chiamare a raccolta i giovani, anche e soprattutto quelli della diaspora.


Ho visto l’articolo su Giorgia Romano e le sue creazioni, ho letto l’interessantissima intervista che Rosanna Conte ha fatto a Marco Di Folco – Un turismo sostenibile per Ponza (1) e (2), neolaureato con una tesi sul turismo ponzese: sono questi i giovani e quei tanti o pochi che vanno via per studiare e altrove rimangono perché l’offerta di lavoro, pur nelle difficoltà odierne è maggiore; sono questi su cui bisogna scommettere, richiamare perché inventino e diano vita ad un Rinascimento dell’Isola.


Altrimenti rimarrà, come ha scritto Francesco De Luca «…la lamentela della gente comune. È da mezzo secolo che implora. S’era studenti in calore di politica e già in un giornalino strampalato (Punto Rosso – anni ’60) si mettevano in evidenza i mali della nostra isola. Resterà la delusione di non averne fatto oggetto di politica attiva. E con essa il rammarico

Lo stesso sito su cui con impegno scriviamo, ora rimbellettato e con maggiore indispensabile funzionalità, dovrebbe mettersi attivamente all’opera, rimboccarsi le maniche e fare qualcosa di concreto: convegni, assemblee, libri bianchi, alleanze…

Verrò lapidato, siculo narratore a tempo perso, che ballonzola dal pane alla politica; concionando di cose che non sa…
Io ho però il nervo scoperto, ancor oggi dopo mezzo secolo: vengo da una comunità chiusa, che non volle aprirsi al momento opportuno ed ora è un’altra cosa, non solo per me.
Sarei felice che si compissero anche a Ponza i miracoli che si compiono altrove: nei borghi rinati a nuova vita perché sono arrivati nuovi inquilini per le case abbandonate, nuove voglie di intraprendere dove la secolare ripetitività non fa più eco, nuovi entusiasmi e nuovi saperi dove la produzione di cultura ha da anni esalato l’ultimo sospiro).

Gli esempi sono tanti ed il tempo sempre meno, la vita non aspetta. Nessuno pensi di salvarsi da solo. L’Isola è una nave da cui solo i ratti, sentendo per tempo l’ultimo avviso di pericolo, riescono a salvarsi; ma loro, si sa, sono naturalmente chiaroveggenti.

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