di Ciarnella Amelia
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E’ inevitabile che ad una certa età si viva solo di ricordi. Chi ne ha tanti e belli, rievocandoli, gli sembrerà di riviverli ancora. Io mi sono sposata a 26 anni. Era il 21 dicembre del 1959 e mio marito di origine siciliana, mi propose di trascorrere quindici giorni a Taormina che lui conosceva bene. E furono quindici giorni di vera favola!
A Taormina trovammo un clima splendido. Oltre al sole, al mare immenso, al cielo azzurro, tutti i fiori che riempivano la sottostante villa della pensione dove avevamo prenotato, erano fioriti. Dal balcone potevamo vedere l’intera collina, sulla cui sommità sorgeva Taormina, che ancora non era molto sviluppata come oggi e le poche ville arroccate sul suo dorso, compreso le campagne intorno, erano tutte tappezzate di verde, di fiori e di moltissimi mandorli fioriti che erano un incanto! Il proprietario della pensione ci disse che era un anno eccezionalmente caldo, ma non sempre era così. Spaziando ancora con lo sguardo in lontananza, si potevano vedere i posti più significativi e spettacolari di Taormina compreso Isola Bella e il monte Etna da dove il vulcano, di tanto in tanto, faceva sentire la sua voce.
La Sicilia è bellissima per il clima sempre temperato, i suoi panorami, fiori e colori sparsi da ogni parte, la sua storia e soprattutto per la sua terra favolosa e fertile, diversa da ogni altra, i cui prodotti non sono paragonabili a nessun altro prodotto italiano. Senza parlare poi dei campi intorno al vulcano, fertilizzati dalla lava nel corso degli anni, che producono ogni tipo di frutta, ma in particolare l’uva, che dà il vino più buono del mondo.
Mio marito ha impiegato diverso tempo prima di potersi abituare al sapore della frutta di Roma, poiché ricordava sempre i sapori dei prodotti della sua Sicilia che sono veramente unici.
Avevo conosciuto mio marito a Roma dove abitavo con la mia famiglia e da poco ero stata assunta come stenodattilografa in una società farmaceutica. Una domenica mattina, mentre davo l’acqua alle piante, ho notato questo giovane che, passando sotto la mia veranda, mi aveva guardato con una certa insistenza.
Poi un giorno, mentre aspettavo il tram, che era in forte ritardo e io ero letteralmente sulle spine, poiché chi faceva tardi ad entrare in ufficio doveva andare a firmare dal direttore, è venuto lo stesso giovane. Allora aveva una vespa, perché era ancora un giovane medico in fase di organizzazione. Avvicinandosi mi disse: “Signorina il tram non passa perché c’è un problema sulla linea. Se vuole l’accompagno io, sono il cugino dell’amministratore della sua palazzina.” Io non volevo assolutamente accettare, anche se sapevo benissimo che stava dicendo la verità. A quei tempi la timidezza e il pudore erano molto diffusi. Inoltre, la maggior parte delle ragazze tendeva più a nascondersi che a mostrarsi. Però il tempo passava, il tram non arrivava e alla fine per non andare a firmare dal direttore, ho accettato di salire sulla sua vespa.
E quella è stata la prima di una serie di “accompagnate”, che nel giro di un anno e mezzo, ci hanno portato sull’altare della Basilica di S. Pietro e Paolo all’Eur, dove ci siamo sposati. Subito dopo siamo partiti per il nostro viaggio di nozze. E ora a Taormina, ci stavamo godendo la nostra vacanza nel migliore dei modi.
Ricordo che trascorremmo il Natale insieme al proprietario e ai suoi familiari, poiché eravamo gli unici ospiti della pensione che, oltretutto, era a conduzione familiare e si mangiava benone. E’ inutile dire che fu un Natale indimenticabile anche se festeggiato, insolitamente, fuori casa e lontano dai nostri genitori. Il tempo volava fra gite, pic-nic e piccole escursioni nei dintorni per visitare i posti più belli e panoramici di Taormina.
Un giorno, decidemmo di andare sul monte da dove il vulcano spadroneggiava sull’intera zona e lungo la strada che portava all’Etna. Potevamo vedere chiaramente il tracciato arso, lasciato dalla lava che si alternava con altri tracciati, ma pieni di alberi e di erba verde. Si aveva l’impressione di vedere la lava che scorrendo ovunque passasse bruciava tutto, case e ville comprese. Intanto si sentiva il vulcano brontolare, gorgogliare e sparare colpi metallici, simili ai rintocchi dati all’interno di una grossa campana di ferro. Cosa che faceva di continuo. Però quando si arrabbiava di più o andava addirittura in escandescenze eruttava con furore e distruggeva tutto ciò che incontrava sul suo percorso. Si fermava solo quando aveva sfogato tutta la sua rabbia. Così facendo, nel corso dei secoli, la lava era arrivata varie volte fino al mare di Catania, danneggiando in parte anche la città.
Nel frattempo eravamo arrivati alla base del vulcano dove la strada finiva e dove era stato costruito un albergo per i numerosi turisti amanti delle forti emozioni, lo stesso albergo che dopo alcuni anni venne raso completamente al suolo dal vulcano, insieme a tante altre case e casolari di campagna che sorgevano nei dintorni. Rimanemmo nei pressi dell’albergo il tempo necessario per poter ammirare più da vicino il vulcano, che dal suo interno continuava a gorgogliare e a sparare colpi metallici, come se dentro quella montagna ci fosse ferro anziché lava. Il giorno successivo il vulcano eruttò e dalla finestra della pensione potemmo goderci l’intero spettacolo che durò alcuni giorni. Purtroppo non potemmo assistere alla fine di quella eruzione, poiché la nostra vacanza finì prima.
Rientrammo a Roma soddisfatti, ricordando i bei momenti trascorsi a Taormina, ma in sovrappeso In quindici giorni eravamo aumentati di due chili. Per fortuna, sia io che mio marito, eravamo abbastanza in linea per costituzione e pertanto avevamo soltanto migliorato il nostro aspetto che appariva molto rilassato, riposato e felice.