a cura di Rosanna Conte
Ancora in questa poesia c’è il privilegio di respirare e vivere al Fieno, il finis Terrae.
Questa definizione non è peregrina perché il Fieno ha una configurazione fisica che favorisce uno stato d’animo quasi primordiale. La terra solida e sicura, protetta dal mondo dall’alta montagna della Guardia alle spalle, il mare davanti che si stende invitante e infido, liquido ponte verso l’infinito o mostro rabbioso, la solitaria e inabitata Palmarola poco distante, unica terra visibile, l’altra terra.
In questo contesto Antonio canta gli elementi della vita che restano essenziali perché lo scorrere del tempo non li potrebbe mai sbiadire: fanno parte della natura umana, ne costituiscono l’anima. Come sempre accade in Antonio, dalla materia si sprigionano sentimenti ed è il loro calore a dare l’alito vitale per non morire.
In questo crogiuolo di emozioni c’è solo l’animo umano, non c’è posto per la Storia: il tempo si è fermato lasciando lo spazio al mito.
Per non morire
arrivare dal mare
non è un arrivo qualunque
in questa isola sperduta
nell’alto mare
tra le pareti spesse
più volte intonacate di bianco
la calce cotta dal sole
dal sale del libeccio e del mezzogiorno della terra
si gonfia e cade
il vento da sud
cambia di continuo
è difficile prendere sonno
dove ci si commuove
il rumore delle onde entra
agli infissi della porta
si sente tra gli arbusti
sopra i muri
sulla luce della candela
la luce del faro
dal bastione di basalto
nella notte si perde nel vuoto
la luce ogni nove secondi
entra nel cucinino
sulla dispensa
sulla pentola che cuoce lo scorfano rosso
sul pane posto al tavolo della eucaristia
i cani quieti sono sotto il letto
Come panni stesi al sole del mattino
merluzzi e musdee sardine e polipi
si asciugano al sole e al vento
così facciamo il giro del mondo
l’odore del critmo e dell’aglio selvatico entra dalla finestra
niente proci niente infedeli
da questa parte di fineterra
che ci protegge
io e te soli
sotto la vecchia coperta di lana
davanti al mare
a proteggerci dal mondo
dalla lunga notte
Passano le diomedee
ascoltiamo il loro canto nuziale
nel ritorno ai nidi
e noi che diciamo
le parole importanti
il silenzio che rimane