Ambiente e Natura

I spelucarielle

di Francesco De Luca

 

E’ stato come un fulmine che ha prodotto un gesto istintivo: mi sono avvicinato al venditore ambulante e ho comprato dei fagioli spelucarielle. Chiamati così in dialetto perché sono gli ultimi fagioli colti e perciò ancora col baccello. Vanno privati dell’involucro esterno e, pertanto, sono fagioli freschi.

E’ questo il tempo della loro comparsa e del loro consumo. Che ha bisogno di un po’ di cura. Quella che poteva dare chi aveva tempo da dedicare alla cucina. Come mia suocera, ormai anziana. A noi, indaffarati nel lavoro, preparava questo piatto autunnale.

Nonna Giuseppina (mia suocera) sedeva al tavolo con accanto la pentola dove depositava i fagioli puliti, e nel canestro a terra lasciava i baccelli.

La scena si è amplificata nella mente ed ora eccomi, davanti al televisore acceso, a rinnovare i gesti di nonna Giuseppina.

I fagioli, macchiettati di rosso, fluiscono, dalle bucce alle mani al vassoio… mentre dalla televisione i visi dei politici scorrono. Tutti vincitori, tutti esaltati dalla lotta affrontata nella tornata elettorale. E noi… disamorati da questa indegna commedia, dal chiacchiericcio ostile, volto a barricate, a chiusure, a verità finte contro falsità evidenti.

Non crediamo più alla politica e la lontananza comporta la diserzione dal voto.

Si sottolinea che l’astensione sia un male, un danno, attribuendo la responsabilità agli elettori e non alle forze politiche separate dal corpo elettorale come il sano si discosta dal malato. Perché le forze politiche attirano chi gioca (malignum ludum) a farsi corrompere e chi gioca a corrompere. Soltanto loro.

L’estremizzazione nei giudizi è sempre logicamente deprecabile ma questo non deve generare una tolleranza subdola. Il sistema politico in Italia è corrotto, dalle radici alle foglie. Evidenza la dà l’indifferenza dei giovani.

L’animo teso ad un ideale salubre, come naturalmente è l’animo giovanile, sente puzza di affarismo nelle compagini politiche, nelle conventicole partitiche, nelle associazioni schierate. I partiti non riescono a star lontano dal latrocinio. Tutti infognati in ricatti, sotterfugi, magagne, borseggi. Eppure… basterebbe imitare i gesti compiuti su i spelucarielle: questo va eliminato perché marcio… questo perché è rinsecchito… questo è stato mangiato… questo non è maturo.

Eccoli qua… i fagioli, lucidi nella loro freschezza, variopinti. Espressione dell’ autunno che, al contrario dell’ andazzo politico, soggiace ai ritmi della natura. Uno è inossidabile nel suo marciume, l’altro si adatta ai colori, ai sapori, ai gesti, al sentimento.

C’è più tepore in casa, lo si cerca; si tende a sistemare le cose di cui ci si serve nella quotidianità; c’è più calma, la si cerca. L’inverno (come la crisi sociale) attende, guai a non tenersi preparati. Al contrario della politica italiana (e isolana): tutta improvvisata, per nulla previdente, soggetta all’improntitudine e perciò debole… ai colpi contro la libertà, contro la democrazia, contro il disastro ecologico.

Non è ‘antipolitica’ questa, al contrario. E’ sulla base ‘morale’ che si fonda la politica, non sull’utilitarismo. Se per ‘far politica’ si intende operare per il bene comune. Diversamente si intraprende la via che mette la politica al servizio dell’interesse di parte, di quello familiare, di quello personale.


Gli esempi riscontrati nella storia della nostra Ponza avvertono che la scelta elettorale deve essere pensata, basata sulla valutazione morale, principalmente!


Appendice del 9 ottobre

Precisazione-Commento di Francesco De Luca a “I spelucarielle”

La parola dialettale deriva dall’italiano spiluccare ovvero ” staccare ad uno ad uno i chicchi, i semi, i frutti “.
Niente di stravagante né di estemporaneo, ma soltanto una deviazione della parlata popolare. Il dialetto fa di questi scherzi.
Francesco De Luca

Obiezione, vostro Onore (a cura di Sandro Russo)

Da più parti è stata proposta una denominazione ed etimologia diversa.
A molti suona più familiare la dizione “spulecarielli” o “spullecarielli” per i fagioli (quelli bianchi e rossi di cui è mostrata la figura sono della varietà “Borlotto”. E portano a sostegno anche voci dal web, con acclusa ricetta… che male non fa

Ricetta pasta con fagioli spollichini o “spullecarielli”
“La tradizionale ricetta della pasta con gli spollichini freschi a Napoli è detta anche “spullucarielli cu’ a pasta”  o “pasta e spullucariell’“. Ma da dove deriva il nome “spullecarielli“? Innanzitutto bisogna precisare che si tratta di fagioli, cannellini o borlotti freschi, appena raccolti. La via dell’etimologia di questa parola è abbastanza arzigogolata per chi non conosce la lingua napoletana, ma noi stiamo qui apposta per spiegarvelo”.

“Spollichini non è altro che la traduzione napoletana del verbo “Spullicare”, dunque “spullecarielli”, che indica l’azione di sgranare, sbucciare, da pullum = pollone, germoglio, da cui proviene il latino volgare spulicare → spullicare = sbucciare, sbaccellare. Perché i fagioli spollichini freschi vengono sbucciati, estratti, dal baccello fresco che li avvolge, e questa azione in lingua napoletana si traduce appunto in “spullicare”.

A questo link: https://www.napolimilionaria.it/2018/09/27/ricetta-pasta-spollichini-freschi-spullucarielli/

 

Commento (ulteriore) a I spelucarielle

Mi viene fatto osservare da altri cultori del dialetto che i fagioli freschi cui ho fatto riferimento erano chiamati splucarielle perché dovevano essere liberati dalla buccia, dovevano essere spulicati (da spulicare).

Non ho trovato questo verbo nei dizionari né quello italiano né quello napoletano. Ma non ne faccio un dramma, o splucarielle o spelucarielle i fagioli sono gli stessi; il nome lo prendono dal fatto che devono essere privati del baccello: il tempo del consumo è l’autunno, e soprattutto il sapore è quello che attira. Per cui coltivo il dialetto ma più coltivo le espressioni che ha lasciato nella vita del paese.

Francesco De Luca

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