Archivio

La morte da prigioniera della principessa etiope, nel 1940

di Fabio Lambertucci

.

Muore a Torino il 14 ottobre 1940, prigioniera di Mussolini e dei Savoia, la giovane principessa etiope Romanework, figlia maggiore del Negus Hailé Selassié
di Fabio Lambertucci

Della “principessa dagli occhi color pervinca” e dei figli, i ricordi evanescenti si perdono fra Torino e il Monferrato. Figlia maggiore del Negus Hailé Selassié (1892-1975), nata ben prima che diventasse imperatore, sposata al generale e governatore Bejene Merid, fucilato nel 1937 dai soldati italiani del generale e Viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani (1882-1955), venne deportata in Italia con i quattro figli, prigionieri di Mussolini e del nuovo imperatore d’Etiopia re Vittorio Emanuele III di Savoia (1869-1947).

La principessa Romanework (“Melagrana d’oro” in italiano) con i suoi tre figli Ghetacciù, Merid e Samson e i due ragazzi più grandi al suo servizio

Della sua storia e di quella del suo Paese, invaso dall’Italia fascista nel 1935, racconta lo studioso più autorevole del periodo coloniale italiano, Angelo Del Boca, recentemente scomparso, in questa intervista concessa al mensile illustrato di Storia “Historia” (Editore Cino del Duca, Milano) Anno XXXIX n. 7 del luglio 1995:

Perché esistono così pochi dati su Romanework Hailé Selassié?
“A quell’epoca, in Etiopia erano previste tavole genealogiche solamente per i figli della coppia imperiale. Lei nacque invece nel 1910, quando il padre era solamente il ligg Tafari Maconnen (nacque dall’unione con Woizero Woinitu Amede – nda). Nel 1916 sarebbe divenuto reggente, dopo il colpo di Stato che aveva detronizzato il giovanissimo Ligg Yasu. Nel 1930, dopo la morte dell’imperatrice Zaoditù, sarebbe salito sul trono imperiale prendendo il nome di Hailé Selassié. Nel 1911 aveva sposato Menem Asfaw (morta nel 1962 – nda), dalla quale ebbe tre maschi e tre femmine. Su di loro non c’è problema nel reperire notizie, essendo le loro vite entrate a tutti gli effetti nella storia ufficiale dell’Etiopia”.

Qual era a quel tempo l’organizzazione sociale dell’Etiopia?
Nel 1916, quando ras Tafari assumeva la carica di reggente, l’Etiopia era ancora immersa nella notte del Medioevo. La quasi totalità delle terre era di proprietà della Corona, di un’aristocrazia reazionaria e rapace e di un clero copto avido e ignorante. Diventato imperatore Hailé Selassié avrebbe tolto il potere ai feudatari e creato uno Stato fortemente centralizzato ma le sue riforme non bastarono a far uscire l’Etiopia dalla miseria e dal sottosviluppo”. 

La principessa Romanework, la giovane vicino alla suora, con lo sguardo rivolto al fotografo, durante una processione

Chi era Bejenè Merid, marito di Romanework?
Il dejac (generale) Bejenè Merid era, al momento del suo matrimonio, governatore delle regioni del Baco e del Gofa, nel sud dell’Etiopia. Durante la guerra italo-abissina del 1935-36 si batté con grande coraggio contro gli italiani, nella regione del Bale, alla testa di 15mila uomini. Dopo la fuga del Negus dall’Etiopia e l’ingresso il 5 maggio 1936 del maresciallo Pietro Badoglio in Addis Abeba, Bejanè non si arrese e continuò a combattere nella regione degli Arussi, dove era stato raggiunto dalla moglie e dai piccoli figli. Nel 1937, nel corso delle operazioni di “grande pulizia coloniale”, Bejenè venne fatto prigioniero e immediatamente fucilato. Romanework fu deportata in Italia nel 1937 con i figli Ghetacciù, Merid, Samson e Gideon. Internata all’inizio all’Asinara, in Sardegna, dove morì il figlio più piccolo Gideon di 2 anni, fu in seguito trasferita a Torino, per interessamento di monsignor Gaudenzio Barlassina e affidata alle suore della Consolata, in particolare alle cure di suor Maria Emilia Battaglia che conosceva l’amarico. Molto provata per la difficile vita che aveva condotto a fianco del marito, negli anni della guerriglia anti-italiana, Romanework si ammalò di tisi e si spense il 14 ottobre 1940 alle Molinette. Stessa sorte toccò, nel 1944, al figlio Ghetacciù. Mussolini acconsentì a che si usasse il canale del Vaticano per informare il Negus a Londra del decesso della figlia”.

E Samson e Merid?
“Furono ospitati nel Castello di Uviglie nel Monferrato, di proprietà delle missioni della Consolata. Alla fine della guerra, Kazan Jefferson, governatore militare alleato, fu informato della loro presenza e li segnalò al Comando britannico che provvide a farli ricongiungere al nonno che, intanto, dopo 5 anni di esilio in Gran Bretagna, era rientrato nel suo Paese grazie all’aiuto degli inglesi”.

Il rientro del Negus ad Addis Abeba nel 1941

I rapporti del Negus con Romanework e i nipoti?
“Furono sempre affettuosi. Fu soltanto per una preoccupazione di ordine politico che, nel 1970, Hailé Selassié, quando venne in visita nel nostro Paese e si fermò anche a Torino, non si recò al Cimitero Monumentale dov’erano sepolti la figlia e il nipotino. Il gesto avrebbe rievocato un passato almeno imbarazzante. Il Negus spiegò di non volere esprimere il proprio dolore personale durante una visita ufficiale”.

Angelo Del Boca (1925-2021) ha trattato della figura del Negus nel suo saggio “Il Negus. Vita e morte dell’ultimo Re dei Re” (Laterza, Bari, 1995)

Il soggiorno della giovane principessa e dei suoi bambini alle Missioni della Consolata a Torino è ricordato nell’opuscolo edito nel 1990 “Un centenario all’ombra dell’Arcangelo, una Casa, una Storia”.

Qualche altro dato si può desumere dagli archivi dell’ospedale Molinette, dove Romanework rimase degente un paio d’anni per tubercolosi: sembra che un po’ per ragioni di sicurezza un po’ perché l’ambiente e la malattia certamente non favorivano gli omaggi sociali, qui fosse conosciuta come una semplice e sfortunata ragazza etiope di nome Zantù e avesse lasciato la Chiesa copta per aderire a quella cattolica. I sanitari le fecero anche trascorrere un periodo in un nosocomio della Riviera ligure, nei dintorni di Imperia, ma la morte sopraggiunse il 14 ottobre 1940.
Nel 1947 un missionario raccontò che Samson sarebbe morto in un incidente d’auto. Di Merid si sa che studiò in un college di Londra e divenne un alto funzionario di Stato.

 

Nota
Di altri congiunti del Negus, a Ponza abbiamo avuto confinato Ras Immerù:
“Ras Immerù (Immirù) oltre ad essere cugino del Negus di Etiopia, Hailè Selassiè, era il comandante delle forze etiopiche ed anche il suo consigliere. Fu mandato in confino a Ponza”. 

Leggi qui, su Frammenti di Ponza, di Francesca Iacono

 

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top