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L’angolo di Lianella/12. Storie di fantasmi o… di fantasia?

di Amelia Ciarnella

 

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Quando ero giovane mi piaceva molto ascoltare storie di fantasmi, anche se ne avevo molta paura. Poi, crescendo, ho capito che per ogni cosa c’è sempre una spiegazione logica e tante paure mi sono passate.

Mia nonna mi raccontava che ai suoi tempi si parlava molto spesso di fantasmi poiché erano cose che facevano una certa impressione e in particolare le donne ne parlavano sempre. Inoltre in paese  (Tufo di Minturno) c’era un uomo che aveva una vera predilezione per questi argomenti, insieme ad una fantasia alquanto sbrigliata per cui andava proprio alla ricerca di queste storie, per poterle poi raccontare e avere la soddisfazione di vedere quale effetto producevano su coloro che le ascoltavano.

Questa persona non aveva nessuno. Sua madre Luisa era morta dandolo alla luce e lui era cresciuto in casa di un parente che, morto anche lui, era rimasto completamente solo.

Aveva un nome alquanto curioso perché a quei tempi per rispetto ai genitori si dovevano ad ogni costo rinnovare i loro nomi e perciò lo avevano chiamato Luiso. Poi crescendo glielo avevano trasformato in Luisello ed era rimasto così per sempre.

Luisello sebbene fosse analfabeta, come la maggior parte degli abitanti del paese di allora, aveva una capacità dialettica e una piacevolezza nel parlare da fare invidia al migliore avvocato di quei tempi. Aveva una forte esigenza di comunicare con gli altri e cercava sempre di destare la curiosità di coloro che aveva intorno, specialmente durante le ore di lavoro nei campi. A volte inventava delle storie paurose di anime vaganti, al fine di rendere meno monotona e noiosa l’intera giornata.

Per questa sua capacità che aveva di parlare e di saper creare quell’atmosfera particolare che adattava ad ogni tipo di racconto tutti lo ascoltavano volentieri.

Inoltre la sua caratteristica più importante e alquanto strana era quella di parlare molto mentre lavorava e lavorava anche più degli altri, tanto che se per qualche motivo doveva tacere si notava subito poiché rallentava notevolmente il suo ritmo di lavoro e, oltre che lento, lavorava anche male! Ma era fatto così. Cosa ormai nota a tutti in paese che lo conoscevano bene, per cui nessuno se ne meravigliava più di tanto.

Il suo argomento preferito era, come già detto, quello dei fantasmi. Quando iniziava con i suoi racconti ne faceva un resoconto così preciso che tutto sembrava verissimo. E i suoi compagni al fine di ascoltarlo lavoravano pure meno, mentre lui lavorava molto di più. Era davvero una strana persona, ma molto benvoluta perché affabile con tutti. Alla fine era anche onesto e coscienzioso, perché quando si inventava delle fandonie, per non creare inutili spaventi, diceva che tutto ciò che aveva raccontato era soltanto frutto della sua immaginazione e tutto finiva in una risata. Una persona veramente simpatica anche se a volte le sparava grosse.

Nel periodo in cui Luisello faceva l’impossibile per poter scoprire per primo storie di fantasmi e poterle raccontare alla sua maniera, aggiungendo o togliendo qualche particolare, per poterle rendere il più avvincenti possibile; accadde un caso di vera possessione diabolica che mise in subbuglio l’intero paese, suscitando preoccupazione e spavento.

Come si sa, nella pianura del Garigliano, ai tempi dei Borbone, ci furono diverse battaglie durante le quali morirono numerosi soldati che furono seppelliti lì sul posto dove erano caduti e chi passava su quella via poteva vederli.

In quella zona molti abitanti del mio paese avevano dei terreni dove si recavano giornalmente per lavorarli. Fra questi anche una vecchietta col marito che ogni giorno, passando accanto a quel cimitero di soldati, diceva alcune preghiere e qualche requiem per quelle povere anime di giovani morti.

Però una sera tornando dalla campagna, non appena entrati in casa, la moglie improvvisamente cominciò a urlare in perfetto italiano e con una voce completamente diversa dalla sua: “Carlo, vuoi sentire il gallo cantare? chicchiricchi!”. Naturalmente il pover’uomo rimase di stucco perché sua moglie era nata e vissuta in paese, aveva parlato sempre e soltanto il dialetto del paese e non aveva frequentato né sentito parlare mai nessuno in italiano. Inoltre alternava quel perfetto italiano con frasi in altre lingue mai sentite, terrorizzando completamente il pover’uomo che, non sapendo cosa dire e cosa fare, andò a chiamare il prete.

Per il prete era un caso chiaro e lampante di possessione diabolica perché (disse il prete) il diavolo a volte si diverte ad entrare nelle persone buone, deboli e indifese per sfidarle e dare loro fastidio.

Quindi cominciò col fare le prime preghiere predisponendo tutto l’occorrente per iniziare l’esorcismo. Ma la povera vecchietta non riuscì ad arrivare alla fine dell’esorcismo, poiché dopo pochi minuti spirò.

Ma non appena la poveretta si fu spenta, si scatenò nella stanza un vero finimondo! Un vento infernale fortissimo cominciò a soffiare rumorosamente da ogni parte rovesciando sedie, staccando le pentole attaccate al muro vicino al camino, sollevando oggetti e cose varie facendole volare per aria, compreso la scopa di casa che andò a colpire il prete sulla testa.

Il prete però, malgrado il colpo di scopa ricevuto e quel vento diabolico che sembrava volesse strappargli dalle mani il libro delle preghiere, riuscì lo stesso a concludere l’esorcismo!

Cosi dopo aver fatto altri due o tre giri intorno alle pareti, quel vento indiavolato, con un terrificante sibilo, uscì fuori attraverso la finestra e finalmente tornò la pace.

Questo fatto sembra non sia un’invenzione, ma veramente accaduto nel mio paese e i più vecchi lo ricordano.