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La Principessa che scende al Sud

di Sandro Russo

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Se non fosse stato per il film The bra [1] – ricomparso per caso alla memoria -, non avrei ricordato questo articolo pubblicato su Odeonblog, qualche anno fa
S. R.

Assolutamente complementare alla recensione del film The Bra, è questo articolo in cui il nostro amico Sandro, “rustico & viaggiatore”, utilizzando i suoi inesauribili taccuini (che Chatwin gli fa un baffo), ci porta con lui nell’incredibile percorso di un treno simile a quello del film. Tra improbabili abitazioni di ogni tipo e un variegato spaccato di vita; la sola differenza è tra l’Azerbaigian (del film) e lo Sri-Lanka.
Letizia Piredda – da Odeonblog del 2 dicembre 2019

[2]Ruhuni Kumari (DownSouth Princess). Notare gli alberi di Plumeria alba, frangipani (fiori bianchi, profumatissimi), lungo le rotaie

Il treno si chiama Ruhunu Kumari (DownSouth Princess – La principessa che scende al sud); parte da Matara alle 5.40 del mattino e riparte da Colombo alle 16. Al ritorno, da Colombo per tornare a casa, bisogna cercarsi un posto sulla destra, perché fino a Galle il treno passa proprio lungo il mare e ci sono il tramonto e tante altre piccole cose da vedere.

Il film – perché è proprio un film la sequenza ininterrotta di sorprese che si susseguono una all’altra – dura quasi tre quarti d’ora, dalla partenza da Colombo: sono di scena le improbabili abitazioni tra la strada ferrata e il mare su una lingua di terra di pochi metri, a volte più ampia, e i brandelli di vita che si riescono ad afferrare dal treno in corsa.

[3]Scendendo verso sud, da Colombo, il mare è sulla destra…

Spesso al confine col mare c’è scogliera, qualche volta la spiaggia. Poche palme, qualche macchia di pandanus.. Ci sono capanne baracche casupole di legno o in muratura, bicocche tuguri buchi neri; a volte chissà per quale caso o capriccio, una casa grande con muro di cinta e giardino intorno; perfino con un secondo piano e dei balconi.
E’ tutto l’insieme che è un trionfo dell’improbabilità; una archeologia della varietà degli insediamenti umani.

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“Stazioncina povera… c’erano più alberi e uccelli che persone, ma…” (ricordate Giovanni telegrafista [5], di Enzo Iannacci? leggi sul sito)

Si passa dalla capanna di pagliarelle e fango all’abitazione moderna di tipo occidentale, inframezzate e confuse tra loro in un groviglio inestricabile che la velocità del treno può solo suggerire, senza far apprezzare appieno. Eppure sono vere case, con il loro contatore dell’energia elettrica dietro la porta e molte antenne della televisione. Vere case di uomini, con fumo di legna e odori di cucinato; piccoli cortili e staccionate e anche microscopiche botteghe denunciate solo da una finestrella con un ripiano orizzontale verso l’esterno, che è il banco di vendita.

Plumeria alba (frangipani). Profumatissima

Spaccati di esistenze, dal treno in corsa: un barbiere al lavoro intorno ad un’unica sedia sull’aia; vecchi seduti su una pietra, davanti alla casa. Bambini… tanti bambini che giocano con qualunque cosa: a spingere avanti con un bastone un cerchione di bicicletta; a far volare una busta di plastica arancione legata per i manici, come un aquilone.

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In Sri-Lanka c’è una vera cultura degli aquiloni… E’ un passatempo “serio”, per bambini e adulti; ma sono sconosciute le “guerre degli aquiloni”, come in Afganisthan (per chi ha letto Il cacciatore di aquiloni [7], il libro di Khaled Hosseini, pubblicato nel 2003)

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…Molti aquiloni, davvero: forse perché il vento, su quella striscia al limitare col mare, é un compagno di giochi sempre presente, che non si stanca mai.
Bambini sui binari della linea parallela al treno che corre; sulle pile di traversine. Bambini piccoli, evidentemente abituati ad evitare i pericoli per un istinto animale più connaturato che nei nostri.
I più grandi giocano all’indefettibile cricket, su tratti liberi appena consolidati alle spalle della spiaggia. Panni stesi ad asciugare, sui binari e sui radi cespugli; bacinelle di alluminio, cani e ancora bambini.

[9]Su tratti più isolati di scogliera, tra il treno e il mare, molti ombrelli appoggiati alle rocce. Dietro, due innamoratini alla Peynet, praticamente invisibili se non dal mare.

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Chissà quali tecniche di intimità sono state inventate per essere messe in atto dietro a un ombrello.
Ogni tempo e paese ha i suoi luoghi (tòpoi): noi avevamo la 500 ‘fissa’ (…i sedili ribaltabili sono venuti solo qualche tempo dopo…). Ma qui dev’essere dura, specie il pomeriggio; …l’ombrello si mette dietro, per proteggersi dagli sguardi  e dal treno che passa… ma davanti c’è il sole, che picchia duro.

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Con il treno si attraversano in rapida successione nuvole di odori diversi: i più comuni sono quelli del fumo, con tutte le sue varietà: fumo di legna, con aggiunta di plastica, di immondizia; profumi di cucina e sottospecie: speziato, acido, dolciastro. Ma giungono a folate puzze di latrine e di marciume e subito dopo profumi di fiori; il tutto con una certa latenza e sovrapposizione, rispetto alle informazioni trasmesse dagli occhi: come quando si vede un bagliore lontano e solo dopo qualche secondo arriva il rumore; la stessa cosa, ma con gli odori…
Può capitare che il treno si fermi. Dopo una decina di minuti senza alcuna informazione, qualcuno scende e risale il convoglio lungo i binari, per andare a vedere. Passa del tempo prima che tornino; i racconti sono singalesi e confusi ma si riesce a capire che c’è stato un incidente ad un passaggio a livello lungo la linea.
Evidentemente si prevedono tempi lunghi, perché la gente comincia a scendere..

[12]Non si sa da dove, spuntano bollitori per il the, si improvvisano fuochi, compaiono tazze e zucchero in un’atmosfera tra il picnic e la festa di paese

Un’ora e mezza di sosta… ed è andata bene, perché non era stato il treno la ragione dell’incidente. Un breve fischio per avvertire i ‘campeggiatori’ di risalire a bordo e si riprende ad andare…
Quasi di colpo scende la notte, dopo il breve crepuscolo dei tropici; ora non c’è più tanto lavoro per gli occhi, tranne i mille piccoli fuochi davanti alle case (i più cucinano ancora con la legna) ma la campagna è già stata infettata di luci al neon e del chiarore grigio e freddo della televisione, all’interno della case.
Anche l’udito, drogato dallo sferragliare monotono smette di funzionare, e la mente ripiega su pensieri e associazioni.
..La cura è un buon libro, nell’attesa di arrivare.

La ferrovia finisce a Matara. C’è la stazione; poi i binari proseguono ancora un po’ per perdersi nel nulla, tra le case.
Pensa – dice Bruno – a quello che s’è trovato i binari a due passi dalla capanna…Che regalo che gli hanno fatto…  Avrà schiodato una parete e l’avrà spostata più in là, per inglobare prima una poi tutte e due le barre del binario… un po’ per volta, senza dare all’occhio.. Poi un giorno mette fuori l’insegna: “VENDITA FERRO” …Ma tu pensa che regalo..!

E gli brillano gli occhietti di faìna..  Si vede benissimo che li porterebbe lui stesso, a spese sue, i binari dentro le capanne.. per vedere di nascosto l’effetto che fa…

[Matara (West Coast Sri-Lanka); 2001]