Ambiente e Natura

San Gennaro… e gli altri. (1)

di Paolo Mennuni

 .

Pubblichiamo con piacere su San Gennaro e gli altri santi patroni di Napoli una messa a punto di Paolo Mennuni, esponente di spicco de “Le Cape Fresche”, esposta durante una recente riunione di Gruppo.
Per iniziativa autonoma non avremmo mai osato affrontare il tema, ma la napoletanità indiscussa di Paolo e del suo Gruppo ci esime dalle remore. In tre puntate.
S. Russo

Interno della cappella di San Gennaro (Illustrazione) – Nella cappella di San Gennaro sono custodite le reliquie del santo ed il tesoro

È credenza diffusa che il Duomo di Napoli sia dedicato a San Gennaro (“S. Januario dicatum”). Nulla di più errato!

Eretto alla fine del XIII secolo per volere del re Carlo II d’Angiò, sul luogo dove sorgevano già due basiliche paleocristiane dedicate rispettivamente a Santa Restituta e a Santa Stefania, fu dedicato a Santa Maria Assunta che, da allora, è rimasta la protettrice di Napoli in sostituzione proprio di Santa Restituta.
La basilica di Santa Restituta era stata costruita per ordine di Costantino, mentre quella di SantaStefania per volere del vescovo Stefano che volle ubicarvi le spoglie di San Gennaro.
Le due basiliche, peraltro, insistevano sull’area dove sorgeva un tempio dedicato ad Apollo.
Quando Carlo II decise di sostituire le due basiliche che, nel frattempo, avevano subito le ingiurie dei terremoti e del tempo, volle un tempio in stile gotico e per il quale fece venire maestranze direttamente dalla Francia. Evidentemente voleva superare il romanico che ricordava troppo la dominazione sveva! Nel nuovo duomo le due vecchie basiliche hanno trovato posto come cappelle.

Facciata del Duomo di Napoli 

La Chiesa al tempo di San Gennaro
La presenza della Chiesa in Roma è quasi immediata, rispetto alla predicazione di Cristo, se nel 56 San Paolo dichiara il desiderio di recarsi nell’Urbe dove era già presente una comunità cristiana. Nel III secolo si parla, addirittura, dell’antichissima Chiesa dei romani. Il cristianesimo quindi era già una cultura presente con cui lo Stato imperiale doveva confrontarsi, ora dialogando ora dichiarando guerra aperta. Comunque alla fine del III secolo le sedi episcopali sono ben sedici. Essere Episcopus, cioè supervisore, è una carica importante nell’organizzazione ecclesiastica, e proprio per confrontarsi con il potere civile la chiesa ne ricalca le giurisdizioni; le città romane divengono sedi vescovili e sono sotto la supervisione di Roma per l’Italia suburbicaria, ossia il Sud, e di Milano per l’Italia annonaria, il Nord.

Gennaro
Chi era San Gennaro e perché proprio San Gennaro? Perché, in effetti, pur essendo formalmente il secondo compatrono di Napoli insieme all’Assunta, per una serie di circostanze e di credenze, e per tutta una congerie di manifestazioni e celebrazioni che confluiscono in una forma di culto della personalità, hanno portato lo stesso San Gennaro a superare, nell’immaginario collettivo e nelle celebrazioni ufficiali, perfino la figura della Madonna!

Gennaro, la cui stessa esistenza sarà messa in dubbio nel corso del Concilio Vaticano II nel 1969, per carenza di documentazione storica attendibile, sarebbe nato nel 272 e morto nel 305, nel corso delle persecuzioni volute da Diocleziano che furono particolarmente accanite nell’Italia meridionale; bisognerà attendere l’Editto di Costantino del 313 perché poi cessassero del tutto.
Ma della vicenda della cancellazione di San Gennaro parleremo a parte alla fine della trattazione mentre, per ora ci atterremo alla tradizione popolare che vuole che fosse elevato alla dignità di protettore della città nel 472, quando viene invocato per difendere Napoli da una terrificante eruzione del Vesuvio che, evidentemente, non era ancora abbastanza soddisfatto di quanto avesse già combinato qualche secolo prima. In quell’anno il Nostro spodesta Sant’Agrippino e inizia la sua brillante carriera accanto all’ormai dimenticata Santa Restituta che, nel frattempo, verrà confinata sull’isola d’Ischia come patrona di Lacco Ameno. Forse un… contentino!

Il fatto più importante che caratterizza il culto di San Gennaro è il fenomeno della liquefazione del suo sangue, detta anche emofusione, che si verifica ben tre volte l’anno a partire dal 1389, anno della prima manifestazione, detta popolarmente “’o miracolo”.

Chi era San Gennaro?
Sul luogo reale di nascita non v’è certezza come non v’è certezza sul suo vero nome; secondo alcuni sarebbe nato in Calabria a Joppolo ed il nome di Januarius gli sarebbe derivato dalla Gens Januaria devota al dio Giano, cui apparteneva, mentre il suo praenomen sarebbe stato Proculus. Nell’uso romano il praenomen Januarius era quello che si attribuiva ai nati nel mese di gennaio, mese dedicato appunto al dio bifronte, mentre il Nostro era nato in aprile.

Comunque, nato forse a Benevento, il 21 aprile del 272, fu vescovo di quella città; nel 305, mentre si recava in quel di Napoli per portare sostegno e conforto a Sossio e Festo, due diaconi, che erano stati arrestati nell’ambito delle persecuzioni ordinate da Diocleziano, fu arrestato anche lui.
Arrestato fu anche damnatus ad bestias nell’anfiteatro di Pozzuoli dove, secondo la leggenda, le belve feroci si sarebbero rifiutate di aggredire Gennaro e il suo seguito e l’episodio è riportato in un bellissimo dipinto di Artemisia Gentileschi; sembra però più verosimile che la popolazione si fosse opposta allo scempio, in virtù della popolarità di cui già godeva il personaggio. Draconzio, governatore della Campania, ordinò quindi la sua decapitazione che avvenne nella Solfatara il 19 settembre dello stesso anno. Tra la folla che assisteva all’esecuzione c’era anche la sua vecchia nutrice e perpetua, Eusebia, che ne avrebbe raccolto il sangue in due ampolle e le avrebbe poi consegnate al vescovo di Napoli.

Il “miracolo”, che la Chiesa ufficiale definisce semplicemente “prodigio”, si verifica tre volte l’anno: il 19 settembre, giorno del martirio, il 16 dicembre, in ricordo del miracolo da lui compiuto in occasione di un’altra eruzione del Vesuvio nel 1631, e il primo sabato di maggio, ricorrenza della traslazione delle spoglie da Pozzuoli a Napoli. Quest’ultimo evento si celebra con una solenne processione dal Duomo a Santa Chiara, attraverso il centro storico di Napoli, con la partecipazione dell’arcivescovo cardinale e la Deputazione per i festeggiamenti. Nell’occasione sfilano, in coda, anche alcune statue dei compatroni. Da qui il detto napoletano che quando appaiono i “santi ’mpurtanti ’a processione è fernuta”.

La traslazione, comunque, non fu unica ed immediata perché il corpo del Santo fu prima trasportato a Napoli, nelle catacombe che poi da lui presero il nome, poi a Benevento, di lì a Montevergine e, finalmente, a Napoli nel 1497. Nelle catacombe (*), a ricordo, c’è un affresco della famiglia del Santo. Una… foto di famiglia, insomma!

Affresco nelle catacombe di San Gennaro: la piccola Nonnosa (al centro) tra la madre Ilaritas (a sinistra) ed il padre Theotecnus (a destra)

Gli altri santi patroni
Gli altri, che sono ben 52, fanno di Napoli la città più protetta d’Italia, seguita a rispettosa distanza da Venezia che si deve accontentare di annoverarne… soltanto 26. Ossia la metà.

Non li citeremo tutti ma ci soffermeremo soltanto su quelli più significativi e che più hanno inciso sulla fantasia popolare attraverso detti, proverbi e battute, più o meno in voga, e che fanno ormai parte integrante del bagaglio della “napoletanità”.

Innanzi tutto qualche statistica sulla composizione di questo “pantheon”: su 52 le sante sono 13, gli uomini 37 e… di due del sesso non è lecito parlare perché… sono arcangeli!
Quanto ai nomi, il più diffuso è Francesco con sette presenze, mentre tra le donne prevale Maria, e sono quattro. Per soddisfare la curiosità ricordiamo anche che cinque compatroni furono vescovi di Napoli.
Cronologicamente, le proclamazioni sono avvenute: 30 nel XVII secolo, 6 nel XVIII, 12 nel XIX e 4 nel XX.
L’ultima, è Santa Rita da Cascia, proclamata nel 1928, cioè meno di cent’anni fa, mentre il primo è stato SanTomaso d’Aquino, nel 1605.
A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi: come mai tanti protettori furono in grado di fermare il Vesuvio ma non Garibaldi? La risposta è semplice: i garibaldini erano Mille!

Ancora San Gennaro: il “miracolo”
Il “miracolo” di San Gennaro fa molto discutere e la Chiesa, in primis, non lo considera tale in quanto un miracolo dev’essere qualcosa d’improvviso ed imprevisto e che non può ripetersi con una certa cadenza, pertanto, la Chiesa stessa parla di “prodigio”.

Sul “miracolo” prevale la devozione popolare e la tradizione: le “parenti”, che fanno parte del folclore, e che, sedute in prima fila nella basilica, invocano ed incitano il Santo a compiere il miracolo, sarebbero niente di meno che le discendenti di Eusebia, la donna che avrebbe raccolto il sangue durante la decapitazione. Le incitazioni e le invocazioni delle “parenti” sono molto colorite e spesso sembrano insulti veri e propri!

Siccome il simulacro del santo è un busto ricoperto d’oro l’epiteto più frequente è: “Faccia gialla” (faccia gialluta)… e siccome si riferiscono al miracolo più famoso ossia l’arresto delle colate laviche in occasione delle frequenti eruzioni del Vesuvio per le quali il Santo e stato più volte chiamato in causa, le popolane recitano:

“Faccia gialluta / accurre e stuta /’sta lampa de ’nfierno:
Ora pronobis!”

“San Gennaro mio putente / tu scioscia chesta cennere /
e sarva a tanta ggente / d’ a’ mortte e’e lava ardente!”
Sia lodato San Gennaro, / ca de Napule è guardiano;
col tuo sangue e la tua testa / libberace da ogne tempesta!” 

“Dill’ a Dio, a Crist’ e ’e Sante/ ca pentute simmo tutte quante, /
Ca peccà chiù nun bulimmo, / eccu cà pentute simmo!”
Razia ’razia San Gennaro, / ’a fùrmene e tempestate,
’a scuretate magna, libera nos Domine / San Gennaro ora pro nobis.

Gennaro miserere, / chistu popolo è fedele,
Gennaro miserere!”

(*) – Le Catacombe di San Gennaro sono antiche aree cimiteriali sotterranee risalenti al II-III secolo e rappresentano il più importante monumento del Cristianesimo a Napoli.
Le Catacombe di San Gennaro, tra le più grandi dell’Italia meridionale, si trovano nell’antico Rione Sanità, ricco di storia, ma anche di povertà. In questo contesto, una rete di giovani del quartiere, nati via via intorno a don Antonio Loffredo e a don Giuseppe Rinaldi ha realizzato il progetto di riapertura delle catacombe nel 2006 dando la possibilità a tutti di visitarle e vederle come le vediamo oggi. I visitatori sono passati da 5.000 nel 2006 a 130.000 nel 2018. Si tratta di un progetto di riqualificazione di alcune aree popolari, che sta dando bellezza, lavoro e associazionismo nel quartiere.
Sostenitori istituzionali e sponsor privati hanno contribuito e contribuiscono sin dalla sua riapertura alla sopravvivenza di questo sito (da Wikipedia) – A cura della Redazione

Il sito ufficiale delle Catacombe è molto interessante e curato; vale la pena visitarlo:
https://www.catacombedinapoli.it/it/luoghi/catacombe-di-san-gennaro-napoli

 

[San Gennaro e… gli altri (1) – Continua]

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