Ambiente e Natura

Carcere di Santo Stefano, riflessioni sullo “Studio di fattibilità” (prima parte)

di Tonino Impagliazzo

 

Lo  Studio di fattibilità per il recupero dell’ex carcere di Santo Stefano/Ventotene voluto fortemente dalla Presidenza del Consiglio di Matteo Renzi e dall’Ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, predisposto da Invitalia, sulla base del Masterplan degli esperti e delle linee guida della Commissaria Silvia Costa, è stato approvato dal Tavolo Istituzionale Permanete il 3 maggio 2021.
Il patto, secondo il Contratto istituzionale per il recupero e la rifunzionalizzazione dell’ex Carcere borbonico sottoscritto il 3 agosto 2017, prevede  “la realizzazione di un progetto integrato di restauro e valorizzazione dell’ex Carcere, finanziato dal Ministero della Cultura” ed il CIS, di concerto con gli Enti interessati,  ha ritenuto di porre in evidenza “la riconosciuta rilevanza storico-culturale, la straordinaria valenza simbolica legata alle esperienze della detenzione carceraria, della detenzione politica  e della  sofferenza entro le sue mura indicando nel  recupero di questo straordinario monumento,  una visione della libertà, del futuro di pace e di  sviluppo per l’Italia, per l’Europa e per i popoli del Mediterraneo, interpretata  in modo egregio  dagli intellettuali e dai politici che vi furono reclusi” .

Lo studio, quantunque abbia come anima il progetto di realizzare un polo storico-culturale multifunzionale, un luogo di studi europei ed un centro per la sostenibilità ambientale ed insulare, si presta ad alcune osservazioni.

Comincio dal contesto storico in cui si realizza il carcere, non posto nella giusta evidenza nella stesura del progetto.

 

Intorno alla seconda metà del ‘700 l’architetto Francesco Carpi (discepolo del Vanvitelli) conoscitore del  pensiero illuminista ed incoraggiato dal Maggiore del Genio Antonio Winspeare (anglo-napoletano), realizzò sull’isola di Santo Stefano (1795) un edificio destinato alla reclusione a forma di “Panopticon” (da un punto poter vedere il tutto) ed assegnò al territorio circostante il ruolo della inclusione e della rieducazione, una scelta tecnica ed architettonica che entusiasmò Jeremy Bentham (filosofo inglese, 1748-1832) sostenitore del “recupero del carcerato”, e del fratello Samuel ingegnere.

In detto periodo risultò  determinante il soggiorno nel Golfo di Napoli della Flotta Navale Inglese, guidata dall’Ammiraglio Nelson che mantenne ottimi rapporti con la famiglia Reale Borbonica e questa presenza contribuì in maniera rilevante a rafforzare lo “spirito Illuminista – utilitarista Inglese”, promuovendo nel comprensorio di Napoli la realizzazione di tantissime opere strategiche e civili, attività Industriali e la rinascita dell’ Artigianato. Il fantastico regno della due Sicilie di Pino Ippolito, (Editori Laterza) di recente pubblicazione, parla di un governo illuminato napoletano che aveva raggiunto  risultati straordinari e lo ponevano all’avanguardia in Europa.

Ma questa narrazione dopo breve tempo cominciò a modificarsi, allorquando alcuni “moti popolari” che chiedevano al Re l’adozione di uno “Statuto per una Repubblica Democratica” costituirono per la Casa degli Estensi di Parma, imparentata con i Borboni di Napoli, una buona opportunità  per chiedere  alla Casa Reale dei Savoia una mediazione destinata a garantire  un’ assistenza militare al Regno Borbonico delle due Sicilie.

Due episodi, accaduti nella città di Napoli in questo periodo lasciarono intendere, sin da subito, che a breve si sarebbero adottate nuove regole e nuovi atteggiamenti repressivi da parte della Casa dei Borbone verso il popolo di Napoli  e  così, nel 1799, una protesta popolare che inneggiava alla “Repubblica Democratica di Napoli” venne  soppressa con la carcerazione di molti professionisti (ingegneri, architetti, insegnanti, artisti, artigiani e vari) di cui alcuni, rinchiusi nel Carcere di Santo Stefano e Luigi Verneau (sostenitore della “Repubblica Partenopea”) venne  impiccato nello stesso anno a Ponza sotto il Municipio di Via Pisacane  e  nell’anno 1821, in Piazza del Carmine a Napoli, furono impiccate 19 figure di rilievo, con pena esemplare contro la trasgressione sociale e la stessa motivazione politica.

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Ponza – “Piazza d’Armi”, l’attuale piazza Pisacane 

La ricostruzione della storia del Carcere non può tacere di questi trascorsi, perché  la realizzazione del Complesso Monumentale (ex Carcere di Santo Stefano)  e quello dell’ insediamento urbano delle isole di Ventotene e di Ponza sono figlie legittime dell’Illuminismo utilitaristico e restano per noi isolani “pietre miliari e punti cardine di partenza” per ricostruire un percorso storico – culturale  di  eccellenza.

La rinascita di questi luoghi insulari non può trovare origine all’esterno di questa contestualizzazione storica. culturale, ricca di valori e di esperienza.

Lo Studio di fattibilità, al termine della fase propedeutica e della valutazione comparata delle diverse ipotesi progettuali avendo  selezionato l’opzione “multifunzionale estesa” , non trova piena convergenza con  le riflessioni  in precedenza evidenziate, finalizzate in primis  al  recupero dell’intero Complesso Monumentale proiettato ad  una  rifunzionalizzazione  più  ampia, da destinare ad attività storico-culturali, museali, formative, artistiche e di alta formazione  (opzione .multifunzionale).

Da tanto premesso appare doveroso segnalare che lo Studio di Fattibilità, nella trattazione successiva alla “Premessa”, lascia emergere una certa dispersione tematica, paragonabile più ad un volo radente che  ad un “volo ad alta quota”. La risposta  storico-culturale, presentata dallo Studio di Fattibilità, lascia trasparire un avvio alquanto riduttivo, focalizzando nella figura del Perucatti la centralità della carcerazione.  Il sottoscritto diversamente ritiene che questa impostazione è fortemente riduttiva ed indica come centralità del messaggio storico-culturale il “ripopolamento delle isole Pontine e la costruzione del  ‘PANPTICON’ di Santo Stefano ad opera di Francesco Carpi”.

E’ notorio ai più che la famiglia reale dei Borbone di Napoli, per la propria attività economico-produttiva e culturale, aveva tratto ispirazione  dai valori dell’“Illuminismo utilitarista” (inglese) ritenendolo  ”fulcro e vitalità per una svolta economica e culturale per la città di Napoli e per il  Regno  Borbonico”.

Mi sono chiesto più volte, tra me e me, di come sia possibile avviare uno Studio di Fattibilità sull’ex carcere di Santo Stefano così lontano da questa  finestra eccellente e fondamentale dell’IIluminismo Utilitarista  dei Borbone, i quali ripopolarono questi territori insulari, li inserirono nel proprio circuito urbano e li dotarono dei servizi sociali, abitativi, culturali, militari e produttivi.  Questi “territori insulari”, depositari di Storia e Cultura, ancor oggi possono testimoniare per i valori di Europa, il rispetto dei Diritti umani e sociali  e quelli della tolleranza tra i Popoli Mediterranei.

E’ qui, rivolgendomi ad amministratori e soggetti responsabili, che si gioca il futuro dei diritti politici, sociali, culturali, legali, umani e del rispetto della persona e dell’ambiente, in  un racconto che appartiene alle Isole Pontine ed ai paesi fondatori dell’Europa, che nel corso degli anni hanno conosciuto  la carcerazione, l’isolamento, il confino coatto ed il onfino  politico. E tutto questo, prima che fosse scritto, con al centro la dignità umana, quella pagina eccellente di storia che è il Manifesto per una Europa libera ed unita.

[Carcere di Santo Stefano, osservazioni sullo “Studio di fattibilità” – (prima parte) – continua]

2 Comments

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  1. Rosanna Conte

    1 Luglio 2021 at 09:56

    Caro Tonino, permettimi di dissentire dalla visione ottimistica sulla funzione che i Borbone assegnarono all’ergastolo di S. Stefano come luogo di “inclusione e rieducazione” . Questa finalità poteva riguardare i disterrati, ma non i condannati all’ergastolo. Del resto S. Stefano non avrebbe potuto offrire gli spazi necessari al recupero di diverse centinaia di reclusi.
    Tuttavia, pur non sapendo se Carpi avesse avuto modo di conoscere le idee di Bentham o avesse preso spunto da altre costruzioni presenti in Italia (dal teatro S. Carlo, alle carceri Nuove di via Giulia, alla sala Clementina del correzionale San Michele a Roma),possiamo dire che progettò un edificio che certamente si allontanava dal concetto diffuso nel senso comune del tempo che il reo, oltre a dover soffrire per il resto dei suoi giorni, dovesse essere anche degradato.
    E penso a quanto fece Vincenzo Speciale, il sanguinario ministro del Tribunale di Stato che nel 1799 soffocò le aspirazioni liberali e democratiche della Repubblica napoletana (che fu una vera rivoluzione e non una semplice protesta), lo stesso che ordinò l’arresto e la condanna a morte di Luigi Verneau.
    Recatosi in carcere a Castel Sant’Elmo per procedere contro Domenico Cirillo, sgridò il carceriere perché il reo indossava biancheria pulita: doveva stare nella sporcizia, essere mangiato dai pidocchi e soffrire tanto da desiderare la morte.
    L’idea di un carcere diverso era di Carpi e di pensatori illuminati, non dei sovrani, che ne temevano i risvolti, né del senso comune diffuso tra il popolo.

  2. Tonino Impagliazzo

    6 Luglio 2021 at 15:38

    Buongiorno Rosanna,
    ho letto il tuo commento con interesse e attenzione . Condivido con te che il Carpi e Winspeare (designati dai Borbone per coordinare il ripopolamento delle isole) furono pensatori illuminati che realizzarono opere di ingegneria e di architettura ispirate al superamento delle molte problematiche nel campo sociale (intendo: le abitazioni, le guarnigioni militari a difesa dei cittadini, il cenobio, le opere di culto, la municipalità, la casa della giustizia, le carceri, etc), nel settore delle infrastrutture pubbliche (porti, piazze, strade, reti ed impianti idrici e fognari, giardini, fortezze militari, teatri, gallerie e opere varie) e nelle attività industriali principalmente a supporto delle attività rurali per il rassodo e la protezione dei fondi, attività artigianali, attività marittime e della pesca, della ceramica e del cucito che negli anni si svilupparono notevolmente .
    Questa “visione illuministica della società”, cara Rosanna, non deve essere attribuita “tout curt” ai Borbone, i quali erano semplici mandatari di opere, ma piuttosto agli ”illuminati intellettuali napoletani” (ingegneri, artisti, poeti, artigiani di valore, economisti, etc.) che seppero esprimere una “visione creativa moderna“ della società civile .
    Molti di questi “illuminati”, poeti, intellettuali, economisti, architetti e professionisti pagarono la loro creatività e la richiesta di cambiamento con la carcerazione, l’impiccagione e l’esclusione dalla vita sociale.
    La scelta di utilizzare l’intero isolotto di Santo Stefano (attuata in fase successiva alla costruzione e nelle ore di giorno) per lo svolgimento di attività integrative in agricoltura, nel trasporto a braccia delle provviste (legna, gasolio, viveri ed altro), nella manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio e nei servizi, consentì ai reclusi di ottenere un trattamento particolare simile all’istituto dell’attuale “semilibertà” descritta da Antonio Rosmini e da Jeremy Bentham, ed oggi considerato dell’inclusione e della rieducazione.

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