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Caro Fernando, amico mio

di Sandro Vitiello

 

Questa notte, circondato dall’affetto della sua famiglia, ci ha lasciato a Cala Feola Fernando Pietroniro di sessantasei anni.

Gli amici, quelli buoni, sono pochi.

Veramente pochi.

L’amico buono è quello che cerchi in ogni occasione per farci due parole, per andare a bere qualcosa insieme, quello che non è mai abbastanza tardi per chiudere una cena.

L’amico buono è quello a cui racconti anche pezzi della tua vita di cui forse non vai particolarmente orgoglioso, quello a cui provi a chiedere un consiglio quando sai già che ti darà una risposta che non ti piace sentire.

[1]

Questa notte se ne è andato un mio buon amico.

Avevamo la stessa età io e Fernando: siamo nati nel ’55.

Come Carmine Carannante, come Franco Balzano, che se ne sono andati già da tempo.

Fernando, Carmine e Franco abitavano dalle parti della chiesa a Le Forna ed io li ho incontrati in quarta elementare. Fino alla terza elementare dalle mie parti c’erano due sezioni.

Abbiamo fatto le scuole medie insieme e poi ci siamo persi.

Io me ne sono andato a Nord e lui a Sud.

[2]

Abbiamo fatto la nostra vita e dopo tanti anni ci siamo ritrovati.

E lui mi ha raccontato il suo mondo.
Mi ha parlato a lungo di quel suo padre -il postino di Le Forna- capitato a Ponza perché aveva avuto un posto statale in quanto invalido, mandato a lavorare in un luogo lontano dalla sua terra.

Quell’uomo nato contadino che si ritrova su un’isola di pescatori.

Che inizia a coltivare un po’ di terra, presa in prestito dai ponzesi, che insegna ai ponzesi il mestiere della terra.

Fernando che invece da subito ama il mare e che, mentre fa la scuola nautica, va a pescare sulle barche ponzesi.

Fernando che poi sceglie di andare a lavorare sui traghetti delle ferrovie nel tratto tra Villa san Giovanni e Messina.

Lui che appena può ritorna a casa dove lo aspettano la moglie Rosaria con le figlie Ortensia, Martina e Ludovica.

Lui che aiuta Rosaria nella pizzeria perché è giusto così, ma anche perché sta in compagnia degli amici sul muretto lì davanti.

Lui che appena capita l’occasione apre le porte della sua casa affacciata sopra Cala Feola per bere qualcosa insieme ma spesso -quasi sempre- per una buona cena.

Complice la sua Rosaria, capace di fare miracoli in cucina anche con le cose più semplici.

[3]

L’anno scorso nei giorni che hanno preceduto la pandemia ero a Ponza e insieme a Fernando avevamo deciso di fare il percorso della “Via vecchia” che da Campo Inglese porta alla chiesa di Le Forna.
C’era stato un problema e l’appuntamento era saltato.

“Ale non ti preoccupare, che appena torni è promessa.”
Sono tornato a fine agosto e non stavi bene: promessa rinviata.
Sono tornato dieci giorni fa, ti ho cercato e mi hai risposto dall’ospedale, purtroppo.

Tu inguaribile ottimista mi hai fatto capire, in quell’ultima telefonata, che stavolta il fatto era serio.
E stamattina un messaggio, uno di quelli che in due parole ti dicono che non ci saranno più camminate e cene e chiacchiere.
Peccato, eri importante per me.

Un abbraccio grande a Rosaria, ad Ortensia, Ludovica e Martina.
E a tutta la tua grande famiglia.

Fai buon viaggio amico mio.