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Bassolino e il ritorno al Metodo

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

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Perché Napoli
Partecipo – in maniera convinta ed attiva – attraverso i social, ma lo farò materialmente nel momento necessario, alla campagna elettorale di Antonio Bassolino per le elezioni del sindaco e del consiglio comunale di Napoli che si terranno il prossimo autunno e che si sarebbero dovute tenere nell’attuale primavera se non fossero state spostate dal Governo per gli effetti della pandemia del Covid 19 ancora in atto.
Non ci si deve estraniare dalle vicende del Comune di Napoli non solo perché Napoli è la Capitale del Mezzogiorno ma perché il Sindaco di Napoli è anche Sindaco della Città Metropolitana che ha preso il posto – per l’assurda Legge Del Rio – dal 2014 della Provincia.
Il Sindaco Metropolitano è autorità monocratica senza Giunta con un Consiglio Metropolitano eletto in secondo livello con un farraginoso sistema elettorale dai consiglieri dei 92 Comuni della ex-Provincia. Ma i cittadini di Napoli Città possono eleggere il sindaco che per quanto riguarda gli altri cittadini della ex-Provincia è anche sindaco metropolitano mentre gli altri no. Una ulteriore anomalia di una legge assurda.
Tuttavia in attesa di una razionalizzazione istituzionale, sempre in itinere, bisogna attivare gli strumenti di partecipazione previsti dagli Statuti del Comune e della Città per attivare una politica coordinata comunque “provinciale”. Se questo è il motivo razionale c’è un più forte motivo emozionale e sentimentale. Sono profondamente napoletano. La “napoletanità” è nei miei geni. Non c’è nulla in me che non sia napoletano. Credo che questa napoletanità – La Capria la distingueva sempre dalla napoletaneria (*) – è nei geni di un popolo vastissimo che resiste ai secoli ed alle distanze geografiche ed agli artifici divisionari amministrativi. Noi ischitani siamo napoletani. Lo sono anche gli isolani di Ponza che dal 1931 si trovano ad essere laziali. Personalmente poi c’è un legame indissolubile con Napoli. A Napoli ho fatto l’Università ed ho lavorato per 26 anni. Lì ho trovato anche l’Amore della mia vita. Napoli è Napoli.

Perché Bassolino
La convinzione della bontà della scommessa di Bassolino, con la speranza che contiene, è piena per una quantità di motivi.
Il primo motivo è di personale memoria del “Rinascimento napoletano” che si avviò a Napoli nel 1993 con l’elezione a sindaco di Napoli– il primo sindaco eletto con la nuova legge sulla diretta elezione del primo cittadino – che quindi si trovò investito di una doppia responsabilità: quella di avviare il Rinascimento di una città, capitale del Mezzogiorno, in ginocchio da ogni punto di vista – economico, sociale, morale e politico, buon ultimo, dopo Tangentopoli che aveva disintegrato la vecchia classe politica (DC, Psi, Psdi, PRI e PLI) la quale per circa 20 anni ininterrottamente aveva amministrato la Città e la Provincia con un incredibile valzer di sindaci, assessori, consiglieri con scandali nazionali altrettanto incredibili; come quello della telefonata intercettata tra Questore, Sindaco e capo cronista de “Il Mattino” che fece scrivere a Sebastiano Maffettone del “lessico questurino” divenuto un classico – e quella di verificare la bontà della riforma degli enti locali prevista dalla legge n. 142/90 ed ulteriormente dalla legge 65/93 che contempla l’elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia.
Si avviava ad esperimento cioè un “presidenzialismo” a livello di enti locali mentre rimaneva un “parlamentarismo” a livello nazionale. Un segno del caotico e illogico riformismo istituzionale che si stava avviando con la Seconda Repubblica che nasceva non da una corretta riforma costituzionale ma da una “Costituzione di fatto” con leggine ad personam con l’indicazione del leader nel simbolo come se il popolo potesse eleggere il Presidente del Consiglio dei Ministri. Nasceva un cesarismo con tanti Cesare e si personalizzava la politica.

Antonio Bassolino eletto alla camera dei deputati nel 1987

Bassolino aveva allora 46 anni. Apparteneva alla formativa “classe dirigente” del PCI che preparava i suoi dirigenti a tempo pieno facendone “funzionari di partito”. Era già stato segretario regionale e deputato al Parlamento. Conosceva ogni “sezione” del PCI della Campania e quindi conosceva perfettamente i problemi sociali del Mezzogiorno. Aveva quindi già una vasta esperienza e nel contesto politico della vecchia classe politica dissolta Antonio Bassolino ebbe il compito di formare una nuova coalizione di sinistra-centro più che centro-sinistra in opposizione ad una destra qualunquista rappresentata dalla nipote del duce, Alessandra Mussolini, fra l’altro romana e non napoletana.

Bassolino vinse le elezioni ed avviò una fondamentale “riforma amministrativa” del Comune con una “Giunta tecnica”, dove la competenza era unita in maniera indissolubile alla appartenenza politica. Cambiarono anche le denominazioni degli assessorati. Chiamò come “Assessore alla Normalità” il prof. Amato Lamberti, sociologo, eletto come indipendente nei Verdi, promotore dell’Osservatorio sulla Camorra e profondamente convinto della “trasparenza nella Pubblica Amministrazione”, la sola strada per la moralizzazione o la “normalizzazione” della vita pubblica.
Due anni dopo, nel 1995, quando si trattò di formare una coalizione progressista per l’elezione diretta del Presidente della Provincia fu scelto proprio Amato Lamberti.
La legge n. 142/90 assegnava compiti rilevanti alla Provincia e disegnava anche una Città Metropolitana con 92 Comuni.
Il compito essenziale della Provincia era redigere ed approvare un Piano Territoriale di Coordinamento che avrebbe dovuto essere sovraordinato rispetto a tutti gli altri strumenti urbanistici esistenti anche del piano paesistico.
Comune e Provincia di Napoli erano destinati ad una “rivoluzione copernicana” per una nuova e decisiva stagione politica.

Antonio Bassolino in un’immagine del 2006

Il Rinascimento Collettivo
Sono stato testimone del “Rinascimento Collettivo” di Napoli e della sua Provincia. Lavoravo all’Ufficio Stampa della Provincia di Napoli ed era un Osservatorio privilegiato perché ero coinvolto, come responsabile dell’ufficio, in tutte le iniziative amministrative e politiche del nuovo Presidente e della sua Giunta tecnica con personalità di alto profilo. C’era perfetta omogeneità e forte collaborazione tra il Comune e la Provincia. Il Palazzo di Piazza Matteotti distanziava da quello di Piazza Municipio poche centinaia di metri, divisi da via Cervantes.
Il pendolarismo Ischia-Napoli e viceversa mi permetteva di vedere il cambiamento sociale della popolazione.
Il Rinascimento napoletano fu un’impresa collettiva del popolo di Napoli – gli imprenditori, gli albergatori, i commercianti e tutte le altre categorie – sentivano l’esigenza di “far risorgere Napoli” ed i due enti locali interpretavano questa esigenza di rivalutazione delle strade, dei vicoli, delle piazze, delle chiese, dei monumenti. Bassolino e Lamberti incarnavano questa voglia di ripresa civile.
Credo che quello era il “Metodo” per una nuova Sinistra o un nuovo Umanesimo.
Fu quindi confermata dal voto successivo la fiducia del popolo in Bassolino e Lamberti.
Ho già scritto che non ho tenuto un diario di quel decennio – 1993-2003 – ma mi sarebbe stato necessario per scrivere una memoria di quegli anni.
Lamberti non poteva ripresentarsi dopo due mandati e così la sua esperienza si chiuse anche drammaticamente perché nel 2012 morì. Bassolino passò alla Regione e fu Presidente della Giunta Regionale della Campania per 10 anni.
Ma quella tensione del ’93 probabilmente non c’era più nella società civile ed era nata una nuova “partitocrazia”, con partiti “liquidi”, senza una carica ideale.

Il ritorno
Dopo 11 anni e 19 assoluzioni Antonio Bassolino si ricandida. Ha 74 anni. Chi glielo fa fare? Nulla se non la passione civile e la richiesta di centinaia di cittadini delusi dalla politica, dai nuovi partiti e dall’esperienza decennale di De Magistris.
Si ricandida “contro” il PD, il partito che aveva contribuito a fondare e che per 11 anni lo ha messo ai margini senza dargli nemmeno una carica onorifica. Non lo appoggia nemmeno il piccolo partitino Art.1 MDP che si continua a chiamare “LEU” che conta il 2 per cento e che per restare nella nuova alleanza romana PD-M5S si riduce ad essere ininfluente stampella o ruota di scorta di una coalizione improvvisata e senza retaggio storico e programmatico.
Perfino il PSI di Craxi non poteva imporre formule politiche nei Comuni o alle Regioni in base all’alleanza romana con la DC. Prima di lui Francesco De Martino negli anni ’60 e ’70 in pieno centro-sinistra non poteva accettare la “trasposizione meccanica del centro-sinistra dal centro alla periferia”. Io ho vissuto anche questa esperienza.

Bassolino ha iniziato un lungo giro per i quartieri di Napoli, fra la gente, per capire lo stato di vivibilità di un popolo. Ha iniziato ad utilizzare i social ma dopo circa quattro mesi dell’annuncio della candidatura ha indetto un “comizio” per mercoledì 16 giugno alle ore 18 a Piazza Carità.
Non si fanno più comizi da anni ma Bassolino ha sentito il bisogno di riprendere un colloquio con il popolo usando sì i nuovi mezzi di comunicazione ma sentendo la necessità di riprendere un contatto umano. Così in questo comizio – al quale hanno assistito circa mille persone ma migliaia erano collegati via social – Bassolino con semplicità ha espresso il suo stile e il suo programma. Non ha avuto timore di presentare la sua storia di comunista del PCI di Amendola, Ingrao, Reichlin e Berlinguer e per tre volte ha detto di essere “di sinistra” e di essere un “uomo delle Istituzioni”. Ha invitato tutti ad andare a votare e ad abbandonare l’astensionismo. Ha sottolineato la necessaria collaborazione istituzionale tra il Comune, la Regione, il Governo e l’Unione Europea.
Ha chiesto a “più generazioni” di allearsi a lui. Soprattutto ha iniziato con “Compagne e Compagni”. È stato emozionante per moltissimi delle generazioni del ’68 perché i “compagni” erano i comunisti, i socialisti, gli azionisti. E si credeva veramente alla Politica.
Bassolino riscopre a mio parere un Metodo per la Politica.

Discorso del metodo
Il Discorso del metodo è l’opera più famosa di René Descartes o Cartesio (1596-1650). L’intelligenza è propria di tutti gli uomini; alcuni ne hanno molta, altri ne hanno di meno; tuttavia non è la quantità di intelligenza che garantisce il raggiungimento della verità bensì il modo in cui la si usa e quindi il metodo che si segue.
La logica ha quattro regole:
– non si deve accettare per vera nessuna cosa che non sia evidente;
– bisogna dividere ciascuna difficoltà che viene esaminata in quante parti è possibile per giungere alla migliore soluzione;
– bisogna svolgere con ordine i pensieri;
– per la soluzione di ogni problema bisogna far enunciazioni complete e generali dei vari elementi in modo da non omettere nulla.

È tempo di ripristinare il Metodo.

Di Giuseppe Mazzella, direttore de “Il Continente”
Casamicciola, 20 giugno 2021

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Note (a cura della Redazione)

“Napoletanità vuol dire fantasia, passione, intelligenza, cultura, amore per le proprie tradizioni; al contrario Napoletaneria significa oleografia, banalità, volgarità, sciatteria ed esaltazione dell’ignoranza” (termini introdotti da Raffaele La Capria).
In: https://www.rivistagradozero.com/2015/11/27/napoletanita-vs-napoletaneria/

1 Comment

1 Comment

  1. Sandro Russo

    23 Giugno 2021 at 19:12

    Bene Giuseppe, quel che tu delinei e che piace – sempre, dovunque, in tutti i tempi – è una situazione di “stato nascente”. Dei progetti, dei movimenti politici, delle rivoluzioni… anche (nelle vie private) degli amori. Tu gli entusiasmi correlati li hai resi molto bene.
    Anche nelle nostre esperienze isolane, per qualche passata amministrazione, abbiamo sperimentato questo impegno e unanime sentire, che poi nei mandati successivi si è appannato, fino ad andare in malora.
    Purtroppo è molto difficile riavvolgere il tempo e ravvivare – decenni dopo – quelle stesse emozioni. Ve lo auguro comunque!

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