- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

Il gioco dei ricordi (1). ‘A lanzetella

di Francesco De Luca
[1]

.

L’estate si presenta nel suo aspetto più accattivante, a Ponza poi si è fortunati perché risplende per la festività del santo Patrono. Non c’è possibilità di fallimento, San Silverio (20 giugno) ogni anno è il padrone di casa che apre la sua villa a chi la vuole visitare, nativi e forestieri.

Oggi la convivenza sociale è vincolata dalle restrizioni della pandemia, e la gioia sarà contenuta. E allora? Allora può venire in aiuto il ricordo, anzi no, i ricordi: quelli miei, quelli vostri. A vivacizzare l’atmosfera, a renderla consona a quella in cui è immersa Ponza.

Sole alto già alle otto di mattina, col mare che invita ad andare costa costa, l’aria profumata di un misto di afrori che dalla terra scendono sino al mare; poche barche alla fonda, perché i ragazzi sono ancora impegnati con gli esami; il porto sonnecchia, nonostante qualche insolente gallo dall’alto della collina spanda il suo richiamo nel cavo, dal Canalone un altro risponde.

Sui pontili qualcuno scende, e ritorna con fragranti cornetti. Patanella già armeggia, intrattenendosi col benzinaio. Gli operai del Comune danno gli ultimi ritocchi alle panchine, alle foriere, negli spazi che saranno presi d’assalto dalla marea dei turisti. Che, per fortuna degli isolani, verranno.
Nonostante le limitazioni nei festeggiamenti del 20 giugno, verranno.
Per ora le presenze notate sono quelle degli affezionati all’isola. Hanno casa e vengono a godere il lento procedere del tempo sull’isola.

Troppo lento, cosicché Silverio De Luca (il fratello di Tommasino) insieme con Ugo (Anello) decisero di mettergli un po’ di sprint.

Silverio (oggi generale Guardia di Finanza in pensione) decise di costruirsi una barchetta, ‘na lanzetella.
Il padre, Vittorio ’i Luca, non la possedeva, ma in Silverio la tentazione era tanta, e alimentata da quelle attraccate al molo o tirate a secco sullo scalo del Mamozio. Qualche volta, lui e Ugo, ne prendevano ‘in prestito’ qualcuna, giusto per andare fuori la scogliera, non di più. Ma il padrone se ne risentiva e si lamentava col padre.

Basta: Silverio e Ugo decisero di dotarsi di una barchetta. Nel modo più semplice. Presero una cassetta, di quelle grandi, ne calafatarono il fondo, alzarono le murate e… il gioco era fatto.
A parer loro era fatto.
Trafficarono intorno a quella cassetta per giorni interi. Con l’avallo di Ciro Iacono, dal cui laboratorio prendevano martello e chiodi, e di Maurino, che si prodigava in consigli. I due ‘masti’ prevedevano già l’epilogo ma quei due ragazzi erano ostinati.
Lo scafo infine fu pronto. Fondo piatto… è vero, ma la prua era a punta, e la trazione a remi ( due tavolette sagomate inchiodate ad un paletto ). La capienza era quella giusta per loro due. Avrebbe voluto salirci anche Silverio ’a Musella, compagno di classe e di giochi, ma lo spazio era poco. E soprattutto il peso sarebbe stato eccessivo.

Il peso si mostrò subito il fattore più a rischio.
I due salirono e si allontanarono dal molo (dove ora affittano le barche i figli di Bebé (Mauro e Claudio). Il muretto del Corso Pisacane già era profumato dalla mortella stesa sui pali da Luigi, Colonnello, Peppino, con le bandierine di carta a far colore.
I gozzi erano ormeggiati, la nave da Anzio sarebbe venuta alle undici e perciò c’era tempo, la mèta era superare il Lanternino e raggiungere la punta della scogliera.

Sì… una parola. Nonostante stessero più fermi possibile, ogni piccolo movimento veniva amplificato dallo scafo piatto. La barchetta procedeva dimenandosi di qua e di là, finché all’altezza della capitaneria imbarcò più acqua.
Che fare? Togliere l’acqua o procedere? Uno, quello davanti – Silverio – vogava e Ugo cercava con le mani di mandar fuori acqua. Un disastro! Lo scafo traballò, si riempì d’acqua e i due si trovarono a mare. Lo scafo accanto e loro attaccati.

Quelli affacciati in quell’arco del porto mostrarono di non aver visto. Tutto si compì nel modo più normale. Pure Ciro e Maurino fecero finta che non fosse successo nulla.
E che è… avite fatto ’u bagno p’a matina?” – fu la frase di Maurino nel vederli prendere terra al Mamozio.

Sono stati giochi e oggi sono ricordi. Con i quali si gioca affinché il ‘tempo di San Silverio’, anche in periodo di pandemia, sia allietato.
Fra qualche anno ritorneranno alla mente questi anni di restrizioni e, frugando fra le pieghe dei fatti, cercheremo di trarne spunti di piacere.

Immagine di copertina. Famous shipwrecks. Vignetta