Ambiente e Natura

Il luogo del cuore (2). Casa Silva

di Silvia Boccardi

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Come sempre si dice del nostro Santo nazionale, anche il contributore di Ponzaracconta è lungariell’, ma no scurdariell’, così ecco, a distanza rispettabile dalla proposta iniziale (cfr. nota a fondo pagina), un’altra testimonianza della propria ‘casa del cuore’. Altre ne seguiranno, si spera…
Buona lettura
S. Russo


Centoventi anni fa il bisnonno di mio marito comprò una locanda molto antica a Berceto, un paese dell’Appennino in provincia di Parma. Non ho scoperto quando è stata costruita, ma tracce di antichi archi che limitavano l’ingresso alle stalle sono architettura rustica del ‘700.

Questa locanda che si vede sulla sinistra in una immagine del 1832, era posta su un piccolo colle chiamato il poggio di Berceto, e ospitava i viandanti che percorrevano la strada che unisce Pontremoli a Parma, a pochi chilometri dal passo della Cisa che segna il confine tra Liguria ed Emilia.

Il bisnonno era un austero e baffuto ingegnere che viveva a Parma, aveva sposato una donna di una piccola ma antica nobiltà originaria di quelle zone e desiderava una casa grande in una zona fresca dove trascorrere le vacanze d’estate con i suoi cinque figli. In effetti il clima d’estate è gradevole, il poggio di Berceto si trova a 850 metri di altitudine e ha dei piacevolissimi dintorni: boschi, numerosi monti, piccoli fiumi e piccoli laghi. Ancora oggi è zona nota per i suoi funghi, i frutti di bosco, e naturalmente la tipica cucina di tortelli e anolini, per non parlare delle tante altre cose della cucina e della tradizione emiliana.

Da allora la casa che è molto grande, ampia circa millecinquecento metri quadri, è stata sempre residenza solo estiva della famiglia, e negli anni è stata più volte modificata e un poco ingrandita, imbiancata secondo la moda dell’epoca e poi riportata alla facciata originaria in pietra.


Conserva ancora una targa sistemata nel 1828 sopra il portone d’ingresso che ricorda le sue origini “locandiere”. (foto 3 e foto 4 )
Nel giardino sono state create e poi a volte abbandonate piccole zone amene (il boschetto, il viale delle rose, il pratino, il terrazzo alto dove si gioca a ping pong).

La casa ha vissuto anch’essa la storia. È stata requisita dai tedeschi durante la guerra, e ha ospitato il figlio maggiore del bisnonno, quindi il nonno di mio marito, che si è distinto come uomo illustre di cultura e antifascista, pubblicando numerosissime opere di storia e insegnando in vari atenei. Si chiamava Pietro Silva, e i Bercetesi hanno dato il suo nome alla loro scuola media e alla strada in salita che unisce la casa sul poggio alla piazza principale del paese.

In questi centoventi anni la casa è stata ereditata da nonni, poi genitori, figli e adesso nipoti. Ora che mio marito non c’è più (ha portato lo stesso nome del nonno, Pietro Silva) ed è seppellito nella cappella di famiglia del piccolo cimitero insieme a tutti i suoi avi, io mi trovo proprietaria di una parte e mantengo l’abitudine di soggiornarci ad agosto, insieme a parenti vicini e lontani della sua famiglia che vivono ormai in varie parti del mondo. A Ferragosto, quando si fa il tradizionale pranzo in giardino, i partecipanti alle volte sono circa cinquanta.

Per prima cosa c’è il ritrovarsi ogni anno, abitudine che senza la casa non sarebbe stato possibile conservare.
Poi le belle passeggiate, le partite a carte, in passato la camminata a orario e passi contati del vecchissimo zio Antonio, la bandiera austroungarica issata dal nostalgico zio Piero il giorno del compleanno di Francesco Giuseppe, la paura di far arrabbiare la zia Ninni nota per i suoi furori, i racconti rievocati del “gran disgusto” tramandati dalla nonna Gigina privata ingiustamente di una eredità, le presentazioni dei “fidanzati” che vengono per la prima volta portati a Berceto e sono oggetto di spietate disamine, e adesso le spedizioni con le nipoti ai centri commerciali, i pacchi di Amazon che arrivano, le grigliate, e ancora le belle passeggiate e le partite a carte.

Si dice che solo chi è in un certo modo estraneo a un ambiente, come in parte sono io, unica proprietaria “acquisita”, può guardare e cogliere veramente quello che c’è di pittoresco, caratteristico in un altro piccolo mondo e così io osservo, come ho sempre osservato in tanti anni di frequentazione, i riti, il lessico familiare, le leggende, le complicità e le conflittualità della famiglia con un certo spirito di curiosità antropologica e di interesse turistico.
È una vacanza all’antica, tranquilla, ripetitiva, senza la moderna smania di vivere qualche esperienza straordinaria, e questo mi piace.

 

Ricordate come è cominciata questa serie?

“A volte le storie della casa che uno sceglie per la vita – come e perché si sceglie e i richiami che la casa a sua volta esercita sui potenziali futuri proprietari – dicono più di mille parole sul carattere di chi le abiterà. Altre volte le case non sono scelte, ma ereditate dalla propria famiglia che le ha abitate a lungo. Le loro storie possono essere non meno interessanti.
Inauguriamo questo nuovo filone con l’amica Patrizia Maccotta che ci racconta la storia del suo casale in Sabina. A seguire chi vuole potrà mandare la sua, di testimonianza, corredandola con qualche fotografia di sua scelta”.

 

1 Comment

1 Comment

  1. Patrizia Maccotta

    12 Giugno 2021 at 20:00

    Come sono contenta! La casa Silva si è aggiunta al casale di Aurelio Bombelli. È più antica, più nobile, situata più a Nord, ma quanti punti in comune con il casale rustico di Palombara Sabina: ha una sua storia e vive anche la Storia; chi la cura ora è una donna che custodisce un luogo appartenuto alla famiglia di suo marito scomparso; ha un giardino che invita a coltivare preziosi momenti che alcuni chiamano noia e che sono la porta della creatività. E soprattutto è un posto di villeggiatura non di vacanza. Una bella differenza! Grazie Silvia, per averla fatta conoscere.

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