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Odori di prima estate

di Francesco De Luca

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C’è una frenesia nell’aria. Parte dalle case, le cui finestre, oscurate per l’intero inverno, si stanno aprendo al sole anzitutto, ma quello che entra con più cipiglio è il profumo. Qui fa da signore l’odore della ginestra, misto a quel che spargono le foglie novelle e la nuova erba.

Il puzzo del chiuso e dell’umido viene scacciato e i muri si rigenerano. Quante volte da piccolo ho ascoltato la raccomandazione del medico a mio padre: “Fate respirare lo iodio a questo bambino, ché fa bene ai polmoni. Voi isolani siete fortunati!”

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Forse è così, ma i miei concittadini sono attratti dalle comodità del continente. Dalle comodità sociali dico, non certo dalla salubrità dell’ambiente circostante. Ma questo giudizio devo sussurrarlo e non gridarlo, se non voglio innescare polemiche.

Certo è che la primavera a Ponza esalta tutti gli aspetti positivi dell’insularità. A cominciare dai profumi. Quelli che la campagna emana li spande sommessamente il venticello che dalla Guardia degrada giù al porto, o dal monte Pagliaro, di ‘parracina in parracina’ si quieta fra le case di Santa Maria. A Le Forna la situazione è diversa. Scavalcato il Campo Inglese, si è circonfusi dagli odori silvestri.
I vari agglomerati di la Chiesa, la Piana, Calacaparra, cala Feola subiscono i venticelli che dalla Schiavone, dal monte Aprea, d’ a Chiana ‘u ‘Ncienzo, da Cala Feola si insinuano fra i caseggiati addossati ai loro fianchi o adagiati alla base. Tanto che per sentire un frizzo salmastro, non melenso, occorre recarsi a Cala Fonte o a Cala dell’Acqua o a Cala Feola, e lì, complice l’onda che lambisce la costa, l’aria sa di alga novella e di patelle d’annata.

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Mi imbatto sul ciglio della costa con Nino franfallicco.
“Che stai facenno ?” – esordisco.
“Guardo il fondo… po’ esse ca veco nu purpo” – risponde.
“Ma noo …”  – dico
Comme no… aiere n’aggio pigliato uno ‘a chesti parte. Ll’acqua è… se vede u funno na bellezza”.

Al Porto invece succede che tutte le pizzerie sono in fermento, e così le trattorie e i ristoranti. Si attende che gli Italiani lascino le città e cerchino luoghi per riequilibrare la mente tra necessità e aspettative. I luoghi di mare, specie quelli lontani dal trambusto, assicurano il risultato.

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Con la massa di turisti nelle stradine che lambiscono i locali di ristorazione ristagnano gli odori delle fritture di pesce. Acuti e penetranti. Succederà nei mesi a venire. Oggi ho sentito l’odore del pomodoro che si insaporisce per diventare sugo. E insieme, cucuzzelle messe a soffriggere, impastate di farina e uovo sbattuto, per disporsi a strati con formaggio e basilico nella ‘parmiggiana’.
Odori di ortaggi che in primavera compaiono per accompagnarci per l’intera estate.

Nella scalinatella  a ridosso della chiesa zia Marietta sta soffriggendo cicoria di campo con spicchi di pomodoro, una manciata di capperi e altro che non sono riuscito a decifrare. Sto salendo per andare a casa per il pranzo. Il corpo è stimolato a sufficienza. Spero che l’attesa sia appagata.

Stessa speranza manifesto per l’estate in arrivo: che sia appagante.

 

Le foto a corredo dell’articolo sono di Silveria Aroma (Ndr)