di Sonia Roblesse
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Per quanto io possa ricordare, non sono mai stata veramente a mio agio con l’acqua.
Ho imparato a nuotare da sola, molto più tardi degli altri miei piccoli amici.
Anche bere è un atto che mi richiede più tempo della maggior parte delle persone.
La mia gola sente il bisogno di fermare il liquido per un momento prima di lasciarlo passare. Come se ci fosse, nascosto in me da qualche parte, un lontano ricordo che risale a secoli fa, che sente l’acqua come una possibilità di annegamento.
Come se l’angoscia umana si fosse depositata nelle sue profondità invisibili.
Nonostante questo duplice rapporto che ha costantemente vissuto in me, senza saperne il perché, ho cercato sempre di lasciarmi domare da lei perché sapevo che era sacra.
Finché un giorno l’acqua mi si impose in un modo più onnipresente che mai, quando la vita ha deciso di portarmi su un’isola.
All’improvviso la mia esistenza ha assunto una dimensione acquatica.
Il mare era ormai ovunque intorno a me.
La pioggia cadeva pesantemente dal cielo, gocciolando per terra e annaffiando tutto ciò che si trovava nel suo cammino.
L’umidità dell’aria che ho respirato profondamente
L’acqua che ha lavato il mio corpo
L’acqua che ho bevuto volontariamente ogni giorno
L’acqua che ha inzuppato il mio pennello per gli acquerelli
L’acqua in cui facevo il bagno nelle giornate di sole
L’acqua era lì, inevitabile, più presente che mai
A volte calma e cristallina, a volte agitata e oscura.
Equazione chimica della vita, senza di lei, è un dato di fatto, non saremmo qui.
È arrivata dappertutto, nei pori della mia pelle, negli alveoli dei miei polmoni
Ha invaso il mio sguardo sul mondo.
Poi ho iniziato a sentirla e riconoscerla in me come una evidenza.
Dopo aver sperimentato l’aria, il fuoco e la terra, mi sono resa conto fisicamente che più della metà del mio corpo era fatto solo d’acqua.
Dove c’era la mia possibilità di annegare, c’era anche la possibilità di essere un po’ più viva di ieri.
Così è la vita, come una regola inconfutabile del gioco.
L’acqua e tutto ciò che porta con sé di vitale, simbolico, vivo, luminoso e oscuro.
Questo è esattamente quello che ho trovato su questo piccolo pezzo di roccia adagiato sul mare.
Un’ode alla vita in tutto ciò che ha di infinito
Una sinfonia vivente degna del più grande creatore
Un’ulteriore possibilità per provare pura gioia
Sentire l’amore di una natura che mi accompagna sui sentieri della sua bellezza.
Dove la noia non esiste perché la sua luce, che si riflette in noi, non è mai la stessa.
La semplice felicità di comprendere nel profondo del mio essere che sono parte di questa infinita generosità, di questo amore abbondante.
Il rischio di annegare è diventato un’ulteriore possibilità per connettersi alla vita,
sentendo quanto lei sia me e io sia lei.
Sonia Roblesse – 25/05/2021 – Ponza