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Il capitalismo in salsa ischitana: dalla golden age al default

di Giuseppe Mazzella di Rurillo

 

Il capitalismo in salsa ischitana: dalla golden age al default
Quale è stata l’età dell’oro per l’isola d’Ischia? Bella domanda dalla difficile risposta perché non abbiamo mai avuto un Osservatorio Economico sullo Sviluppo per una visione completa e continua dello straordinario sviluppo economico, determinato soprattutto, ma non esclusivamente, dalla scoperta dell’isola e dall’innamoramento del Cavaliere del Lavoro Angelo Rizzoli (1888-1970) agli inizi degli anni ‘50 del ‘900. Ne ho avvertito la necessità fin dall’inizio della mia attività giornalistica nel 1970, e quando divenni presidente del Centro Studi sull’Isola d’Ischia alla fine del 1999 feci approvare dall’assemblea dei soci una delibera di istituzione di un  Osservatorio Economico perché senza conoscere non si può  deliberare, come ammoniva Einaudi, e bisogna conoscere continuamente.

Non è sufficiente, nella complessità di un sistema economico moderno, il lavoro di ricerca di una sola persona. Occorre la multi-disciplinarità e l’impegno di molti. Ergo: l’idea non ha avuto attuazione. Ci abbiamo provato con Franco Borgogna nel 2009 costituendo l’OSIS, ma per fare un CENSIS o una SVIMEZ locali ci vogliono studiosi professionalizzati e soldi, col sostegno della imprenditoria e delle istituzioni pubbliche. E non ci sono stati in maniera organizzata né i primi né i secondi perché i secondi, i soldi, sono legati ai primi, gli studiosi remunerati.

Comunque se è facile individuare l’inizio dello sviluppo è difficile stabilire quando ci fu la massima espansione. Probabilmente è databile dal 1970 al 1990, un ventennio. Risale agli inizi degli anni ‘70  uno studio sulle alternative dello sviluppo turistico nella regione a cura del Comitato Regionale della Programmazione Economica della Campania, ente costituito in preparazione dell’istituzione della Regione Campania, presieduto da Vittorio Cascetta, dove quello dell’isola d’Ischia viene definito turismo maturo.

La maturità economica si manifestava infatti con molti indici: il numero e la qualità dei parchi termali, delle attività commerciali, dei trasporti che potevano contare addirittura sul collegamento aereo a mezzo degli elicotteri dell’ELIVIE del gruppo ALITALIA oltre che sugli aliscafi con le ali della SNAV capaci di raggiungere Napoli in 20 minuti, e traghetti capaci di trasportare qualsiasi automezzo. Le grandi arterie viarie erano state  completate con la sopraelevata di Ischia Porto e quella di Lacco Ameno. Casamicciola con la copertura del ruscello de La lava collegava la Marina a Piazza dei Bagni. Gli alberghi, le terme, i negozi di Rizzoli cambiavano padrone, ma non chiudevano, così l’Hotel delle Terme della catena Jolly era aperto tutto l’anno.

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Il ventennio 1970-1990 fu anche del cemento selvaggio e del grande sacco di Ischia con la costruzione di almeno 50 mila vani abusivi. I grandi tour operator tedeschi – Ischia Reisen, TUI, Neckerman – assicuravano 8 mesi di stagione piena da marzo ad ottobre.
Il Banco di Napoli – la più importante e più antica banca del Sud dal 1539 – aveva 8 filiali nell’isola ed impiegava circa 50 addetti. Nell’isola complessivamente  gli sportelli bancari di diversi istituti erano 21. Si registrava la piena occupazione degli addetti al turismo, al commercio ed all’edilizia. Il sindacato CGIL-CISL-UIL, pur se timido, c’era. Nell’isola c’erano quattro Istituti superiori e c’è il boom del corso per geometri. Si affermava, inoltre, la grande distribuzione alimentare.
Anche politicamente l’isola raggiungeva il top con la presenza nelle istituzioni continentali di due consiglieri ed assessori regionali, quattro consiglieri provinciali e tre assessori di cui due presidenti della Provincia di Napoli.

Tutte imprese familiari
L’imprenditoria – turismo ed indotto – è però essenzialmente familiare con ditte individuali o società di capitale. Le grandi catene alberghiere sono presenti solo con il Jolly e lo Sheraton. Il  capitalismo in salsa ischitana è fondato sulla famiglia piccola o grande ma non nasce un capitalismo diffuso con le public company, cioè società con molti azionisti ma dirette da un manager. L’ischitano medio è un buon risparmiatore, ma  non investe nell’isola. Il risparmio è alla Posta e nei titoli di Stato.

Gli anni della rivoluzione: internet e l’euro
Nel decennio 1990-2000 c’è una sostanziale stabilizzazione, ma cominciano i segnali della decrescita. Gli effetti della rivoluzione informatica e telematica  si fanno sentire. Dal 2002 con l’entrata dell’euro c’è un grande contraccolpo per la scomparsa del marco che determina una progressiva perdita del mercato tedesco.

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Comincia una spietata concorrenza dei prezzi di soggiorno. La piccola impresa va in crisi. Non è più competitiva. Appare sempre più inadeguata l’organizzazione dell’isola in sei Comuni che determina squilibri sociali ed economici con un nord ed un sud.

Il default/ Calise, caso simbolico
Lo sviluppo squilibrato, disordinato, individualista e familiare senza pianificazione territoriale e senza programmazione economica, entra in  crisi intorno al 2010 sia per la congiuntura nazionale ed internazionale sia per le successioni familiari di aziende significative dove il padre-padrone non ha eredi o eredi non interessati al prosieguo dell’attività. L’azienda o chiude o cambia proprietario.

Il bar Calise è il caso-simbolo ed emblematico di una impresa familiare nata nel 1925, 96 anni fa, cresciuta per l’impegno della seconda generazione dal fondatore e soprattutto per le intuizioni di Emiddio Calise fino ad avere tre sedi, due attività collegate ed occupare fino a dieci anni fa 130 persone. La più grande impresa della ristorazione di Ischia. La più famosa.

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Non è il solo caso. Altri spiacevoli addii anche nei Comuni di Ischia, Casamicciola, Lacco Ameno e Serrara-Fontana.

Sono casi che impongono una svolta per un nuovo capitalismo con capitale diffuso, con capitale  pubblico, con la partecipazione al rischio di impresa delle banche e con manager moderni e con una direzione pubblica da parte dei Comuni o meglio dell’Unico Comune del sistema con una programmazione strategica, ovvero concertata con una matura imprenditoria privata e pubblica.

Un grande imprenditore, Giovanni Arvedi, ha ricordato i 145 anni del Corriere della Sera ed i giorni della ristrutturazione aziendale alla quale partecipò ed ha rimarcato l’applicazione del concetto di imprenditorialità a tutti i livelli. Quindi chiarezza nel piano industriale, chiarezza nelle linee politiche e sindacali, progressivo ricambio manageriale, riordino delle procedure operative e amministrative per conoscere, organizzare, pianificare, costruire, rilanciare e controllare ogni fase.

Sono sani concetti di una sana imprenditoria che passa da una fase artigianale a quella industriale con capitale diffuso. Il nostro  nuovo capitalismo si deve aprire al  marketing territoriale cioè deve accogliere sani imprenditori che vengono dal Continente ma con questi principi. Deve attuare una finanza di territorio ed una finanza di progetto per le politiche infrastrutturali.

E’ un percorso obbligato in tempo di crisi generali. In Versilia nel 2020 ci sono state settemila domande di moratorie di mutui per un miliardo e mezzo di euro. Anche da noi il sistema bancario è fondamentale. In Versilia il 20% delle imprese è a rischio chiusura. Sono necessarie politiche pubbliche di sostegno.

L’età dell’oro per Ischia è finita. Ma l’età dell’argento è alla nostra portata.