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L’abusivo

di Sandro Russo

 .

Questo è un racconto di fantasia. Come si usa dire, “ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”.
S. R.

 

Era uno che odiava gli sprechi; di più, prediligeva il riciclo e il riuso. L’abusivo della second life… Di una seconda possibilità per le cose come per i pensieri.

C’era un’espressione, sulla sua isola: – Iamme a fa’ ’a spesa ’ncopp’ ‘a ’mmunnezza – E ’ncopp’ ’a ’mmunnezz era un luogo geografico, da un lato della via Panoramica, il posto dove si accumulavano i rifiuti di tutta l’isola.

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Si tornava da lì con vecchi mobili, cassettiere sgangherate e tavolini smangiati dai tarli (c’era stato un periodo di insano innamoramento per la fòrmica, a scapito del legno che si buttava via). Ma vi si trovavano anche ringhiere e cancellate rose dalla ruggine, infissi d’epoca, pezzi di marmo già piani da cucina, soglie e mensole; per non dire di vecchie radio e pezzi di ricambio per computer. Una delle accortezza era andarci prima che piovesse, ma c’era chi ci passava tutti i giorni, giusto per tenersi aggiornati sulle novità del mercato.

Non che fosse un’attività “abusiva” in senso stretto, ma insomma… Nell’isola, e in genere, non era ritenuta molto dignitosa.
Poi i francesi avevano sdoganato l’usanza con i marché aux puces: da ultima risorsa della povera gente, a pratica snob. Un po’ come quella di andare a “spulciare” tra i panni vecchi di certi mercati dei dintorni, da cui si tornava con felpe da sballo, cappotti all’ultima moda e lenzuola firmate. “Firmate” poi… non nel senso di Armani o di famosi stilisti, ma con le iniziali della giovane sposa che aveva portato il corredo in dote: sette lenzuola matrimoniali; quindici strofinacci da cucina… liste così!
I mercatini dell’usato sono dei posti dove la mente si perde, nella vertigine delle storie possibili.

Di tutto questo gli era rimasta l’abitudine a allungare sempre un occhio tra i cassonetti. Naturalmente ci sono differenze tra i cassonetti dei quartieri poveri e di quelli ricchi. Ben lo sanno gli abusivi veri, professionisti della sopravvivenza da riciclo – che ci rovistano dentro, muniti di un bastone con apposito gancetto.
Se non avesse temuto di essere indiscreto, lui si sarebbe messo a guardarli, per carpirne la tecnica, acquisire il colpo d’occhio. E comunque è incredibile quel che la gente butta via. Ed è aperto l’interrogativo se sono più strani quelli che buttano o quelli che raccolgono.

A proposito di “piccolo abusivismo” si possono menzionare i cassonetti di via Brescia, rione Salario (Q. IV), media borgesia mediamente dissipatrice. Lì erano state abbandonate 5 – 6 tavole di vero legno (non truciolato) 80 x 50 circa, di spessore utile per ripiani. Di lì sono state nottetempo rimosse – abusivamente o meno è cavillo leguleio -– purché fosse in orario consentito dal coprifuoco (entro le 22).

Il giorno dopo le tavole sono state passate alla seconda fase di lavorazione dall’aiutante-complice-coabitante rumeno dalle mani d’oro: Costèl (Costantino). Fa sempre storie, per le cose raccolte tra i cassonetti, ma piano piano l’idea del riciclo abusivo lo sta contagiando…

Lui sì che è stato abusivo per davvero: giunto in Italia alla ventura, disponibile a fare qualsiasi lavoro; per tanti anni senza permesso di soggiorno. Ma ora tutt’a’ppost’. Vive con la moglie in un piccolo appartamento ritagliato nel grande casale.
Bella fortuna averlo a fianco: gran lavoratore, attento e curioso; “artigiano” nel senso antico… costruisce, ripara e inventa di tutto. Solo la lingua non l’ha mai imparata bene, dopo quasi trent’anni che sta in Italia; mentre la moglie la padroneggia perfettamente.
Anche una bella amicizia sul campo, da adulti, lavorando insieme giorno dopo giorno.

Così le tavolette di legno sono state passate a Costèl che dopo la solita (transitoria) fase di incredulità e ironia, le ha strasformate in doghette per un “sentiero dei passi perduti” nel giardino davanti casa. Contornano un laghetto abusivo, fatto con un gommone che da anni ha finito i suoi gloriosi giorni per mare e, completamente aperto, da allora serve come base di uno stagno per le piante acquatiche.

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Il risultato ha lasciato ammirato Costèl, che però si riserva sempre il diritto di critica, e ha dovuto dire la sua: Non dura! Un anno e marciscono tutte.

Fatto sta che dopo anni di esperienza con le idee balzane dell’amico, ora comincia a prenderlo sul serio. Come quando lui gli ha portato a casa una casciulella chiusa, inchiodata su tutti i lati, trovata sempre tra i cassonetti.
Racconta che aveva attirato il suo sguardo, benchè confusa tra altre cianfrusaglie; l’aveva vista mentre andava a prendere il giornale; al ritorno – c’era ancora – s’era fermato e l’aveva caricata al volo.
Non troppo grande, la metà di un trolley per aerei, neanche troppo pesante, 2-3 chili, sporca di polvere. Strano, che fosse inchiodata; ma non colava sangue… almeno quello!

Aveva rimandato un esame più approfondito al tempo di tornare a casa, cinque minuti… Intanto congetturava tra sé e sé… la grandezza giusta per contenere un vecchio manoscritto, un capolavoro perduto… o chissà quale altro tesoro…

Costèeel, corri… porta tenaglie e martello
Costel la guarda sospettoso. Ha voluto sapere dove, come e perché. Poi la squadra, la soppesa, la scuote… Subito esclude il tesoro. Chi l’ha lasciata certo l’ha aperta e giudicata di nessun interesse. Non c’era da farsi troppe aspettative. Piuttosto… perché l’ha inchiodata di nuovo? Per dispetto? Per uno scherzo?
– Insomma… L’apriamo o non l’apriamo? – dice lui, fremente di curiosità.
Presto fatto: un “piede di porco” per fare leva… Ed ecco svelato il mistero.

Una frantumaglia di cocci – dai colori e dai disegni dei frammenti pezzi di un vaso cinese (o giapponese?). Nessuno può dire se integro fosse di qualche valore o solo paccottiglia… circondati da una paglietta di plastica, di quella trasparente delle cassette da regalo natalizie (…perciò non faceva rumore a scuoterlo!).
Sui frammenti più grandi testoline di donne acconciate alla foggia giapponese, uccelli, farfalle, la testa coronata di un pavone, fiori di peonie… tutto l’immaginario del Giappone sognato, tra i cassonetti dell’immondizia.

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A modo suo un tesoro, ma Costèl è deluso! Ineludibile la sua lezione di comportamento – deve fare sempre “la morale” – su come comportarsi per strada. Primo: non guardare intorno ai cassonetti dell’immondizia. Secondo: pensare a guidare. Terzo: non portare a casa oggetti sconosciuti!
– Ma sì, sì… che palle!

E veniamo all’ultimo movimento: “Atti finalizzati a contrastare l’abusivismo”.
I cassonetti casalinghi sono stati messi nell’angolo del campo di kiwi più vicino al casale; tutti ordinati per genere di rifiuti che contengono. Al solito il più frequentato – perché non contiene rifiuti da sottoporre a riciclo – è quello che raccoglie plastica e metallo.

L’altro giorno, buttandoci dentro una cosa qualunque, il suo occhio è stato attratto da un oggetto lucente di metallo. Ne tira fuori un bell’arnese da cucina con manico inox. Una paletta da frittura giusto un po’ rovinata dall’uso nella parte di plastica.

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Presa! Strofinata e ripulita in acqua bollente e messa da parte. Ma un dubbio rimane.
Appena vede Costèl gli chiede se per sbaglio non hanno buttato loro, nell’immondizia, una palettina da frittura.
– No sbaglio. Buttata! È rovinata! – dice
– Ma è ancora buona!
– Ma no è possibile! – dice ancora lui – l’hai presa tu?
– Eccerto!
– Tu con cassonetti della ’mmonnezza hai qualche problema. Prima o poi ti ci metto un lucchetto!