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La storia della Scuola dell’Istituto Nautico di Procida nelle pagine de “Il Rievocatore”

segnalato da Rita Bosso
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Ringrazio Raffaella Salvemini (storica, ricercatrice del CNR) per l’attenzione che ha dedicato alla mia ricerca e per il rilevante contributo che vi apporta con questo saggio. L’articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2021 de Il Rievocatore, una rivista ricca e molto curata; ringrazio il direttore Sergio Zazzera per aver concesso la condivisione dell’articolo con Ponzaracconta.
R. B.

Da Il Rievocatore – Anno LXVII n. 1 Gennaio-Marzo 2021

L’istruzione nautica a Procida prima dell’unità d’Italia
di Raffaella Salvemini *

La notizia che Procida sia la Capitale italiana della Cultura 2022 ha destato grande stupore. Procida ha vinto per la sua capacità di progettare un futuro ma anche grazie alla rilevanza del suo passato e del suo curriculum da cui emergono primati o rilevanti partecipazioni ai processi di sviluppo sociale, economico-marittimo nazionali e internazionali. Si tratta di percorsi decisamente straordinari in tema di navigazione, cantieristica e investimento nella formazione della gente di mare a cui io stessa, come altri studiosi, abbiamo dedicato vari studi (1).

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Singolare a mio parere è l’impegno dell’isola nel campo dell’istruzione nautica dove si possono individuare due precisi momenti che risalgono rispettivamente al 1788 e al 1833.
Partiamo dalla fine del Settecento quando il progetto d’istruzione pubblica dopo la cacciata dei Gesuiti nel 1767 interessò il Mezzogiorno. Da allora lo Stato borbonico, supportati da molti illuministi, cominciò a interessarsi all’istruzione della “gente alta e bassa”.
Nascono così le scuole professionali nautiche a Napoli al San Giuseppe a Chiaia (1767), a Meta e Carotto (1770) in penisola sorrentina (2) e nel 1788 a Procida.

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Per l’isola su iniziativa del sindaco Salvatore Schiano, dei decurioni e dei massimi esponenti della marineria procidana, legati a quel Monte dei Marinai nato nel 1617, fu votata una delibera per aprire una scuola secondo il “Metodo Normale” che al suo interno avesse anche una classe di nautica (3). La proposta inviata ai responsabili dei piani dell’istruzione pubblica nel Regno di Napoli già conteneva un piano economico e un singolare modello di governance: per il mantenimento della scuola fu stabilito un fondo di 300 ducati di competenza per metà dell’Università e per l’altra metà dalla “Bussola delle tartane”. Destinatari del progetto, sicuramente «utile a quella popolazione commerciante», erano i figli dei marinai e dei poveri cui si garantivano libri, carta ed ogni altra cosa necessaria all’istruzione.
Il progetto fu redatto il 17 aprile 1788 dai padri Alessandro Gentile e Ludovico Vuoli, cui andava il merito di aver introdotto il “metodo normale” d’insegnamento nel Regno di Napoli.
Per Procida si prevedeva la creazione di tre classi delle “Scuole Normali” con una cattedra di Nautica, cui si sarebbero aggiunte una classe di “Belle Lettere” ed una di “Lingua latina” (4).
La scelta e il pagamento del maestro di nautica dovevano essere di pertinenza della Bussola e della Chiesa di Santa Maria della Pietà e del Monte dei Marinai.
Per il ruolo di direttore della scuola fu fatto il nome di un supporter d’eccezione, il sacerdote Marcello Eusebio Scotti autore nel 1788 del Catechismo Nautico. Purtroppo a causa dei conflitti con il clero locale l’allora segretario di Guerra e Marina l’ammiraglio Acton, da cui dipendeva la Delegazione delle Scuole Normali e Nautiche, non affidò l’incarico di direttore al sacerdote che rimase per diversi anni vacante.
Ritenuto colpevole di aver partecipato alla Repubblica Partenopea, Marcello Scotti morì per mano del boia in Piazza del Mercato a Napoli in quel triste mattino del 4 gennaio del 1805 .

Con l’arrivo dei francesi nel Regno (1806) ci fu la riforma dell’istruzione pubblica e a Procida furono aperte le scuole maschili e femminili, con tre maestre, di «leggere, scrivere e far di conto» oltre la classe di nautica (6).
Con la Restaurazione si apre un momento buio per l’insegnamento nautico che dopo la morte nel 1815 del maestro Domenico Parascandolo fu soppresso. In generale l’istruzione pubblica, e ancora più quella tecnico-professionale, non era tra le priorità dello Stato e quindi i Comuni facevano fatica a trovare dei fondi per la scuola. Ciononostante non mancarono le iniziative. La decisione di chiudere la scuola fu contestata da capitani e padroni di bastimenti di Procida che lamentavano l’assenza di equipaggi preparati e competitivi. Dopo l’approvazione (1818) dei regolamenti per Meta di Sorrento, nel 1822 i padroni di bastimento dell’isola sostennero nuovamente la necessità di aprire una scuola nautica.
Il Comune, nonostante le difficoltà finanziarie, fu chiamato a fare la sua offerta per la scuola. Ma dove trovare i fondi? L’ipotesi fu quella di trarre profitto dal fitto dell’isola di Bivaro (Vivara) che nel 1818 era diventata di proprietà del comune. La proposta fu ricusata. Le condizioni dell’isola erano disastrose e non si poteva ipotizzare alcuna rendita da una terra che era stata per troppo tempo abbandonata. Ma il progetto della scuola non fu abbandonato e così nel 1830, salito al trono Francesco I di Borbone, furono nuovamente i proprietari di alcuni bastimenti, con la precisione 78, a sottoscrivere un appello in cui s’impegnavano a finanziare la scuola versando in proporzione al tonnellaggio 425 ducati annui. Dal finanziamento erano escluse le piccole barche da trasporto e traffico e coloro che avevano perso il bastimento. Finalmente il Consiglio provinciale di Napoli nel 1832 accettò la proposta e nella primavera del 1833 nacque la scuola nautica comunale di Procida (7).
Nel 1836 il giurista Pasquale Liberatore nel ricordare le scuole nautiche di Sorrento, Trapani e Procida affermava:

«Era ormai chiaro che per il progresso nel campo della navigazione era legato alla formazione e all’istruzione della gente di mare: Vane riuscirebbero tutte le sollecitudini del governo in avvalorare il traffico marittimo se mancassero le nostre filuche di marinai capaci di ben maneggiarle. Soccorrono a questo bisogno le natiche scuole» (8).

La storia dell’istruzione nautica a Procida tra Settecento e Ottocento, come pure in Sicilia, ha evidenziato l’affermarsi di un progetto di formazione frutto di una sinergia pubblico-privato. La gente di mare (armatori, capitani e padroni di bastimento) sollecitò l’intervento dei comuni, impegnandosi anche a finanziare la scuola. Nel valutare il successo della marineria procidana non si può dunque prescindere da tali pagine che impongono peraltro nuove riflessioni sulla portata di quel divario sulla storia dell’istruzione tecnico-professionale tra Nord e Sud (9).

* Raffaella Salvemini – Primo ricercatore ISMed-CNR Napoli.

File .pdf dell’articolo: Pagine da Il Rievocatore-2021. Procida. 34-36. [4]

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Bibliografia
(1) – G. Di Taranto, Procida nei secoli XVII-XIX: economia e popolazione, Gèneve 1985; S. Zazzera, Procida marinara, Napoli 1997.
(2) – M. Sirago, Le città e il mare. Economia politica, politica portuale, identità culturale dei centri costieri del mezzogiorno moderno, Napoli 2004.
(3) – Una copia della delibera è conservata nell’Archivio Comunale di Procida. Uno stralcio è presente nel video del Museo Civico di Procida nel Palazzo della Cultura.
(4) – R. Salvemini, Introduzione a M. E. Scotti, Catechismo nautico, Napoli, 2001.
(5) – ivi.
(6) – P. Avallone – R. Salvemini, Gente di mare. Capitale umano e finanziario a Procida nell’Ottocento, in S. Capasso – G. Corona – W. Palmieri (a cura di-), Il Mediterraneo come risorsa. Prospettive dall’Italia, Bologna 2020, p. 483 ss.
(7) – ivi.
(8) – P. Liberatore, Della amministrazione pubblica considerata ne’ suoi principii e nella loro applicazione per servire di prolegomeni alle istituzioni della legislazione amministrativa pel regno delle Due Sicilie, Napoli 1836, p. 22.
(9) – R. Salvemini, Le scuole nautiche nell’Italia pre-unitaria. In Sguardi mediterranei tra Italia e Levante (XVII-XIX secolo), in Commerce, Politics and Ideas (XVII-XIX Centuries), a c. di M. Mafrici & C. Vassallo, Malta 2012, p. 37 ss.