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Liberazione, il libro più recente di Emilio Iodice

Intervista di Rita Bosso a Emilio Iodice
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Liberazione, il libro più recente di Emilio Iodice, offre tanti spunti di riflessione.

Scorrono, nelle ottocento pagine del romanzo, la storia degli Stati Uniti e dell’Italia tra le due guerre, e tante vicende individuali e familiari. I lettori ponzesi ritrovano i temi cari ad Emilio, esposti nelle pubblicazioni che hanno preceduto Liberazione e in tanti interventi pubblici: il forte senso della famiglia, la fede, il legame con l’isola in cui i genitori sono nati, la fiducia nel sistema politico degli Stati Uniti. L’opera è già stata recensita da Silverio Lamonica, che ha anche curato la traduzione dall’inglese all’italiano; nell’attesa che sia presentata al pubblico con i mezzi e le modalità che questi nostri tempi impongono, faccio quattro chiacchiere con l’Autore.

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Rita: Nel romanzo è centrale il tema del rapporto tra fratelli: forte, virile, costruttivo. Tu, Emilio, hai fratelli?

Emilio: Certo! Non conosci Ralph, il mio fratello maggiore? Viene ogni anno a Ponza, è un personaggio, è ben più conosciuto di me! E’ un tipico ragazzo delle nostre parti, ben radicato nella roccia ponzese, profondamente intriso dei valori americani.

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Come Tom e Joe, i due fratelli che hanno un ruolo centrale in Liberazione: combattono al fianco degli Alleati e a Ponza ritrovano il nonno Tommaso. Lottano per la libertà. Li ho conosciuti, lavoravano per mio padre durante la Grande Depressione negli anni trenta.
Come dice mio cugino Salvatore Sandolo di Le Forna, io ho ricevuto scheletri di storie e, da narratore, ho dovuto lavorare per dar loro consistenza.

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Rita: Ci sono nel romanzo due figure di sacerdoti quasi antitetiche. Il reverendo Jefferson evoca Obama: bello, nero, pronuncia parole che restano nel cuore di chi legge.
Poi spunta lo sceriffo che protegge i fanatici del Ku Klux Klan e un’altra immagine affiora alla memoria: quella del poliziotto che aggredisce Floyd. Quale delle due immagini meglio rappresenta l’America reale?

Emilio: Ti rispondo con le parole di mio padre.  Molti dei clienti del suo negozio erano afroamericani, acquistavano per lo più cocomeri. Mio padre mi spiegava che erano esattamente come noi, avevano le stesse aspirazioni: lavorare, mandare i figli a scuola, progredire. Jefferson incarna i valori americani: l’eguaglianza, il lavoro, la fede.
Io ho incontrato il razzismo, i seguaci del Ku Klux Klan in Georgia, in South Carolina: esistono, è innegabile, ma sono presenti in ogni comunità e in ogni paese nel mondo Ovunque è presente una componente minoritaria che vuole la schiavitù, la paura, la sottomissione dell’altro.

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Rita:  Poi c’è don Lorenzo, il prete di Castellonorato nato a Ponza: brutto, balbuziente. Di fronte al pericolo viene preso dalla tremarella però, alla fine, riesce a trovare la soluzione vincente.

Emilio: Non era bello, infatti, il nostro don Gennaro Sandolo, a cui la figura di don Lorenzo rimanda; l’eroismo è fatto anche di tremarelle, di paure, di fragilità. Don Gennaro mi raccontò degli anni trascorsi a Castellonorato ma fu in qualche punto evasivo. Sentiva, anche dopo tanti anni dalla fine della guerra, l’esigenza di non compromettere altre persone. Devi tener presente che negli archivi americani vi sono tuttora sezioni secretate che riguardano partigiani e fascisti. Il timore di ritorsioni è forte. So da fonti attendibili che don Gennaro si prodigò per mettere al sicuro degli ebrei.

[7]L’isola dall’alto. (Credito Pazzi per Ponza)

Rita: Scrivi che Ponza è l’alfa e l’omega della narrazione. Per fare in modo che Ponza sia il set della narrazione, fai scelte che sono pienamente giustificate sul piano narrativo ma appaiono un po’ forzate dal punto di vista storico; concordi?

Emilio: No, non c’è alcuna forzatura. Come dicevo poc’anzi, non tutto quello che è avvenuto durante e dopo la Seconda Guerra è avvenuto alla luce del sole. Il fascismo non era stato completamente debellato, era ancora in atto l’esperienza della Repubblica di Salò. Ponza ha una posizione strategica, all’epoca dello sbarco ad Anzio permetteva di dominare a vista il teatro delle operazioni belliche. Sull’isola si è perciò registrata la presenza dei Tedeschi e degli Alleati.

Il libro è un romanzo basato su storie vere e fatti storici, ma non è un libro di storia. Il mio libro precedente, Il Comandante in Capo, è un libro di fatti storici, per esempio.

Mi sono affidato a tre testimoni. Mia cognata, Gina Sandolo, mi ha raccontato più volte di aver visto i soldati tedeschi sbarcare nel porto di Ponza. Ho scritto un capitolo del libro sul terrore che Gina ha provato quando ha visto e sentito i tedeschi in marcia per le strade di Ponza e la paura che ha provato al suono dei loro stivali.

La seconda fonte è  costituita da Joe e Tom che mi hanno raccontato la loro storia e la liberazione di Ponza e la terza è stata mia zia Filomena Sandolo, moglie di Franco Feola, uno dei fondatori della centrale elettrica di Ponza.

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Rita: La comunità ponzese che tu descrivi è fatta in gran parte da persone umili ma ognuno ha una profonda consapevolezza storica che gli consente di schierarsi senza tentennamenti. Oggi disponiamo di molte informazioni ma abbiamo pari consapevolezza?

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Emilio
: All’epoca l’informazione era ridottissima, la propaganda era molto forte, da tutte le parti; c’era però un profondo senso etico. Oggi siamo immersi nelle fake news ma disponiamo degli strumenti per identificarle come tali. Ieri come oggi, vale la massima di Churchill:
La verità è così preziosa che deve essere protetta da centurioni di bugie.”

Rita: Descrivi con precisione le operazioni belliche, le linee, le manovre; citi, naturalmente, l’affondamento del piroscafo Santa Lucia, in cui muore un tuo familiare (il padre di Salvatore Sandolo “il meccanico”). Qual è la tua opinione in proposito?

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Emilio:  L’affondamento del Santa Lucia porta nelle case di Ponza la lunghezza e la profondità della guerra. Uomini e donne dell’isola stanno combattendo per l’Italia ma ora la guerra ha raggiunto le coste di Ponza in un modo che nessuno si sarebbe aspettato. La mia famiglia ha sofferto immensamente per la perdita di zio Benedetto. Non è mai stato dimenticato perché immaginavamo che milioni di altri soffrissero durante la seconda guerra mondiale per la perdita dei propri cari.

Ringrazio Emilio per la consueta disponibilità; ci salutiamo con la speranza che la presentazione pubblica di Liberazione possa coinvolgere gli studenti di Ponza.