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Una foto racconta… (25). Zia Matilde e tante storie

di Silverio Lamonica

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Cortile della casa in grotta di zia Matilde a Frontone, con ampia e stupenda vista panoramica, inizi anni ’50 del secolo scorso
(cliccare sull’immagine per ingrandire)

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La padrona di casa, Matilde Conte in Mazzella (sorella di mia madre, Amalia) è al centro della foto: capelli bianchi, volto un po’ corrucciato; diversamente dal solito direi, perché zia Matilde era una persona allegra, socievole, ospitale; tanto è vero che l’aia della sua casa era un luogo di incontro obbligato e piacevole per parenti, amici, conoscenti e non solo nel corso delle scampagnate in quella ridente località dell’isola. Lei e mia madre sapevano suonare molto bene il mandolino (di cui un esemplare è tuttora conservato nel suggestivo museo etnografico di suo nipote Gerardo Mazzella) e assieme a mio fratello Tommaso, alla chitarra, intrattenevano piacevolmente gli “escursionisti” dell’epoca, specie a Pasquetta… quanto diverse da quelle di oggi!

Zia Matilde nacque a Lagosta ed era più anziana di mia madre, anche lei nata in quell’isola nel 1897, perché i loro genitori, Camillo e Francesca Scotti vivevano lì. Nonno Camillo aveva una barca da traffico e, oltre al trasporto di persone e merci, esercitava anche l’attività della pesca. Poi, agli inizi del ‘900, la famiglia fece ritorno a Ponza. Entrambe le sorelle erano note come “I dramazzese” (le dalmate). Così le definivano le loro coetanee ponzesi, con una punta d’invidia, perché sapevano suonare e cantare ed erano molto ammirate dai ragazzi di allora. Un appellativo che ritengo assai affascinante.

Essendo più grandicella di mia madre, zia Matilde non dimenticò il croato, appreso con le frequentazioni di altri bambini di Lagosta e alla scuola del luogo. La conoscenza di quella lingua le procurò qualche “ammonimento” da parte della polizia fascista, perché sorpresa a dare spiegazioni e indicazioni ai confinati slavi, nella loro lingua: eravamo nel triste periodo della seconda guerra mondiale.

Procedendo da sinistra a destra, guardando la foto, notiamo un signore in pantaloncini: Umberto Vitti, capitano di corvetta; mia cognata Maria Mazzella, figlia di zia Matilde; appena dietro di lei, in penombra, suo fratello Umberto (allora militare in Marina e attendente del capitano cui s’è fatto cenno. All’epoca ogni ufficiale delle tre armi avevano un attendente; in seguito tale figura è stata abolita). La moglie dell’ ufficiale di Marina; dietro zia Matilde, mio fratello Tommaso con gli occhiali e zio Antonio Mazzella, padrone di casa; l’altra figlia Annunziata, trasferitasi poi a Savona col marito, dietro di lei la cognata Annunziata Romano, moglie di Beniamino (assente nella foto) nonni di Benny, il simpaticissimo attore nostrano); con la maglietta bianca, Salvatore, papà di Gerardo del Museo etnografico e di Pierluigi, impiegato comunale e, accovacciata davanti a lui, la moglie Maria Conte, figlia di zio Agostino che abitava nel fortino borbonico di Frontone. Accanto a Maria, con gli occhiali scuri, l’altra figlia di zia Matilde, Elisa, mamma di Maddy Del Ponte che, assieme a Benny, allieta col suo bel canto le serate estive isolane, specie in occasione di festività religiose e le feste private.
Le quattro bimbe in prima fila sono, da sinistra: Amalia, Angelina e Anna Lamonica (ultima a destra) figlie di mio fratello Peppino e di Maria Mazzella (in foto) emigrate in Corsica verso la metà degli anni ’50. Tra loro la cuginetta Matilde Mazzella, con la manina sulla tempia, figlia di Beniamino Mazzella (assente nella foto) e Anna Romano, poi sposata ad un fornese residente in Canada e quindi emigrata a Toronto dove vive.

Zia Matilde e zio Antonio lasciarono la casa di Frontone tra il 1959 e il ‘60, per seguire il loro figlio Umberto che, sposatosi con una elbana, Maria (la quale scattò molto probabilmente la foto), si stabilì a Marina di Campo, ove prese ad esercitare l’attività della pesca.
Zia Matilde morì all’Elba il 13 maggio 1962 e il marito, zio Antonio, il 18 settembre 1972 nella medesima isola.

La casa in grotta fu venduta negli anni ’80 e trasformata.

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Nota della Redazione:
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