Ambiente e Natura

C’erano una volta le Mille Miglia

di Nazzareno Tomassini

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Volentieri pubblichiamo questo articolo di Nazzareno Tomassini, in condivisione con il Bollettino degli italiani in Francia, edito a Bourges, dove lui vive. Quel che forse Nazzareno non sa è che Piero Taruffi, nominato nell’articolo, è una vecchia conoscenza dei ponzesi, avendo casa sul Porto e essendo i suoi figli Prisca e Paolo, cresciuti sotto i nostri occhi. Prisca Taruffi é diventata a sua volta corridore automobilistico, giornalista e scrittrice. Ne ha scritto sul sito Luisa Guarino, nell’agosto 2018, per il trentesimo anniversario della morte del campione, e nell’articolo è nominata appunto la vittoria alla Mille Miglia del 1957 (leggi qui).
La Redazione

La Mille Miglia. Una corsa per la vita. Di Claudio Alberto Andreoli. Leonida Edizioni; 2011

Sto parlando di una corsa automobilistica italiana passata alla storia, inventata per caso nel 1927 a Brescia, la città lombarda ad est di Milano. Si racconta infatti che furono due nobili bresciani a immaginarla, in risposta alla mancata assegnazione alla città lombarda del Gran Premio Italia. Ed ebbe subito successo, tanto che durò trent’anni, fino al 1957, fatta salva l’interruzione di sei anni – dal 1941 al 1946 – dovuta alla II Guerra Mondiale.

La novità era che si trattava di una corsa automobilistica che si svolgeva su strade normali e non su un circuito. E il percorso era comunque eccezionale: andava infatti da Brescia a Roma costeggiando la Valle Padana fino a raggiungere il versante adriatico; scendeva poi fino a Fano per attraversare gli Appennini seguendo la strada statale Flaminia e arrivava a Roma nord giusto all’inizio della strada statale Cassia, che consentiva così di  risalire a Brescia passando per Firenze e Bologna. Il percorso del 1927 era lungo esattamente 1.618 km, pari appunto a 1.005 miglia, da cui il nome.

La caratteristica di maggiore effetto era che a questa corsa potevano partecipare tutti, anche se non erano piloti professionisti; e con tutti i tipi di vetture, dalle piccole utilitarie Fiat alle roboanti Alfa Romeo da corsa. Obbligatorio era soltanto il dover essere in due, per consentire la guida alternata e momenti di riposo. Ovviamente la partenza era scaglionata: a mezzanotte, ora d’inizio della competizione, prendevano il via le auto più piccole e meno potenti, mentre le auto da corsa vere e proprie potevano partire anche due o tre ore dopo. Le prime auto erano in genere guidate da coppie di amici, amanti dei motori ma non necessariamente piloti professionisti; le auto da corsa erano invece guidate da un pilota professionista conosciuto, aiutato da un copilota.

Quando il sole cominciava a sorgere e ci si avvicinava alla capitale, avvenivano i primi sorpassi da parte delle auto più potenti partite per ultime. La corsa si svolgeva a partire dall’ultimo sabato del mese di aprile e questo significava che l’arrivo a Roma avveniva la domenica mattina. Le auto provenienti dalla Flaminia arrivavano in discesa davanti a Ponte Milvio, allora il primo e più vecchio ponte sul Tevere, ma non lo attraversavano, perché giravano subito a destra e risalivano per la Cassia in direzione di Firenze.

Per me era comunque questo il momento ed il punto più adatto per andare a vedere il passaggio delle auto.
Negli anni ’50 non ne ho perso uno, anche perché non abitavo molto lontano; mio padre metteva la sveglia alle 6 della mattina, prendevamo il primo bus che andava a Ponte Milvio e prima delle 7 eravamo lì, sul bordo della strada, a guardare da vicino le auto di tutti i tipi, emozionati se proprio davanti a noi una grossa Alfa Romeo approfittava del rallentamento e superava in un colpo solo anche due o tre piccole Fiat. 

Il vincitore della prima corsa, quella del 1927, a cui parteciparono settantasette concorrenti tutti italiani, compì il percorso in 21 ore e 5 minuti, andando alla media di 78 km/h! Ma eravamo appena agli inizi. E’ negli anni trenta che la corsa comincia infatti ad assumere una dimensione importante e a richiamare lungo le strade migliaia e migliaia di spettatori. E i nomi dei vincitori cominciano a passare anche loro alla storia, in particolare il mantovano Tazio Nuvolari (vincitore nel 1930 e nel 1933), Achille Varzi (vincitore nel 1934) e Clemente Biondetti (vincitore nel 1938), tutti su auto Alfa Romeo.

Purtroppo nella corsa del 1938 si verificò un incidente che causò la morte di diversi spettatori e l’anno successivo la manifestazione sportiva fu annullata. Poi appena il tempo di ripartire nel 1940 che la II Guerra Mondiale impedì ovviamente ogni ulteriore proseguimento.

La Mille Miglia riprese nel 1947 e fu ancora Biondetti a vincere con la sua Alfa Romeo. Ma già nel ’48 entrò in campo la Ferrari e l’Alfa Romeo dovette cedere il passo. Gli assi di allora erano Villoresi e Ascari; quest’ultimo si permise di vincere nel 1954 anche con una Lancia. Anche nel 1955 l’Alfa dovette cedere la vittoria e per di più ad uno straniero: Stirling Moss, venuto a correre con una Mercedes.
L’ultimo anno, il 1957, si chiuse comunque con una vittoria italiana, quella del romano Piero Taruffi, noto per essere riuscito a raggiungere il record dei 100 km/h lungo la cosiddetta “fettuccia di Terracina”, una strada a sud di Roma senza curve per cinquanta km e che lui percorse infatti in mezz’ora.

Le Mille Miglia avrebbero potuto continuare ancora, se anche nel 1957, ancora una volta si verificò un’incidente molto grave: un’auto uscì di strada e morirono nove spettatori e anche i due piloti. Il problema era che le auto cominciavano ormai ad essere troppo potenti e veloci per correre lungo strade realizzate quando ancora si faceva fatica a superare i 50 km/h.

Oggi in realtà le Mille Miglia esistono ancora, ma la corsa viene chiamata La Mille Miglia Storica, perché è una sorta di viaggio non competitivo per mostrare vetture da collezione, vale a dire tutti i modelli delle auto che hanno partecipato nel tempo alla manifestazione sportiva e che sono ancora in grado di funzionare.

Il percorso può variare: quest’anno sembra che vogliano scendere per Urbino e attraversare gli Appennini passando per Perugia, ma resta pur sempre un lungo ed attraente percorso. Ovviamente non c’è più la competizione di un tempo e dunque non c’è più pericolo per gli spettatori.
Il vero problema quest’anno sarà piuttosto la presenza del Covid e sarà difficile ritrovare l’entusiasmo di una volta.

Prisca Taruffi. Piero Taruffi. La volpe argentata, Legenda Ed.; 2006

 

Note
La prima immagine dell’articolo mostra la copertina del libro: Mille Miglia Portraits. Di Leonardo Acerbi e Neil Davenport; Nada Ed. 2017 (NdR)

“Il Bollettino” a cui si fa riferimento si chiama Le quattro stagioni (perché esce quattro volte l’anno) ed è la pubblicazione di riferimento dell’Associazione Francia-Italia dello Cher (regione francese che comprende anche Bourges) (NdA).

 

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