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Il Mamozio, oggi

di Francesco De Luca

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Ora che il Mamozio (a livello del mare sotto il Municipio, in Ponza) presenta la sua natura funzionale di parcheggio e scalo d’alaggio, libero da ogni impalcatura strutturale aggiunta, appare difficile capire come sia possibile tollerare quel vomito di musica pop a  volume irritante, e lasciare che torme di ragazzi infastidiscano per  l’intera notte con schiamazzi inurbani.

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Perché occorre tenere fermo per qualsiasi giudizio che si è nel centro storico e l’urbanità è la condizione essenziale per qualificarlo.

Ho assistito il 28 agosto a quanto succedeva in Corso Pisacane nelle ore notturne, e non ho potuto fare altro che allontanarmi disgustato. Da un locale la voce arrembante del  DJ invitava a uniformarsi alle note delle canzoni sparate a tutto volume. Senza rispetto per chi nel Corso superiore passeggiava o era seduto ai bar o per chi consumava la cena. Per non parlare di chi ha casa che s’affaccia sul porto (deve risultare un inferno!).
Il cuore dell’isola soggiogato da un suono di animale legato alla catena. Guaiti, abbai, grugniti, grida scomposte.

Quale ragione può ingenerare tale sconcio? Non riesco a trovarne nel ragionare accorto. Occorre scomodare altre ragioni: tutte di infima natura.

La piazzetta: Ponza non ha una piazzetta ma un viale. Dove si coniuga sia il soffermarsi piacevole sia il passeggiare. Lì poggiano i sostegni sui quali si è costruita la comunità isolana: il Municipio, il Porto, la Chiesa. Nella visione architettonica fu una genialità di Winspeare al quale fu demandato dai Borbone nella metà del ‘700 il compito di rendere possibile la vita in un’isola deserta.

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Tutto annullato dalla voce sguaiata del DJ: “ battete le mani al ritmo… su… uno… due… tre… quattro…”  e tutto l’emiciclo del porto borbonico è squassato dal fragore,  e il chiuso irrita per il chiasso, e la notte maledice per non poter fuggire.

Oggi il Mamozio è sgombro eppure… nella sua solitudine si fa apprezzare. E’ nato come luogo funzionale alla vita dei Ponzesi non come luogo da cui allontanarsi in fretta per non perderci di dignità.