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Le cale raccontano (3). Omnia mea mecum portodi Francesco De Luca . Aveva sempre patito il contrasto interno che gli procurava la vita a Ponza in confronto con quella di Napoli, da studente. Chiusa nei contorni della quotidianità pettegola quella di Ponza, mentre a Napoli respirava aria ricca di rapporti sociali, di sollecitazioni culturali, di studio. Gli interessi erano quelli che la scuola gli suggeriva. D’altronde lui a Napoli era stato mandato dalla famiglia per studiare. Anzi meglio, per prendere il diploma. Quel comando lo aveva interiorizzato appieno. Nessuna distrazione che non fosse all’interno della connessione: casa e scuola. Con la casa meno influente della scuola, dove i rapporti con lo studio e con gli amici erano più coinvolgenti, attraenti, vari. Ponza gli riempiva il cuore, Napoli gli inondava la mente. Pur non essendo integrato nel tessuto sociale, Gino, il nostro studente, avvertiva che la comunità era attraversata da tensioni. La sua formazione, nonostante cattolica e, di conseguenza, democristiana, lo vedeva schierato dalla parte di chi chiedeva di veder valorizzati i diritti di rappresentanza. E dunque non allineato con la famiglia. La quale confidava nella sua qualificazione sociale per trovare posto nella classe notabile del paese. Più interessata che impegnata. La madre di Gino si ammalò. Febbre e tosse. A causa di una primavera ballerina. Prima restìa a lasciare le temperature invernali e poi, tutt’ad un tratto, sbracata nel tepore. La mamma subì l’altalenìo del clima. Il papà era amico del medico. Col quale aveva duellato politicamente, ma tanti anni prima. Oramai tutti e due erano seduti nel grosso pancione della DC dominante. Lo chiamò. Il medico inondò con la sua mole la casa. Visitò la donna. Al termine chiese ed ottenne di lavarsi le mani. Frettoloso come al solito. Gino gli porse l’asciugamano. “Ah… – gli si rivolse il medico – tu stai qua. Ho saputo che ti sei diplomato”. Accanto c’era il padre che appariva gratificato per l’attenzione data al figlio. Il medico, pure Sindaco, da ben quindici anni e pertanto era diventato il dominus dell’isola. Averlo come amico era una garanzia, e il padre desiderava per il figlio, all’ingresso della vita professionale, una protezione (democristiana), quale che sia. Il medico, la citazione la fece perché sapeva che il giovane poteva coglierne il messaggio. Non solo, sottolineò in quel modo la sua vicinanza culturale, e la sua benevolenza. Traguardi di democrazia vennero raggiunti dalla comunità ponzese. L’isola perse la semplicità del felice borgo marinaro e Gino perse la verginità della visione del mondo appresa dai libri. Dovette ri-coniugare il suo bagaglio di conoscenze nelle traversie delle vicende politiche, economiche, sociali. Tante altre volte. Spostando l’orizzonte della libertà sempre oltre, e insieme quello della comprensione Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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