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Non offro né paga, né quartiere, né provvigioni; offro solo fame, sete, marce forzate, battaglie e morte.
Chi ama questo paese non con le labbra soltanto ma col cuore, mi segua.
Giuseppe Garibaldi
Una vita avventurosa, coraggio, una straordinaria presenza fisica, uno stile esuberante e una voce risonante sono caratteristiche, come è stato riconosciuto da tempo, che hanno contribuito alla popolarità di Garibaldi.
Roland Sarti
Giuseppe Garibaldi (gentile concessione di Monumento a Garibaldi, Roma, Italia)
Il coraggio dell’”Eroe dei due mondi”. Rinunciò al potere per un principio
di Emilio Iodice
Era una delle figure più popolari e controverse della sua epoca. Monumenti e memoriali in suo onore sarebbero stati costruiti in tutto il mondo. Un leader rivoluzionario, carismatico e intrepido. Un combattente per l’indipendenza e la libertà, fu in grado di guidare la lotta per l’unificazione dell’Italia e creare le basi per la democrazia.
Sebbene perse più battaglie di quelle che vinse, non si arrese mai. Alla fine uscì vincitore e, all’apice della sua grandezza, rifiutò il potere per il bene del potere stesso e si ritirò lasciando un’eredità di gloria, integrità e coraggio come pochi altri nella storia.
Nacque il 4 di luglio. Era il 1807, Napoleone Bonaparte regnava in Francia. Giuseppe nacque sotto il suo regno nella città di Nizza.
Giuseppe era attratto dal mare visto che la sua famiglia era impegnata nel commercio marittimo. A venticinque anni, divenne Capitano della Marina Mercantile. Iniziò la sua vita di avventura, viaggio, esplorazione e attivismo politico. La prima scintilla si accese nel 1833 durante un suo viaggio in Russia dove si unì a un’associazione che si dedicava all’unificazione dell’Italia che, al tempo, consisteva in una serie di città stato dominate da potenze straniere e dal papato.
Lo stesso anno, Garibaldi si recò in Svizzera dove incontrò un uomo che avrebbe cambiato la sua vita, Giuseppe Mazzini. Era un giornalista e politico di Genova. Capeggiava il movimento per l’indipendenza e l’unificazione dell’Italia. Garibaldi promise di aiutarlo.
Un anno dopo, Garibaldi iniziò a combattere. Si unì a Mazzini in un’insurrezione in Piemonte, nel nord dell’Italia; fallì. Fuggì in Francia poiché il tribunale di Genova lo aveva condannato a morte in contumacia.
Monumento equestre ad Anita Garibaldi, Roma, Italia
Garibaldi si imbarcò per il Brasile, che all’epoca era sotto il regno di un imperatore molto giovane e governato da reggenti. Garibaldi si recò nel profondo sud del paese e aderì alla causa dell’indipendenza del Rio Grande do Sul. Lì è dove incontrò Ana Ribeiro da Sil, che sarebbe diventata famosa come la leggendaria Anita. Era l’amore della sua vita e diventò sua moglie, ma anche una sua compagna d’armi. Lottò al fianco di Garibaldi.
Nel 1841 si trasferirono in Uruguay ed ebbero quattro figli. Fu Anita a insegnare a Garibaldi l’arte dell’equitazione Sudamericana ed è in Uruguay che lui adottò i suoi segni distintivi di una camicia rossa, un cappello come quelli indossati dai mandriani e un poncho.
Nel 1842, lui e Anita aderirono alla causa dell’indipendenza dell’Uruguay. Assunse il comando della Legione Italiana e creò il suo gruppo di Camicie Rosse. Dopo quattro anni, vinse una piccola battaglia e la sua fama si espanse in tutta Europa. La Campagna uruguaiana gli diede conoscenze nel campo della guerriglia.
“Le prime imprese per la causa della libertà lo modellarono come un ribelle professionista, un individualista indomito che per tutta la sua vita continuò a indossare gli abiti di un gaucho della pampa e ad agire come se la vita fosse una perpetua battaglia per la libertà”.
Garibaldi e Anita combattono a Roma [illustrazione per la Storia d’Italia di Paolo Giudici (Nerbini, 1929-32)]
Nel 1848, Garibaldi si imbarcò per l’Italia portando con sé alcuni membri della sua Legione Italiana. Era pronto a combattere per il Risorgimento, la rinascita dell’Italia, nella sua guerra di indipendenza dall’Austria. Offrì i suoi servigi, ma Garibaldi non era il benvenuto né presso il Papa né presso il Re del Piemonte, Carlo Alberto.
Lo vedevano come un rivoluzionario indisciplinato. L’esercito regolare lo vedeva come un guerrigliero autodidatta. Giuseppe non si fece scoraggiare. Andò a Milano e lottò per liberare la città dagli austriaci da dove, trovandosi in svantaggio numerico, Garibaldi fuggì in Svizzera e poi a Nizza.
Garibaldi trasporta Anita (Pietro Bouvier, gentile concessione del Museo Civico di Brescia)
Tornò in Italia nel 1849. Guidò un gruppo di volontari nella liberazione della città di Roma dal papato, ma intervennero i francesi. Garibaldi e i suoi uomini si batterono con valore per resistere, ma non c’era confronto con l’esercito permanente francese. La sua battaglia sul Gianicolo a Roma diventò leggenda. Rifiutò di arrendersi. Congedò i suoi uomini e fuggì. Anita lottò con lui nella difesa della Città Eterna. Era incinta e malata e morì tra le braccia di suo marito il 4 agosto 1849.
Giuseppe ne ebbe il cuore spezzato. Fu esiliato. Si recò negli Stati Uniti, poi in Perù e tornò in Italia nel 1854. Lottò per il rilascio dei prigionieri politici del Re Borbone di Napoli, ma fallì.
Cinque anni dopo organizzò un esercito di volontari e ancora una volta attaccò gli austriaci nel nord dell’Italia. Liberò Varese e Como. La Lombardia passò sotto il regno del Re del Piemonte.
Giuseppe Garibaldi divenne un generale nell’esercito che lottava l’unificazione del suo paese, divenne un eroe del popolo. Ora, doveva affrontare la più grande sfida della sua vita: la liberazione dell’Italia centrale e meridionale.
“Salpando da Genova il 6 maggio con circa 1.000 uomini, raggiunse Marsala in Sicilia l’11 maggio e nel nome di Vittorio Emanuele si proclamò dittatore. Una rivolta popolare in Sicilia lo aiutò considerevolmente. Il suo fascino era irresistibile e molti dei contadini lo videro come un dio, intento a liberarli dalla schiavitù e dal feudalesimo. Il momento decisivo per le sue forze fu una piccola battaglia a Calatafimi, dove dimostrò in modo convincente di poter sconfiggere i soldati dell’esercito regolare del Re di Napoli. Si creò immediatamente un movimento popolare in suo sostegno, e alla fine di maggio conquistò Palermo”.
Dopo la sua vittoria, Garibaldi decise di liberare il resto dell’Italia con una guerra lampo che terminò con la consegna dell’Italia meridionale al Re Vittorio Emanuele come sovrano di una nazione unita. Nel 1861 nacque il nuovo Regno d’Italia.
Garibaldi era temuto dalla famiglia reale e dall’esercito regolare per la sua indipendenza e per il suo alto senso di integrità. Si lamentava per come i volontari venivano trattati alla fine della guerra e contestò le politiche del Governo.
Questo non gli portò il favore della classe dirigente, ma era infinitamente popolare tra la gente. Era una personalità globale e una celebrità internazionale.
Il presidente Lincoln gli offrì una posizione di comando nell’Esercito dell’Unione. Garibaldi era accolto come un eroe ovunque si recasse nel mondo. L’Italia, comunque, non era completamente unificata, e così Vittorio Emanuele gli chiese di combattere gli austriaci e poi di liberare lo Stato Pontificio .
Garibaldi e il Re d’Italia gestirono alcune delle ingiustizie presenti in Italia prima dell’unificazione. Una delle problematiche era la difficile situazione degli ebrei. Questi avevano lottato nell’Esercito del Piemonte e si erano anche uniti a Garibaldi, come spiega il Dott. Andrew J. Schoenfeld, Dottore in Medicina della Northeastern Ohio Universities College of Medicine nella sua analisi Jews in the Army of the Kingdom of Italy (1848-1923): Mentre l’esercito di Vittorio Emanuele sgominava le forze dell’Imperatore Austriaco e volgeva la sua attenzione al sud, Giuseppe Garibaldi e i suoi mitici Mille da soli sconfissero l’esercito di Napoli. C’erano undici ebrei che prestavano servizio nei ranghi dei Garibaldini, tra cui Enrico Guastalla che si distinse a Volturno e divenne infine uno degli aiutanti più fidati di Garibaldi. A cinque ufficiali ebrei venne conferito l’Ordine al Merito di Savoia e l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro per il loro servizio nella Campagna di Napoli.
Ghetto ebraico a Roma, 1880 circa, di Ettore Roesler Franz (per gentile concessione del Museo di Roma in Trastevere)
Il 20 settembre 1870, lo Stato Pontificio cessò di esistere. Con la vittoria di Garibaldi arrivò anche la fine del Ghetto ebraico a Roma; agli ebrei erano ora garantiti pieni diritti e cittadinanza nel nuovo Regno d’Italia.
Con l’Italia ora unificata, Garibaldi iniziò a pianificare il suo futuro e quello del suo paese appena creato. Aveva sacrificato tutto quello che aveva nella sua lotta per la liberazione degli italiani e dei sudamericani dall’oppressione. Decenni di guerra avevano richiesto un enorme dazio. Anche così, sentiva di dover combattere fino alla fine.
Incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II sul ponte di Teano il 26 ottobre 1860 (di Pietro Aldi, Palazzo Pubblico di Siena)
Garibaldi soffriva fisicamente e moralmente. Durante i suoi ultimi anni sulla scena politica e militare, aveva a che fare con intrighi al governo, burocrazia, incompetenza militare e cattiva gestione. Anche così, rimase concentrato e guidò i suoi uomini su un campo di battaglia dopo l’altro. Alla fine degli anni ‘70 del 1800, la sua crociata di libertà terminò.
Finì i suoi sforzi come la figura più popolare in Italia. Avrebbe potuto avere potere e ricchezza. Invece, sentiva di dover dare l’esempio. Aveva lottato e lasciato l’eredità di una leadership coraggiosa e resiliente. Si ritirò nella sua fattoria per vivere i suoi ultimi giorni. Fino alla fine, continuò a fare campagna per quello in cui credeva.
Nei suoi ultimi anni sosteneva il suffragio universale, la parità e i diritti umani, prima di soccombere infine per le sue ferite e altri malanni derivanti da una vita di battaglie.
L’“Eroe dei Due Mondi” morì il 2 giugno 1882. Aveva quasi 75 anni.
Garibaldi, di Luigi Micheloni (gentile concessione del Museo Storico Nazionale, Casa di Giuseppe Garibaldi, Montevideo, Uruguay)
Conclusioni: Lo storico Denis Mack Smith (1) ha espresso il suo giudizio su Giuseppe Garibaldi :
Uno dei grandi maestri della guerriglia, a Garibaldi va il merito della maggior parte delle vittorie militari del Risorgimento. Di quasi uguale importanza fu il suo contributo come propagandista all’unificazione dell’Italia. Un uomo del popolo, sapeva molto meglio di Cavour o Mazzini come raggiungere le masse con un nuovo messaggio di patriottismo. Inoltre, l’uso delle sue doti militari e politiche per servire cause liberali o nazionaliste coincidevano bene con le esigenze del momento, e gli portarono grandi lodi. Inoltre, ottenne sostegno comportandosi come un uomo davvero onesto che chiedeva poco per se stesso.
Garibaldi rappresenta, sotto molteplici aspetti, Man of La Mancha, la storia di Don Chisciotte che lottava appassionatamente per una causa a prescindere dall’esito.
Le parole della canzone To Dream the Impossible Dream [dal Musical del 1964 (2)], sono forse il miglior ritratto dello spirito di Garibaldi come un romantico, un idealista, un combattente e un amante:
Sognare il sogno impossibile
Combattere il nemico imbattibile
Sopportare il dolore insopportabile
Correre dove il coraggioso non osa andare
Correggere i torti irreparabili
Amare in modo casto e puro da lontano
Tentare quando le braccia sono troppo stanche
Di raggiungere la stella irraggiungibile
Questa è la mia missione seguire quella stella
Non importa quanto sia priva di speranza, non importa quanto sia distante
Combattere per ciò che è giusto senza domande o pause
Essere disposti a marciare all’Inferno per una causa divina
E so che se resterò fedele a questa gloriosa missione
Il mio cuore riposerà calmo e tranquillo quando sarò l’ora del riposo
E il mondo sarà migliore per questo
Quell’unico uomo, disprezzato e pieno di cicatrici
Ha continuato a battersi con il suo ultimo grammo di coraggio
Per raggiungere la stella irraggiungibile
Questa è la mia missione seguire quella stella
Non importa quanto sia priva di speranza, non importa quanto sia distante
Combattere per ciò che è giusto senza domande o pause
Essere disposti a marciare all’Inferno per una causa divina
E so che se resterò fedele a questa gloriosa missione
Il mio cuore riposerà calmo e tranquillo quando sarà l’ora del riposo
E il mondo sarà migliore per questo
Quell’unico uomo, disprezzato e pieno di cicatrici
Ha continuato a battersi con il suo ultimo grammo di coraggio
Per raggiungere la stella irraggiungibile
(1) – Denis Mack Smith (Londra, 1920 – Londra, 2017) è stato uno storico e biografo britannico, specializzato nella storia italiana dal Risorgimento. Tra i suoi libri: Cavour e Garibaldi nel 1860 (Cavour and Garibaldi, 1860: A Study in Political Conflict – 1954); Garibaldi. Una grande vita in breve (Garibaldi: A Great Life in Brief – 1956); Storia d’Italia 1861/1958 (Italy: A Modern History – 1959)
(2) – The Impossible Dream (The Quest) è un brano musicale composto da Mitch Leigh con testi di Joe Darion per il musical “Man of La Mancha”, divenuto negli anni uno tra i più celebri standard di Broadway.
Il ritratto di Garibaldi in Il coraggio dell’”Eroe dei due mondi” è ripreso dal libro di Emilio Iodice: “Quando il Coraggio era l’essenza della Leadership” [prima edizione del 2016; seconda edizione del 2018 (leggi qui)].
Letture consigliate
- Marraro, Howard R. “Lincoln’s Offer of a Command to Garibaldi: Further Light on a Disputed Point of History” – Journal of the Illinois State Historical Society 36#3 (1943): 237-270.
- Riall, Lucy. The Italian Risorgimento: State, Society, and National Unification (Routledge, 1994) online.
- Riall, Lucy. Garibaldi: Invention of a hero (Yale UP, 2008).
- Riall, Lucy. “Hero, saint or revolutionary? Nineteenth-century politics and the cult of Garibaldi” – Modern Italy 3.02 (1998): 191-204.
- Riall, Lucy. “Travel, migration, exile: Garibaldi’s global fame” – Modern Italy 19.1 (2014): 41-52.
- Ridley, Jasper. Garibaldi (1974), a standard biography.
- Mack Smith, Denis (1969). Garibaldi (Great Lives Observed). Englewood Cliffs, N.J.: Prentice Hall.
- Trevelyan, George Macaulay (1911). Garibaldi and the making of Italy.
- M. Trevelyan, Garibaldi’s Defence of the Roman Republic and Garibaldi and the Thousand.
- Hughes-Hallett, Lucy (2004). Heroes: A History of Hero Worship. New York: Alfred A. Knopf. ISBN 1-4000-4399-9.
- Werner, A. (1971). Autobiography of Giuseppe Garibaldi Vol. I, II, III. New York: Howard Fertig.
- Garibaldi, Giuseppe; Dumas, Alexandre (1861). Garibaldi: an autobiography. Routledge
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Appendice del 27 febbraio 2021 (cfr. Commento di Fabio Lambertucci)
Focus Storia n° 173 pag. 5 – Cliccare per ingrandire
Focus Storia n° 173
Focus Storia n° 171
Fabio Lambertucci
26 Febbraio 2021 at 11:29
Ringrazio Emilio Iodice per l’ottimo articolo su Giuseppe Garibaldi.
Ho iniziato a conoscere da subito l’Eroe dei Due Mondi perché ho frequentato le elementari nella scuola romana a lui intitolata in via Mondovì, nel quartiere Appio-Latino: ogni giorno ammiravo nell’atrio della scuola il suo busto.
Volevo segnalare che Garibaldi fu un precursore della protezione degli animali: ricordo un fatto curioso che avvenne in Uruguay durante la battaglia di San Antonio del Salto l’8 febbraio 1846. Garibaldi combatteva con la sua Legione italiana per la Repubblica uruguaiana contro le truppe argentine del dittatore generale Juan Manuel de Rosas. Ebbene, durante le scariche di fucileria, dalle linee argentine sbucò un cane che raggiunse quelle della Legione italiana. Ferito da una fucilata, al cane venne purtroppo amputata una zampa.
Dopo la battaglia vittoriosa Garibaldi decide di adottarlo e lo battezzò Guerello (o Guerrillo, in spagnolo) e lo affidò all’afro-uruguaiano Andrés Aguyar, suo fedele amico detto il “moro di Garibaldi”. Guerello divenne così celebre come il cane a tre zampe che seguiva sempre Garibaldi sotto il suo cavallo (è raffigurato in molte stampe popolari).
Nell’aprile 1848, Guerello navigò verso l’Italia con gli altri 63 legionari sul brigantino “Speranza” e fu con l’Eroe durante la Campagna di Lombardia nella Prima guerra d’Indipendenza e nelle battaglie in difesa della Repubblica Romana del 1849. Aguyar morì proprio lì colpito dal fuoco francese e del cane Guerello non si seppe più nulla. Nessun monumento lo ricorda.
Saluti da Fabio Lambertucci (Santa Marinella).
Fabio Lambertucci
27 Febbraio 2021 at 06:50
Mi fa piacere trovare citato, nel bell’articolo di Emilio Iodice, un particolare della vita di Garibaldi che è stato oggetto di una mia segnalazione pubblicata su “Focus Storia” n° 173 Marzo 2021, p. 5 (nelle edicole dal 23 febbraio )
La Guerra civile americana e il Risorgimento.
Riguardo l’articolo sulla Guerra di Secessione o Guerra civile americana (1861-1865) “L’America divisa” di Gastone Breccia (Focus Storia n° 171), vorrei ricordare cha la Storia nordamericana avrebbe potuto intrecciarsi, in piccola parte, con quella del nostro Risorgimento.
L’esercito nordista avrebbe potuto infatti essere comandato, fin dalle prime fasi della guerra, da Giuseppe Garibaldi. L’imprevista sconfitta di Bull Run, in Virginia, il 21 luglio 1861, convinse il governo del presidente Lincoln della necessità di ingaggiare un generale di “grido”: chi meglio del liberatore degli oppressi in camicia rossa? L’anno prima si era conclusa con successo la spedizione dei Mille.
Tuttavia le lunghe e complesse trattative fallirono. Il Generale rifiutò l’offerta perché i nordisti lo volevano nominare solo generale d’armata mentre Garibaldi pretendeva il Comando Supremo di tutto l’esercito e soprattutto l’immediata Dichiarazione di Emancipazione degli schiavi. Atto solenne che avrebbe almeno ammantato lo scontro fratricida di un grande ideale etico.
Quando finalmente Lincoln la emanò, il 1° gennaio 1863, Garibaldi lo chiamò allora “il pilota della libertà” e gli scrisse così: – Erede degli insegnamenti di Cristo e John Brown voi passerete alla Storia con il nome di “Emancipatore”, molto più invidiabile di qualsiasi corona e di qualsiasi umano tesoro – e inoltre fece chiamare un suo nipotino Lincoln. Il presidente americano però non gli rispose mai e Garibaldi continuò a combattere per la sua Italia.
La notizia è tratta dalla biografia di Lincoln dello storico Herbert Mitgang: “The Fiery Trial: a life of Lincoln” del 1974 e l’articolo che ne parlava era “Perché Garibaldi non guidò l’esercito nordista”, nella rubrica “La lettura del mese” di “Storia Illustrata” del settembre 1977. Emilio Iodice cita una diversa voce bibliografica, ma la notizia è confermata (Cfr: Marraro, Howard R. “Lincoln’s Offer of a Command to Garibaldi: Further Light on a Disputed Point of History”).
Nell’articolo di base:
La segnalazione su Focus Storia a pag. 5, la copertina del n° 173, la copertina del n° 171.